La scuola, lo sappiamo, continua a manifestare una serie di criticità che il Covid ha solo contribuito a portare a galla. Il Presidente del Consiglio, sin dalle sue prime dichiarazioni, ha manifestato il progetto di tenere aperte le scuole durante l’estate, restituendo così agli studenti un’opportunità per consolidare le competenze, ricostruire la socialità andata persa, partecipare a laboratori, mediante appositi percorsi extrascolastici.
Trovo molto strano che la proposta del Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi di svolgere l’attività, anche durante i mesi estivi (luglio ed agosto) in audizione al Senato, abbia riscosso innumerevoli polemiche da parte del corpo docente.
L’obiettivo è chiaro e certamente non può che trovare il favore dei cittadini tutti, che intendono dare un futuro ai nostri bambini, bambine, studenti e studentesse. E come potrebbe avvenire se non creiamo oggi le premesse? Quindi il piano del Ministro risulta funzionale allo scopo, creare cioè “un ponte”, tra quest’anno scolastico ed il prossimo, per tutti i bambini ed i ragazzi affinché facoltativamente possano frequentare corsi e laboratori estivi, che hanno lo scopo di recuperare quella socialità persa negli ultimi due anni, a causa della attività didattiche a distanza.
Stop a tutti i pregiudizi: la prosecuzione dell’attività scolastica nei mesi della calura estiva, soprattutto nel Meridione d’Italia, l’idea di una scuola estiva, pensata replicando il modello tradizionale; immaginiamo forme ben diverse di spazio scuola, sicuramente più laboratoriale e dinamico.
L’esperienza del gioco, unitamente ad altre attività didattiche, sono tutte occasioni di crescita culturale e umana. Attività trasversali, quali educazione civica, percorsi per conoscere l’ambiente e tutelarlo potrebbero essere un validissimo aiuto per far uscire gli studenti dallo stato di apatia generale. Non solo, dunque, la conclusione delle programmazioni didattiche.
Tutto questo perché?
L’onda lunga proveniente dagli Stati Uniti ed il cambiamento sociale in atto, nell’arco di pochissimi anni, cancelleranno i vecchi modelli di lavoro e i modelli occupazionali. Ciò che le nostre giovani generazioni dovranno apprendere e saper immediatamente praticare sono le competenze. Proviamo ad immaginare una scuola aperta al territorio, intenta a guardare ad una crescita strutturale della società e propensa a sapersi mettere in gioco mediante il coinvolgimento di personale tecnico, educatori e professionisti, disposti a lavorare durante la fase estiva su basi progettuali ben definite, utilizzando laboratori interni ma anche spazi esterni come parchi, musei, sentieri di montagna, percorsi fluviali, spiagge. Il tutto ovviamente in linea con le disposizioni normative. Facile prevedere le ricadute positive.
L’opportunità di mettere in campo un sistema che possa far “recuperare” tempo ed entusiasmo agli studenti, impegnandoli nei mesi estivi, e prevedendo crediti formativi per quanti sceglieranno di investire su se stessi, grazie a tali percorsi, potrebbe essere un primo serio provvedimento per mettere all’angolo la povertà educativa e la deprivazione culturale.
Niente paura, quindi: le scuole aperte d’estate saranno una garanzia e un’occasione da non perdere per i nostri giovani, così bisognosi di intessere relazioni sane e costruttive. La scuola aperta può diventare, assieme a tante altre esperienze, un’occasione per ricostruire il futuro del Paese.