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Come guarire dall’indifferenza

mons-dercole-150x150Siamo quasi a metà del cammino quaresimale, incamminati con fede verso la Pasqua. Rinfrancate i vostri cuori: questo è l’invito, tratto dalla lettera dell’apostolo Giacomo, con cui papa Francesco ha aperto il messaggio per la Quaresima di quest’anno, tempo di rinnovamento per la Chiesa, per ogni comunità e i singoli fedeli. Un tempo di riflessione e preghiera, un “tempo di grazia”, che ci viene offerto per la nostra continua conversione. A ben vedere, Dio non ci chiede nulla che prima non ci abbia donato: “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo”. Lui non ci è indifferente. Ognuno di noi gli sta a cuore, ci conosce per nome, ci cura e ci cerca quando lo lasciamo. Ciascuno di noi gli interessa; il suo amore ci impedisce di essere indifferenti a quello che ci accade. Tuttavia a noi capita spesso che, se tutto va liscio, è facile che ci dimentichiamo di Lui e, di conseguenza, trascuriamo le relazioni con gli altri: c’interessano poco i problemi della gente, le loro sofferenze e le ingiustizie che subiscono.

L’egoismo e l’indifferenza rivestono oggi una dimensione mondiale, a tal punto che, come ama ripetere il Papa, assistiamo a una globalizzazione dell’indifferenza. Questa poca attenzione agli altri inizia accanto a noi, con chi ci vive accanto, in famiglia, nella scuola, in parrocchia, nella comunità.

L’indifferenza verso il prossimo e verso Dio è una reale tentazione per noi cristiani. Abbiamo perciò bisogno di riascoltare, durante il tempo quaresimale, il grido dei profeti che alzano la voce e ci svegliano, impedendoci di assuefarci alla mentalità del mondo, sempre più indifferente davanti al grido degli oppressi e dei poveri. Tutti abbiamo bisogno di un sussulto di fede e di amore per non chiuderci in noi stessi. La parola di Dio, particolarmente abbondante in questo periodo forte dell’anno liturgico, ci esorta a revisionare seriamente la vita di ciascuno di noi e delle nostre comunità attraverso la preghiera intensa, uno stile di penitenza umile e fecondo, e il digiuno che purifica il cuore rendendolo attento alle sollecitazioni della grazia divina.

La liturgia della Quaresima costituisce un costante richiamo a rompere quella mortale chiusura in se stessi. E ciò è possibile quando permettiamo a Dio di rivestirci della sua bontà e misericordia, di rivestirci di Cristo, per diventare come Lui, servi di Dio e degli uomini.

“Dov’è tuo fratello?”. La domanda che Dio pose a Caino dopo l’uccisione di Abele, risuona ancor oggi nella nostra coscienza. Ci sentiamo realmente compartecipi della sorte dei nostri concittadini, che per noi sono fratelli e sorelle? Come Chiesa, riusciamo a sperimentare di far parte di un solo corpo? Un corpo che insieme riceve e condivide quanto Dio vuole donare? Un corpo, che conosce e si prende cura dei suoi membri più deboli, poveri e piccoli? O ci rifugiamo in un amore universale che s’impegna lontano nel mondo, ma dimentica il Lazzaro seduto davanti alla propria porta chiusa?

Possa la Quaresima suscitare in tutti l’entusiasmo della carità, che ci spinga a varcare la soglia che ci pone in relazione con la società che ci circonda, con i poveri e i lontani. La Chiesa per sua natura è missionaria, non ripiegata su se stessa, ma mandata a tutti gli uomini. E questa missione – ricorda il Papa – è la paziente testimonianza di Colui che vuole portare al Padre tutta la realtà ed ogni uomo. La missione è ciò che l’amore non può tacere. La Chiesa segue Gesù Cristo sulla strada che la conduce ad ogni uomo, fino ai confini della terra. Così possiamo vedere nel nostro prossimo il fratello e la sorella per i quali Cristo è morto ed è risorto. Quanto abbiamo ricevuto, lo abbiamo ricevuto anche per loro. E parimenti, quanto questi fratelli possiedono è un dono per la Chiesa e per l’umanità intera.

 

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