L’Italia è stata tra i primi paesi dell’Unione a ratificare la convenzione di Istanbul che è entrata ufficialmente in vigore lo scorso primo agosto, mentre mancano ancora all’appello altri sette Stati membri del Consiglio d’Europa: Russia, Moldova, Lettonia, Liechtenstein, Irlanda, Repubblica Ceca, Cipro, Bulgaria, Armenia e Azerbaijan. Anche nel nostro Paese la violenza non accenna a diminuire mostrando le sue diverse facce, sia quelle più note, come nei casi di femminicidio, sia quelle più “moderne” come nel caso del bullismo e del cyber-bullismo di cui in questi giorni sono stati forniti nuovi dati che non possono non destare preoccupazione e allarme sociale.
Secondo un’indagine della Polizia Postale e delle Comunicazioni, condotta in collaborazione con il Miur e l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, attraverso il portale Skuola.net, nell’ambito della campagna educativa itinerante “Una vita da social”, su un campione di 15.268 ragazzi intervistati, ben 1 su 3 si è dichiarato vittima di episodi di bullismo. La fascia d’età più a rischio è risultata essere quella 14-17 anni, dove le vittime sono quasi 2 su 5.
Ciò che sorprende di più è la crescita del bullismo al femminile, con una vittima su tre che denuncia la presenza di almeno una ragazza tra gli aggressori. Colpisce inoltre il fatto che nell’ambito del cyber-bullismo siano le ragazze a subirne maggiormente gli effetti e pur essendo questa una delle forme più nuove di violenza, quella che continua a svilupparsi è la forma offline con l’87% delle vittime preso di mira esclusivamente o prevalentemente nella vita reale di tutti i giorni. Dall’indagine emerge, altresì, che le vittime di questa forma di violenza fanno fatica a parlarne; infatti, solo uno su tre di essi, soprattutto nella fascia d’età 14-17 anni, si confida con gli adulti più prossimi, mentre tra gli 11 ed i 13 anni vi è una maggiore tendenza ad aprirsi.
Alla base di questo silenzio si annida anche una qualche forma di omertà che porta sia le vittime sia gli spettatori delle aggressioni a tacere per non apparire “debole” di fronte al gruppo e per paura di possibili ritorsioni. Come donne della Cisl, rifiutiamo l’idea di società dove anche un solo minore non abbia quel supporto necessario a salvaguardare l’integrità fisica e mentale sua e dei suoi coetanei coinvolti in episodi di bullismo.
Ecco perché, torniamo ancora una volta a sottolineare il ruolo fondamentale della famiglia e della scuola che mai come in questo momento di crisi e depressione sociale sono chiamate ad essere più qualitativamente presenti nella vita dei ragazzi e più propensi all’ascolto perché, come in tutte le cose, la prevenzione rimane l’arma migliore per contrastare fenomeni di questo tipo che sono i sintomi di un disagio più profondo di ragazzi e ragazze che spesso porta anche al precoce abbandono scolastico. Sicuramente oggi viviamo un momento difficile, con una scuola dove si investe sempre meno e con le famiglie sempre più povere che vivono forti condizioni di disagio.
Anche per questi motivi la Cisl è tornata a chiedere a gran voce una riduzione delle spese improduttive e delle tasse proponendo una riforma complessiva del fisco, attraverso la campagna di raccolta firme nelle piazze e sui social network (#firmalacrescita), per una proposta di legge popolare che lo riconduca nei binari dell’equità e della giustizia e più a misura di famiglia.