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Bullismo al femminile

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La Convenzione di Istanbul, emanata nel maggio 2011, e che rappresenta il primo strumento giuridico vincolante a livello internazionale per prevenire e contrastare la violenza sulle donne e la violenza domestica, prosegue il suo cammino verso la ratifica da parte di tutti gli Stati membri del Consiglio d’Europa. In questi giorni è arrivata anche quella della Polonia che diventa così il diciottesimo Paese europeo a convalidare e confermare il proprio impegno su questa piaga che purtroppo ancora oggi, nonostante l’alto livello di attenzione profuso, continua ad occupare un po’ ovunque i primi posti nella cronaca, manifestandosi con sempre maggiore brutalità, come nel caso delle ragazze rapite in Nigeria, di cui non si hanno da tempo notizie certe, sino ad arrivare ai recenti episodi di violenza perpetrata in Pakistan e in Iraq nei confronti di minori inermi per motivi meramente religiosi.

L’Italia è stata tra i primi paesi dell’Unione a ratificare la convenzione di Istanbul che è entrata ufficialmente in vigore lo scorso primo agosto, mentre mancano ancora all’appello altri sette Stati membri del Consiglio d’Europa: Russia, Moldova, Lettonia, Liechtenstein, Irlanda, Repubblica Ceca, Cipro, Bulgaria, Armenia e Azerbaijan. Anche nel nostro Paese la violenza non accenna a diminuire mostrando le sue diverse facce, sia quelle più note, come nei casi di femminicidio, sia quelle più “moderne” come nel caso del bullismo e del cyber-bullismo di cui in questi giorni sono stati forniti nuovi dati che non possono non destare preoccupazione e allarme sociale.

Secondo un’indagine della Polizia Postale e delle Comunicazioni, condotta in collaborazione con il Miur e l’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza, attraverso il portale Skuola.net, nell’ambito della campagna educativa itinerante “Una vita da social”, su un campione di 15.268 ragazzi intervistati, ben 1 su 3 si è dichiarato vittima di episodi di bullismo. La fascia d’età più a rischio è risultata essere quella 14-17 anni, dove le vittime sono quasi 2 su 5.

Ciò che sorprende di più è la crescita del bullismo al femminile, con una vittima su tre che denuncia la presenza di almeno una ragazza tra gli aggressori. Colpisce inoltre il fatto che nell’ambito del cyber-bullismo siano le ragazze a subirne maggiormente gli effetti e pur essendo questa una delle forme più nuove di violenza, quella che continua a svilupparsi è la forma offline con l’87% delle vittime preso di mira esclusivamente o prevalentemente nella vita reale di tutti i giorni. Dall’indagine emerge, altresì, che le vittime di questa forma di violenza fanno fatica a parlarne; infatti, solo uno su tre di essi, soprattutto nella fascia d’età 14-17 anni, si confida con gli adulti più prossimi, mentre tra gli 11 ed i 13 anni vi è una maggiore tendenza ad aprirsi.

Alla base di questo silenzio si annida anche una qualche forma di omertà che porta sia le vittime sia gli spettatori delle aggressioni a tacere per non apparire “debole” di fronte al gruppo e per paura di possibili ritorsioni. Come donne della Cisl, rifiutiamo l’idea di società dove anche un solo minore non abbia quel supporto necessario a salvaguardare l’integrità fisica e mentale sua e dei suoi coetanei coinvolti in episodi di bullismo.

Ecco perché, torniamo ancora una volta a sottolineare il ruolo fondamentale della famiglia e della scuola che mai come in questo momento di crisi e depressione sociale sono chiamate ad essere più qualitativamente presenti nella vita dei ragazzi e più propensi all’ascolto perché, come in tutte le cose, la prevenzione rimane l’arma migliore per contrastare fenomeni di questo tipo che sono i sintomi di un disagio più profondo di ragazzi e ragazze che spesso porta anche al precoce abbandono scolastico. Sicuramente oggi viviamo un momento difficile, con una scuola dove si investe sempre meno e con le famiglie sempre più povere che vivono forti condizioni di disagio.

Anche per questi motivi la Cisl è tornata a chiedere a gran voce una riduzione delle spese improduttive e delle tasse proponendo una riforma complessiva del fisco, attraverso la campagna di raccolta firme nelle piazze e sui social network (#firmalacrescita), per una proposta di legge popolare che lo riconduca nei binari dell’equità e della giustizia e più a misura di famiglia.

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