Lo Stato italiano deve recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa: è quanto hanno stabilito i giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea, annullando sia la decisione della Commissione del 2012 e sia la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito «l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative» nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. La Corte, infatti, conferma la legittimità dell’Imu, introdotta nel 2012, che prevede l’esenzione dell’imposta, quando le attività sono svolte in modalità non commerciale, quindi senza scopo di lucro. Adesso i giudici ritengono che tali circostanze, in parole povere, sono esclusivamente “difficoltà interne all'Italia”.
La Commissione europea dovrà recepire la sentenza e l'Italia si dovrà attivare con i Comuni per stabilire l'entità degli importi da recuperare e non è cosa facile, semplice e immediata. Nel caso questo non accadesse, la Commissione potrebbe far procedere al recupero con una procedura d'infrazione accelerata. Ma la Chiesa ha sempre pagato le tasse su tutte le attività commerciali. E nessuno, con un minimo di onestà intellettuale, può affermare il contrario. Era esentata, come tanti altri organismi ed enti laici, solo per le attività solidali ed educative. Queste polemiche e questi attacchi, alimentati soprattutto dai radicali, riguardavano situazioni “miste” (culto e commercio), su cui ora s’è fatta chiarezza. Infatti,il ricorso accolto dalla Corte di giustizia è stato promosso dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016 che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime dell'associazione nazionale italiana comuni, si aggira intorno ai 5 miliardi.
La Montessori, sostenuta appunto dai Radicali, nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione, ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò l’impossibilità di recuperare quanto dovuto. E' intervenuta anche la Cei, che ha confermato che chi svolge un’attività in forma commerciale, ad esempio, di tipo alberghiero, è tenuto, come tutti, a pagare i tributi, senza fare eccezioni o sconti, ci mancherebbe. Ma io credo fortemente che sia necessario distinguere la natura e le modalità con cui le attività siano condotte. Un’interpretazione quasi ideologica, che oltre che essere sbagliata, comprometterebbe tutta una serie di servizi, che vanno a favore dell’intera collettività. Ritengo sia una sentenza ingiusta che vada a penalizzare la Chiesa cattolica che svolge continuamente, in ogni angolo del paese con spirito di servizio e di missione, con una “sussidiarietà reale “, quei tanti servizi, e in maniera efficiente e produttiva, che dovrebbero essere garantiti dallo Stato stesso.
Quanto la Chiesa investe in servizi e in bene comune, offrendo “se stessa” e, garantendo servizi quasi inesistenti? Queste imposizioni graverebbero su tante opere del settore “no profit”, il cosiddetto terzo settore che offre occupazione a decine di migliaia di persone e famiglie e che con l'applicazione dell'Ici sarebbe obbligato, in molti casi casi, a dover chiudere. Pensiamo soprattutto alle scuole paritarie, alle tantissime associazioni senza scopo di lucro che offrono servizi. Abbiamo bisogno di chiarezza uguale per tutti, noi come Chiesa rispettiamo la Legge italiana e questo non è mai stato in discussione.