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Il cardinal Silvestrini e lo spazio del dialogo

Ricorre quest’anno il centenario della nascita del cardinale Achille Silvestrini (Brisighella 25 ottobre 1923 – Città del Vaticano, 29 agosto 2019). Il Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, nella relazione introduttiva all’’incontro, “Il cardinale Achille Silvestrini, uomo del dialogo” che si è svolto il 27 ottobre in Campidoglio, con la presenza del presidente Sergio Mattarella, così lo ha ricordato: “Il cardinale Silvestrini è stato un artefice dello spirito di Helsinki e dell’apporto ad esso dato dalla Santa Sede che vide nella Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (CSCE), conclusa nel 1975 nella capitale finlandese, un’azione capace di colmare la spaccatura che divideva le due Europe, ma anche sulla base delle comuni radici cristiane, di realizzare un incontro e una reale unità del continente”.

“Non ha mai pensato che la Chiesa dovesse cedere sui valori, ma che la Chiesa dovesse sperare e avere fiducia che nonostante tutto anche nelle posizioni più rigide di ideologia e di pregiudizio c‘era uno spazio per un possibile dialogo onesto sulle cose. L’aveva detto Paolo VI, che sorresse sempre Casaroli in questo sforzo, ‘un dialogo onesto sulle cose’. Le cose significavano la libertà della Chiesa, significava la possibilità di nominare i vescovi da parte del Papa, significava in tanti modi dare respiro alla Chiesa in modo che potesse durare nella sua missione. In attesa, ecco sempre questo è stato il suo discorso. Quando? Certo, neanche lui pensava che ad un certo punto il comunismo poi crollasse, come è crollato. Lui però pensava che qualcosa cambiasse, cambiasse negli uomini soprattutto, che gli uomini muovessero le istituzioni. Questo è stato il suo grande atto di fiducia”.

Nella ricorrenza del centenario è stata fondata l’Associazione culturale Premio internazionale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace, iscritta al Registro unico nazionale del Terzo Settore, presieduta dal cardinale Edoardo Menichelli, della quale mi onoro di essere uno dei soci fondatori e il responsabile culturale. Siamo stati spinti dall’idea che il cardinale Achille Silvestrini, nel corso del suo pluridecennale servizio nella Santa Sede, nel suo intenso ministero sacerdotale sia con la Comunità Domenico Tardini, da lui fondata e animata, sia con tanti interlocutori, uomini e donne, del mondo dell’università, dell’arte, della comunicazione e della politica e dell’economia, ha insegnato e testimoniato i valori dell’ascolto, del dialogo, della pace e della cultura del servizio, nutriti dal Vangelo.

Ogni anno L’Associazione si prefigge di assegnare il Premio internazionale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace a una personalità internazionale che, in campi diversi, abbia operato e testimoniato per l’affermazione e la diffusione della cultura del dialogo e della pace delle preziose indicazioni al riguardo. Si prefigge anche, dal 2024, di assegnare, dopo un diffuso bando nazionale, un premio in denaro a un libro o a un film, fiction o documentario, giudicato di particolare valore, sempre sul tema del dialogo e della pace.

Nel corrente anno, centenario della sua nascita, interloquendo con il segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin, il premio è stato assegnato al presidente emerito della Colombia, Juan Manuel Santos, premio Nobel per la pace, per avere, dopo un faticoso e fruttuoso dialogo, raggiunto un accordo di pace con le Forze armate rivoluzionarie colombiane (FARC), avviando la pacificazione del grande paese latinoamericano.

Si legge nella motivazione dell’assegnazione del premio: “In questi tempi terribili in cui assistiamo sgomenti a nuova guerra mondiale a pezzi, della quale parla Papa Francesco, il Premio internazionale Achille Silvestrini per il dialogo e la pace, nel centenario della sua nascita, è assegnato al presidente Santos, condividendo la sua idea che non si può vincere con le armi e che occorre sempre vedere anche nel nemico un essere umano con il quale si può e si deve dialogare. Senza umanità, giustizia e misericordia, i giorni della pace non sono mai vicini”.

La cerimonia della consegna del premio – è pervenuto anche un caloroso messaggio del presidente Mattarella – si è svolta, il 20 ottobre, a Villa Nazareth, la prestigiosa istituzione formativa fondata nel dopoguerra dal cardinale Domenico Tardini, segretario di Stato di Giovanni XXIII. Villa Nazareth è oggi un collegio universitario di merito, con riconoscimento e finanziamento ministeriale, che segue negli studi, a titolo gratuito, studenti universitari di famiglie povere, con ottimo curriculo di studi. Villa Nazareth, negli anni Ottanta, è stata rifondata, diretta e animata dal cardinale Silvestrini, che di Tardini era stato collaboratore e, come lui è stato, per molti anni, al vertice del Consiglio degli Affari pubblici della Chiesa, il responsabile della politica internazionale della Santa Sede, durante il pontificato di Paolo VI e di Giovanni Paolo II.

