Da Bologna e da tante piazze italiane, in questo Primo Maggio, il sindacato farà sentire la sua voce a sostegno di un'Europa nuova, in difesa dei diritti del lavoro e di un rafforzamento dello stato sociale. Abbiamo sempre creduto nel progetto dell'integrazione europea, ma occorre un cambio di rotta nelle politiche economiche, ponendo al centro la persona ed i suoi bisogni, gli investimenti sul lavoro dignitoso e sicuro, più infrastrutture, innovazione, ricerca. Ha ragione il nostro presidente della Repubblica Mattarella: il vento del sovranismo non può e non deve minacciare l'esistenza della Ue. Esiste una strada alternativa, un senso di solidarietà e di appartenenza comune che sta finalmente riaffacciandosi in molti Paesi europei, sotto la spinta di tanti giovani liberi che si oppongono alle ideologie xenofobe ed alle sirene del populismo. Un'Europa unita politicamente, capace di fare “sistema” è oggi l'unico vero sbocco per orientare in senso progressivo le grandi transizioni economiche in corso, per pacificare il contesto internazionale, per garantire dignità e tutele alle persone. I giorni che ci separano dalle elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo devono servire per una azione forte di promozione del “sogno” europeo, in modo da sollecitare l’apertura di una fase costituente, come abbiamo indicato con il “Manifesto” che sindacati e Confindustria hanno condiviso qualche settimana fa. Solo in un contesto comunitario possiamo affrontare e vincere le sfide globali, gestire i flussi migratori, governare con equilibrio anche le sfide tecnologiche e la robotizzazione, evitare il dumping salariale. E soprattutto avere un ruolo in un contesto mondiale sempre più condizionato dalle superpotenze asiatiche. Questa è la sfida che lanciamo nella giornata del Primo Maggio: ripartiamo dall'Europa sociale e del lavoro per fare ripartire il nostro Paese.
La politica economica del Governo Conte si è dimostrata finora inadeguata per rilanciare lo sviluppo ed affrontare il dramma della nostra disoccupazione giovanile, la più alta in Europa dopo la Grecia e la Spagna. Ecco perché la mobilitazione del sindacato continuerà, in tanti settori e categorie per portare in cima all’agenda del Governo il tema di una maggiore crescita, il rinnovo dei contratti pubblici, la rivalutazione delle pensioni, una politica industriale che punti sull'innovazione e la qualità, affrontando le tante, troppe, vertenze aperte, a cominciare dalla crisi di Alitalia. Bisogna sbloccare gli investimenti pubblici, iniziando dalle 400 opere infrastrutturali già cantierate e tuttora ferme. Le misure annunciate sul subappalto e sull’innalzamento della cifra per l’affidamento diretto creeranno solo condizioni di minor trasparenza e minor sicurezza in una Italia dove dall'inizio dell'anno sono morte duecento persone per gravi incidenti sul lavoro. Questo è un altro tema dimenticato dal Governo e dalla politica. Così come è essenziale discutere una seria riforma fiscale che renda più pesanti le buste paga dei lavoratori e dei pensionati su cui grava l'85% dell’erario pubblico. Basta con questa Italia spaccata in due: chi paga fino all'ultimo centesimo e chi non paga niente. Il livello di evasione fiscale e contributiva in Italia è il più alto in Europa. Non accetteremo mai un sistema fiscale che premi chi è già in condizioni di ricchezza. Occorre investire di più nelle nuove competenze, nella scuola e nell'università, con incentivi per favorire le assunzioni dei tanti giovani laureati costretti a fuggire dal Mezzogiorno. Dobbiamo coprire subito le carenze scandalose di organici nei servizi pubblici e nella sanità. Questa è la nostra agenda. C’è un clima nuovo di attesa e speranza nel Paese: lo abbiamo visto nella grande manifestazione del 9 febbraio, ma anche il 25 aprile in tante piazze italiane. Allargare la partecipazione ai corpi sociali è oggi l'antidoto per recuperare la fiducia dei cittadini nelle istituzioni ed anche nella politica. Una nazione complessa come l’Italia non si governa con i “selfie” o con la politica degli annunci. Bisogna favorire la coesione sociale, aprendo un confronto serio con il sindacato sulle cose da cambiare, in modo che ciascuno faccia la propria parte, responsabilmente.