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La campagna elettorale: importante per tenere l’Italia fuori da altri guai

Non mi aspettavo  che sarebbe finita così. Mi ero convinto che il problema vero fosse quello della disponibilità di Mario Draghi a portare avanti  un governo sorretto da una maggioranza sempre più scombinata, pronta a raccogliere ogni refolo d’aria per sventolare le proprie bandierine. Poi ascoltando in diretta le comunicazioni del premier, mi ero rasserenato. “Draghi è ancora sul pezzo”, mi ero detto, “il governo può andare avanti, anche senza  i ‘pentastellati'”. Che si sia consumata al Senato un’operazione vergognosa è una certezza.

Le motivazioni esposte nel dibattito a sostegno delle posizioni dei partiti “aventiniani” (M5S, Lega, FI) sono state inconsistenti: il centrodestra di governo ha dato modo ai “grillini” di travestirsi  da “Calimero”, di sentirsi offesi nella loro dignità in ragione delle pregiudiziali nei loro confronti. Gli argomenti di merito esposti da Giuseppe Conte per criticare i contenuti delle comunicazioni di Draghi, sono stati non solo infondati, ma persino disonesti, perché il premier aveva fornito una risposta compiuta ai 9 punti del documento “grillino”. Resta solo da chiedersi quanto della linea di condotta del centrodestra di governo sia conseguenza di errori o di scelte premeditate. È plausibile, allora, che il centrodestra di governo abbia scelto, nei vertici notturni di Villa Grande, di trovare un pretesto per sganciarsi in vista delle elezioni. Anche a costo di condividere un pezzo di quella irresponsabilità che Conte porterà anche nella tomba (magari tra molti decenni). E qui c’è lo zampino del Cav. Se Berlusconi sia compus sui o usato dal cerchio magico di turno è un problema secondario. Ma è indubbio che il leader di Forza Italia abbia ripetuto la strategia che lo condusse all’improvviso nel dicembre 2012 a far cadere il governo Monti, che fino a quel momento aveva sostenuto con lealtà, curando più volte i mal di pancia di tanti esponenti del Pdl.  Al dunque quello del Cav (o di chi lo usa) è un banale  calcolo elettorale: poiché si va a votare con il Rosatellum, Berlusconi vuole ottenere da Salvini (e da Meloni?) un pacchetto di seggi nel maggioritario a garanzia degli ultimi dei suoi accoliti rimasti a Corte. Anche mettendo in conto una piccola scissione nel gruppo dirigente (Maristella Gelmini e Renato Brunetta hanno dato una prova eccelsa di coerenza e dignità; la stessa  che ci si poteva aspettare anche da Giancarlo Giorgetti) e una fuga di un elettorato moderato che non intende morire leghista.

Poi ci sono altri aspetti che sono emersi ieri nel corso della crisi. Non è un caso che il presidente Mattarella nell’indicare le vie maestre da seguire nelle prossime settimane si sia soffermato soprattutto su questioni di politica europea e internazionale. E’ su questo terreno che possono intervenire, durante la campagna elettorale delle sbavature e dei distinguo che finiscono per incutere nei partner e negli alleati preoccupazioni sui futuri orientamenti dell’Italia. Ciò che diranno le forze politiche in campagna elettorale si scaricherà immediatamente sullo spread, sul piano economico e finanziario e sullo scenario geopolitico. E’ comprensibile che qualcuno in Europa trovi, nella crisi, conferma della inaffidabilità dell’Italia. E si domandi perché devono fare sacrifici i propri concittadini per aiutare chi non lo merita. E ciò nel momento in cui si definiscono le nuove regole  questo “qualcuno” potrebbe metterci con le spalle al muro. Soli con le nostre responsabilità.

Ora la campagna elettorale diventa importante per mantenere il nostro Paese al riparo da ulteriori guai. Supponiamo che a fronte delle legittime preoccupazioni delle istituzioni europee, il centrodestra vada a rivangare i fetidi sentimenti sovranpopulisti e che imposti un tour elettorale ostile e revisionista, all’insegna del Salvini del 2018, pretendendo comunque i finanziamenti del PNRR a prescindere dal loro utilizzo. Poi c’è il programma riguardante la politica economica: il centrodestra insisterà per dare corso a una serie di scostamenti di bilancio non curandosi dell’indebitamento e del debito proprio quando l’inflazione li rende più onerosi e meno sostenibili? Poi c’è la questione dell’energia che si vuole (ma non è così) legata alla guerra in Ucraina e alle sanzioni alla Russia. E’ plausibile che si facciano strada – tanto nella Lega tuttora affratellata con Russia unita, il partito di Putin, quanto nel M5S – scelte di politica internazionale più accomodanti nei confronti del Cremlino alla ricerca di un appeasement  che ci esoneri – ma sarebbe una lusinga – di andare alla ricerca di approvvigionamenti alternativi, di piazzare rigassificatori nei porti italiani, di ripartire con le perforazioni  dei  giacimenti di gas in Adriatico (ora a disposizione della Croazia). Sono le scelte di politica internazionale, come poche altre volte nella storia recente, a condizionare quelle di politica interna.

Poi c’è un’ultima considerazione da compiere. La data del 25 settembre è vicina; se non succedono fatti gravi inattesi e se il governo è in grado di seguire i dossier essenziali pur in regime di ordinaria amministrazione;  se le forze politiche, durante la campagna elettorale, non andranno alla caccia di sorci verdi, i danni gravissimi di “quell’8 settembre” che si è consumato il 20 luglio, possono essere contenuti. Ma nessuno ci assicura – come va dicendo Giorgia Meloni –  che la sera delle elezioni sapremo quali forze politiche saranno chiamate a governare. Di certo il governo Draghi sarebbe arrivato legittimamente a febbraio svolgendo tutti gli adempimenti necessari (inclusa la legge di bilancio). Non sappiamo se, dopo il 25 settembre, nascerà un governo né quando nascerà. Anche perché le nuove Camere si riuniranno il 15 ottobre per compiere tutti gli adempimenti  preliminari. Nel 2018 si resero necessari alcuni mesi, al punto che la legislatura rischiò di non avere neppure inizio. Sarebbe corretto anche considerare una siffatta ipotesi e le sue conseguenze nel nostro prossimo futuro. A cominciare dal rischio (potremmo dire dalla certezza) del ricorso all’esercizio provvisorio.

Giuliano Cazzola: