Con la Brexit il Regno Unito ha deciso: se ne va, dirà goodbye al meraviglioso catafalco dell’impianto burocratico europeo. Scelta che può sorprendere solo coloro che meno conoscono la storia di questa straordinaria isola, geograficamente vicina ma culturalmente lontana, un tempo regina dei mari e dei continenti, oggi così ineffabilmente piccola ed elitaria, stretta nei confini di quel che costituisce per i suoi abitanti un mondo nel mondo.
Chi sono dunque questi magnifici inglesi? Un piede nell’Atlantico, un altro in Europa, della sua diversità l’Inghilterra è sempre stata orgogliosamente fiera, ricambiata a sua volta da ammirazione sconfinata e avversione profonda: per le armate napoleoniche è la perfida Albione, per la propaganda fascista è il popolo dei cinque pasti, ma per l’opinione pubblica democratica e liberale quell’isola al di là della Manica è la madre del sistema parlamentare e il sicuro rifugio per una lunga lista di diffidenti, da Mazzini a Karl Marx.
Un popolo che nel remoto 1215 con la Magna Charta Libertatum aveva già tracciato i limiti del potere assoluto monarchico. Per secoli la Gran Bretagna ha dominato il mondo, influenzandolo dal punto di vista culturale e letterario; cosa sarebbe il vecchio continente senza la patria del Bardo (William Shakespeare) i cui capolavori già nella Londra del 1500 parlavano di noi, dei nostri sentimenti, tormenti e passioni. Quale sarebbe la sua musica senza Genesis e Pink Floyd, David Bowie ed Elton John? Qui sono nati molti miti ed icone della cultura popolare quali Robin Hood, Frankenstein, Sherlock Holmes, Hercule Poirot, Dott Jekyll e il suo doppio Mr. Hyde. Qui l’agente segreto più famoso del cinema (James Bond) ha ricevuto la sua “licenza di uccidere”.
L’Europa non ha mai smesso di guardare con ammirazione all’Inghilterra, una nazione che con carbone, acqua e vapore ha fatto la rivoluzione industriale. Quella che ha inventato il treno e la ferrovia e i carri armati, ha migliorato la nostra vita grazie a comodità come frigorifero e riscaldamento e ce l’ha allungata con la penicillina. Snob e classisti come nessun altro, sono stati i britannici ad inventare le lotte sindacali e il movimento femminista, solo loro sono capaci di guardare al futuro restando ferocemente avvinghiati alle loro tradizioni, rivendicate con fierezza e orgoglio.
Sono individualisti per eccellenza. Solo loro si riferiscono al braccio di mare che li separa dal continente col termine “The English Channel” e non la Manche, termine in voga presso i loro dirimpettai francesi; nella loro mentalità non è la Gran Bretagna ad essere staccata dal continente ma il continente ad essere staccato dalla Gran Bretagna, segno evidente di un parossistico quanto esilarante egocentrismo, di una naturale proclività a ricondurre l’esistente a se stessi e mai viceversa, di un individualismo cosmico, esasperato rivendicato con orgoglio e con fierezza, a tratti esilarante, a tratti insopportabile per noi continentali, ma sempre onorato da una condotta esistenziale coerente. Solo loro, in Europa, guidano a sinistra, misurano in pollici e pesano in once.
Se l’English Breakfast è naturalmente tutt’altra cosa rispetto al Continental, anche il vero humour è britannico e tantissimi sport: football, rugby, tennis, cricket, golf sono inglesi e nella “magnifica Albione” hanno trovato le loro regole. Forti di una lingua globale che hanno diffuso ovunque molto prima dei cugini yankee, per nulla al mondo gli inglesi rinuncerebbero alla Sterlina. Bisogna inoltre essere britannici per contemperare minigonne, creste punk e il look più tradizionale, la decade irripetibile dei Beatles e gli anni 80 della Lady di ferro.
L’impero non sussiste più, svanite le colonie, ma nel Regno Unito tutto riecheggia della Old Greatness, antica grandeur un tempo egemone su tre quarti del pianeta. A Londra, capitale vibrante dove si può trovare di tutto, ancora arrivano da tutto il mondo a caccia di affari nella più grande piazza finanziaria globale, nei college e nelle università ancora capaci di formare l’élite. Chi non li ama, li immagina nel rito imprescindibile del tè delle cinque o nella caccia alla volpe, dove diceva l’irlandese Oscar Wilde: l’ineffabile va all’inseguimento dell’immangiabile.
Se per Agatha Christie in Inghilterra il caffè ha sempre il gusto di un esperimento chimico, in realtà i nostri magnifici isolani non perdono una guerra dal 1783, capaci di respingere l’invincible armada, sconfiggere Napoleone e resistere a Hitler. Premesso tutto ciò s’urge d’uopo un naturale quesito: cosa sarà ora l’Europa senza questi magnifici Inglesi?