Alcune novità dall’Europa nei primi sei mesi dell’anno. Prima novità: Austria, Olanda e Francia non hanno ceduto al vento populista e nazionalista. Seconda: la Commissione europea, dopo l’ennesima risoluzione del Parlamento europeo, ha deciso di aprire procedure d’infrazione nei confronti di quei Paesi che non accolgono le quote stabilite di migranti. Terza: la Commissione Juncker si fida del governo italiano e potrebbe accordare maggiore flessibilità così da dimezzare l’ammontare della manovra di fine anno. Quarta: i dati sull’occupazione nello spazio europeo sono buoni e molti Paesi hanno ripreso a crescere. Quinta: la Brexit vede una grande unità fra i paesi UE tanto che il governo di Londra, non trovando sponde, si è impallato. Sesta: alle parole durissime della Merkel sull’amministrazione Trump nessun governo europeo ha preso le distanze dalla Cancelliera. Settima: è stato abolito il roaming nella telefonia e il mercato europeo è più unito e i cittadini meno tartassati. Ottava novità: si è ripreso a parlare di difesa comune.
I primi sei mesi di quest’anno, insomma, non sono passati invano. E si registrano importanti discontinuità con il recente passato. Sarà l’effetto Brexit o l’effetto Trump, fatto sta che le istituzioni europee stanno andando molto meno in ordine sparso. I conti pubblici e l’immigrazione fanno ancora soffrire, ma le discussioni sono meno ideologiche e vengono affrontate per quello che sono: questioni che interessano tutti e da tutti devono essere superate.
Anche nel Parlamento europeo le convergenze fra i maggiori gruppi politici risentono positivamente di questo clima e si coglie una certa stanchezza rispetto ad un dibattito sempre sopra le righe, astioso e alla fine inconcludente. Nell’ultima plenaria una risoluzione del grillino Dario Tamburrano sull’efficienza energetica è stata votata a stragrande maggioranza, con l’apporto determinante di socialisti e popolari. In un altro momento non sarebbe andata così. Questo non vuol dire annullare differenze e punti di vista. Significa solo mettere le istituzioni nella condizione di agire e impegnare le forze politiche nella salvaguardia di alcuni interessi dei cittadini che tante volte sono passati in secondo piano. Anche il dibattito pubblico, se liberato dai rituali dello scontro ad ogni costo, può beneficiarne e consentire valutazioni più oggettive da parte dell’opinione pubblica. Certo, questo non è tutto, ma neppure poco in una Unione europea abituata per lungo tempo a farsi forza con ottuse politiche di rigore in mancanza di altro.