In stretta collaborazione e in grande sintonia con il cardinale Agostino Casaroli, ha dato un personale e decisivo contributo all’ideazione e conduzione dell’Ostpolitik vaticana. In un’intervista a Emilio Vinciguerra del Gr-Uno, del 9 giugno 1998, ricordando il cardinale Casaroli, dopo la notizia della sua scomparsa, ma, in fondo parlando anche di sé stesso, ha dichiarato a proposito della Ostpolitk della santa Sede: “Cominciò nel 1963, negli ultimi mesi della vita di Papa Giovanni andando in Ungheria, poi in Cecoslovacchia ad intessere quel difficile, allora sembrava impossibile, dialogo con i regimi dell’Est Europeo. Un dialogo che gli è costato non solo fatica ma anche incomprensioni, perché era ritenuto illusorio e che, invece, egli ha condotto con grande dignità e fermezza. Non ha mai pensato che la Chiesa dovesse cedere sui valori, ma che la Chiesa dovesse sperare ed avere fiducia che nonostante tutto anche nelle posizioni più rigide di ideologia e di pregiudizio c‘era uno spazio per un possibile dialogo onesto sulle cose. L’aveva detto Paolo VI, che sorresse sempre Casaroli in questo sforzo, ‘un dialogo onesto sulle cose’. Le cose significavano la libertà della Chiesa, significava la possibilità di nominare i vescovi da parte del Papa, significava in tanti modi dare respiro alla Chiesa in modo che potesse durare nella sua missione. In attesa, ecco sempre questo è stato il suo discorso. Quando? Certo, neanche lui pensava che ad un certo punto il comunismo poi crollasse, come è crollato. Lui però pensava che qualcosa cambiasse, cambiasse negli uomini soprattutto, che gli uomini muovessero le istituzioni. Questo è stato il suo grande atto di fiducia”.

Silvestrini ha partecipato, con generale apprezzamento, alle lunghe trattative della Conferenza sulla Sicurezza e Cooperazione in Europa (CSCE), più nota come Conferenza di Helsinki. La Santa Sede, per la prima volta dopo il Congresso di Vienna, partecipava a una conferenza internazionale, pleno jure, assieme ai delegati di ben di 35 Stati dell’Europa occidentale e orientale e, in più, gli Stati Uniti e il Canada. L’Atto finale della Conferenza di Helsinki, pur non essendo vincolante, conteneva una serie di principi politici che avrebbero impegnato gli Stati nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei propri cittadini.

L’aderenza agli impegni dell’Atto finale, il rispetto dei suoi principi e il controllo reciproco degli Stati avrebbero consentito di garantire la pace e la sicurezza nel continente e, come effettivamente sarebbe avvenuto ben oltre le aspettative, avrebbero creato gradualmente le condizioni di fiducia reciproca necessarie alla distensione e alla fine della Guerra fredda.

L’Atto finale era diviso in tre parti, i cosiddetti Cesti. Il primo conteneva la Dichiarazione dei principi base che avrebbero regolato la vita internazionale europea: l’uguaglianza sovrana, l’astensione dall’uso della forza, l’inviolabilità delle frontiere, l’integrità territoriale, il regime pacifico delle controversie, il non intervento negli affari interni, il rispetto dei diritti dell’uomo, l’autodeterminazione dei popoli, la cooperazione tra gli Stati e la buona fede.

Esso prevedeva, inoltre, misure di cooperazione per la sicurezza politico-militare. Il secondo conteneva misure di cooperazione in campo economico, scientifico e ambientale. Il terzo riguardava la cooperazione soprattutto in tema di diritti umani e questioni umanitarie.
Silvestrini, intervenendo a Madrid, il 13 novembre del 1980, a una delle riunioni di verifica dell’attuazione dell’Atto finale, così ne riassumeva il senso e le finalità: “Il significato dell’Atto finale non consisteva quindi solo nella volontà di superare contrapposizioni passate, ma ancor più nel tentativo di creare i presupposti di un processo dinamico di rapporti più intensivi, avvicinando le nazioni fra loro, e facendole cooperare alla realizzazione di alcuni valori fondamentali nella loro vita e nei rapporti internazionali”.

La CSCE era concepita come una conferenza multilaterale permanente che si sarebbe basata sull’Atto finale di Helsinki e che avrebbe costituito una sede di dialogo, di verifica sull’osservanza degli impegni presi. Silvestrini ha dato un indubbio, personale, contributo al riconoscimento solenne della libertà religiosa, intesa non solo come personale libertà di coscienza ma anche di pratica comunitaria della propria fede, divenendo in tal modo una sorta di cartina di tornasole delle libertà tutte.

Per tutto il decennio degli anni Novanta, il cardinale Silvestrini, come prefetto della Congrega­zione per le Chiese Orientali, si è confrontato con la loro grande ricchezza spirituale e liturgica e la complessa e spesso drammatica realtà sociale e politica dei Paesi in cui esse erano maggiormente presenti, dall’Europa orientale al Medioriente, al Corno d’Africa, all’India, colpiti nel corso della loro travagliata storia da guerre e conflitti.

Durante la crisi che portò, nel gennaio del 1991, alla Prima guerra del Golfo, il cardinale Silvestrini compì una coraggiosa missione a Bagdad, incontrando Saddam Hussein e, interloquendo soprattutto con Tarek Aziz, il vice primo ministro cristiano del governo irakeno, per tentare di evitare il sanguinoso conflitto con gli Stati Uniti e i loro alleati. Un conflitto foriero e anticipatore di quello ben più vasto e duraturo, che Papa Francesco ha definito “una terza guerra mondiale combattuta a pezzi”.

In uno scritto del 1981 del cardinale Achille Silvestrini si legge: “La pace si costruisce non su interessi effimeri ma su beni reali e stabili, che hanno sorgente nei valori dello spirito”.

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