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Chi comanda davvero

Il repentino e clamoroso cambiamento dei rapporti di forza tra i partiti politici nelle ultime competizioni elettorali regionali, ha confermato l’idea che ho maturato ormai da diverso tempo, del sostanziale vuoto di potere che affligge l’Italia. Tanto più le formazioni politiche adottano filosofie (si fa per dire) incompatibili con l’economia, ma capaci di suggestionare cittadini esasperati dalle difficoltà, tanto grande sarà il successo, seguito da altrettanto rapido insuccesso. Appena gli elettori sono in grado di capire che le promesse fatte non hanno avuto esito positivo (e che al contrario generano guai ancora superiori a quelli preesistenti) modificano il loro orientamento nel voto. Se non si avessero peggioramenti ulteriori economici e democratici, potremmo dire che da diversi anni, ogni cambiamento politico avviene sempre con il solito risultato: zero. Da ‘tangentopoli’ in poi, d’altro canto, tutte le infrastrutture portanti della politica ed il sociale, sono state divelte, da una pressione sempre crescente dei poteri, che di solito descriviamo forti: il potere finanziario nostrano ed internazionale; potentati nazionali assortiti, da potenze estere interessate all'instabilità italiana ed europea. Questi ultimi, consapevoli dalla notte dei tempi che il nostro Paese è permeabile ad ogni intervento, fragile e volubile. Questa ‘armata’ invisibile, ha avuto facile gioco nel denigrare ed indebolire i partiti, già fiaccati dai  propri errori, per privarli di finanziamenti pubblici, di sistemi elettorali più consoni alla loro crescita organizzativa e democratica. Da più di vent’anni, sulla classe dirigente politica si è abbattuta una furia iconoclasta, che non ha precedente in nessun altro éaese democratico, alimentata da alcuni “giornaloni” e tv. Una bufera orientata a sradicare ogni frutto, che nel bene e nel male, proveniva da processi lunghi di partecipazione che sostenevano dinamiche complesse e preziose per crescere una classe dirigente. Cosicché, cambiati nel tempo i rapporti di forza tra i poteri politici e gli altri, l'instabilità ha prodotto un personale politico non in grado di sostenere le sfide ardue di questi tempi di cambiamento, e di conseguenza una economia precaria. Qualche sera fa mi sono soffermato ad ascoltare nei talk show ministri, capi di movimenti e partiti, di governo e di opposizione. L’ idea che ne ho tratto è che – per inesperienza, ignoranza o furbizia – tutti parlavano di povertà e di come provvedere di conseguenza e facevano altre proposte ancora, per venire incontro ora a questo ora a quello. Certamente il tema della povertà è cosa seria, ma in qualsiasi altro Paese industrializzato, oltre a specifiche soluzioni da prospettare per venire incontro ai malcapitati, si sarebbero accompagnate soluzioni e proposte economiche per agevolare una più equa redistribuzione della ricchezza. Ma invece, di economia non ne ho sentito parlare, se non per aggravarla con i no a qualsiasi progetto di sviluppo già programmato. Ho pensato fra me e me che, tutto sommato, il comportamento avuto confessa o la consapevolezza della loro impossibilità a farsi carico di siffatti fardelli, oppure che sono scelte che per loro riguardano altri; coloro che comandano davvero: potentati nazionali ed internazionali. Insomma, in un corto circuito che si ripete costantemente, il nostro futuro non potrà che peggiorare. A meno che…

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