Il cigno nero è ancora sulla scena mondiale, non sembra indietreggiare. Almeno fin quando non sarà vaccinata la maggior parte della popolazione. La Presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen assicura che l’Ue investirà ulteriori risorse per studiare le varianti del Coronavirus.
Anche in Italia l’emergenza sanitaria è alle prese con le mutazioni, di varie nazionalità inglese, brasiliana, sudafricana. Al momento è quella di derivazione britannica a spaventare. Ma gli esperti non sanno quanto possa essere davvero pericolosa. Sembra maggiormente contagiosa, ma non si capisce bene in che modo. Secondo uno studio avrebbe una letalità superiore dal 30% al 70%. Pare che la mutazione del virus colpisca in maniera aggressiva anche bambini e giovani. Le scuole aperte diventano un focolaio pericoloso di contagi.
Secondo il direttore dell’ospedale Spallanzani di Roma la pandemia va combattuta con azioni mirate, con l’isolamento di singole zone del territorio nazionale in cui viene individuato un cluster e il virus corre, più che altrove. La ricetta consigliata è quella di lockdown mirati e senza chiusure indiscriminate. Una soluzione di compromesso che contemperi il diritto alla salute senza penalizzare del tutto il lavoro e le attività produttive. Navigare a vista significa mettere in ginocchio gli operatori economici, già fortemente provati dalla crisi innescata dal Covid ormai un anno fa. Come la decisione in extremis di chiudere le piste da sci, poche ore prima della riapertura. Non è servito il protocollo rigidissimo realizzato per evitare assembramenti davanti agli impianti risalita. Il danno economico per il settore ammonta a centinaia di milioni di euro, con una forte ricaduta sui livelli occupazionali nel comparto turistico. L’incertezza delle regole genera sfiducia e disorientamento.
E’ necessario un cambio di passo, anche nel metodo. Dopo la stagione dei dpcm, della lunghissima catena di provvedimenti del presidente del Consiglio adottati per gestire l’infezione, occorre un ritorno alla culla dei processi decisionali. Bisogna parlamentarizzare le scelte sanitarie ed economiche imposte dall’emergenza pandemica. Il quadro emergenziale ha finora comportato una significativa restrizione delle prerogative delle Camere.
I dpcm messi a punto in questi mesi di crisi epidemiologica costituiscono una inusuale tecnica di produzione normativa. Ciò ha comportato una dequotazione sempre più evidente del ruolo delle Camere. Il Governo dotando il Premier e il ministro della salute di poteri monocratici ha di fatto determinato, insieme ai vari Comitati tecnico – scientifici appositamente istituiti, l’indirizzo politico dell’emergenza, adombrando le funzioni del Parlamento.
Si pone con urgenza un ripensamento del ruolo delle Camere. Il Parlamento svolge un compito insostituibile per la tenuta democratica della società, ancora di più in un momento in cui la crisi sanitaria impone scelte che interferiscono fortemente su diritti e libertà fondamentali. I decreti – legge, fonti di normazione straordinaria secondo le indicazioni dell’art.77 della Costituzione, vanno utilizzati dall’esecutivo proprio per fronteggiare le situazioni emergenziali. L’eccezionale fase andrebbe regolata attraverso la decretazione d’urgenza che è stata pensata dal Costituente come punto di equilibrio tra velocità della decisione e coinvolgimento delle Assemblee rappresentative. Anche lo stile comunicativo sobrio e asciutto, ridotto all’essenziale sembra segnare un cambio di passo. Il Parlamento organo della rappresentanza popolare, resta il luogo del confronto e della mediazione. Anche al tempo della politica che passa attraverso i social network.