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Caso Saman: quante giovani donne nella sua situazione?

Saman Abbas, una ragazza 18enne di origini pakistane, scomparsa in provincia di Reggio Emilia, dopo aver rifiutato un matrimonio combinato. Il suo cadavere non è ancora stato trovato, ma il sospetto degli inquirenti è che questo suo rifiuto, non accettato dalla famiglia, sia stato punito con la morte. La sua storia è stata raccontata dai media e dai telegiornali, ma il sospetto è che ci siano molte altre donne nella sua stessa condizione di cui nessuno parla. Il femminicidio di Hina Salem, sovrapponibile per molti versi alla vicenda che riguarda Saman, indica uno scenario con rischio elevato per queste giovani che appartengono a determinati ambiti culturali e religiosi.

La pratica del matrimonio combinato, purtroppo, è ancora largamente diffusa all’interno di certe comunità, è inutile nasconderlo. Queste ragazze, che si sono avvicinate al mondo occidentale, che ne hanno assaporato i vantaggi e hanno sperimentato la possibilità di vivere in maniera più libera le loro relazioni, a quel tipo di mondo non vogliono più tornare. Le famiglie, immediatamente, reagiscono in maniera estremamente feroce perché dal loro punto di vista è meglio che queste ragazze muoiano piuttosto che si ispirino al modello occidentale. E’ quello che sembra essere accaduto a Saman, ipotesi che sembra avvalorata dal messaggio che la giovane avrebbe mandato a un amico chiedendogli di avvisare la polizia se non avesse avuto sue notizie per alcuni giorni.

Si sono già verificati dei casi in cui intere famiglie si sono trasformate in giuria e boia. In questo caso, Saman oltre ad aver rifiutato le nozze combinate, per un periodo era stata spostata in un centro protetto. Poi era tornata a casa, probabilmente con l’inganno, forse le avranno fatto credere che non sarebbe dovuta andare in Pakistan. Ma quando ha scoperto che avrebbe dovuto viaggiare anche lei, sarebbe scoppiato il putiferio e da lì la decisione di eliminarla. Questo è lo scenario che ha tratteggiato la procura, e io lo ritengo assolutamente verosimile. 

Il delitto d’onore era previsto nel nostro codice penale fino al 1981: fino a questo anno, se una donna veniva uccisa perché la sua condotta in qualche modo aveva offeso la famiglia, l’omicidio veniva punito in maniera molto molto lieve. Soltanto pochissimi anni fa, il nostro Paese ha abrogato quella fattispecie abominevole. All’interno di un certo tipo di culture, questo tipo di pratiche è largamente considerato.

Per aiutare queste ragazze, è necessario che tutti inizino ad “addrizzare le antenne”. Anche in questa vicenda, i vicini dicono che era difficilissimo vedere fuori dalla casa le donne di questa famiglia, compresa Saman. Bisogna cominciare a notare e segnalare le situazioni non dico di segregazione, ma quasi. La comunità deve attivarsi, segnalare le potenziali situazioni di rischio, altrimenti queste giovani sono tagliate fuori da tutto e relegate a un ruolo subalterno, senza la possibilità di studiare o di costruirsi un futuro. La comunità e i sistemi presenti sul territorio si attivino per fare un monitoraggio attivo: quante sono le ragazze che vivono questo tipo di situazione? Abbiamo una mappatura precisa? Come viene interpretato l’abbandono scolastico delle ragazze appartenenti a questo gruppo etnico? Qualcuno indaga per capire se lasciano gli studi volontariamente o sono costrette? Il vero problema è che queste giovani sono socialmente invisibili. 

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