La voce degli ultimi

venerdƬ 8 Novembre 2024
15.4 C
CittĆ  del Vaticano

La voce degli ultimi

venerdƬ 8 Novembre 2024

Brexit: cosa succede ora?

Dal 23 giugno 2016, giorno del referendum sulla permanenza in Ue del Regno Unito, sono passati circa due anni e mezzo e la data concordata per lā€™uscita dello stato britannico dallā€™Unione ĆØ prevista per il 29 marzo di 2019, poco piĆ¹ di due mesi da oggi, cosƬ come previsto dallā€™art. 50 del Trattato di Lisbona.

Questo periodo, dopo lā€™esito quasi a sorpresa della consultazione che costĆ² le dimissioni dellā€™allora primo ministro James Cameron che aveva appoggiato il remain, ĆØ stato caratterizzato da una trattativa continua fra Londra e Bruxelles per concordare i termini di uscita e i rapporti futuri fra il regno britannico e lā€™Unione Europea, in particolar modo sulla questione della libera circolazione di merci, persone e capitali.

Tutto questo ha subito un brusco stop dovuto alla bocciatura dellā€™ipotesi di accordo da parte della Camera dei Comuni lo scorso 15 gennaio.

Le tensioni fra le isole e il continente, perĆ², non sono una novitĆ  di questi anni; giĆ  Margaret Thatcher, durante il suo governo, aveva espresso non pochi dubbi sullā€™impianto che andava profilandosi, per usare un eufemismo, e fu il suo successore John Major che superĆ² queste contrarietĆ  firmando il Trattato di Maastricht, entrando nella neonata Unione Europea come ā€œsocio fondatoreā€.

I successivi governi laburisti, sotto Tony Blair e Gordon Brown, mostrarono una certa distensione nei rapporti rispetto agli anni ā€™80 con lā€™allora Cee ma con il ritorno dei Tories al potere e lā€™avanzata di formazioni euroscettiche come lo Ukip si cominciarono a vedere delle nuove crepe nei rapporti con il resto degli Stati membri.

Ciononostante lā€™adesione anche futura del Regno Unito allā€™Unione non sembrava neppure in discussione, benchĆ© non avesse voluto adottare la valuta comune, e per questo, come si diceva poco fa, il risultato del referendum fu una sorpresa per molti, in tutto il continente.

Questo ĆØ quello che ĆØ stato, ma la cosa piĆ¹ interessante ĆØ capire ciĆ² che sarĆ , visto che i tempi per giungere a un accordo condiviso per unā€™uscita soft si fanno sempre piĆ¹ stretti e si profila sempre piĆ¹ concreta lā€™ipotesi alternativa di chiusura della procedura senza accordo, quella che viene anche chiamata hard Brexit, dove i futuri rapporti tra Uk e Ue sarebbero regolati dal diritto internazionale e dalle norme oggi condivise in sede di Wto sui commerci, oltre che da accordi bilaterali giĆ  oggi in essere o di futura negoziazione.

Le opzioni al momento non sono molte per evitare lo scenario peggiore, quello appunto dellā€™uscita senza accordi, e la prima possibile ĆØ quella del cosiddetto ā€œpiano Bā€.

Con la bocciatura dellā€™accordo, per la premier May cā€™ĆØ ancora tempo fino al 21 gennaio per presentare una nuova bozza di accordo con lā€™Ue ma solo un ingenuo potrebbe pensare che si possa, in pochi giorni, riscrivere un brogliaccio di intesa quando per la redazione del primo ĆØ servito piĆ¹ di un anno e mezzo; ĆØ piĆ¹ credibile che si tenti di giungere a una convergenza trasversale tra tutte le forze politiche per creare un costrutto emendabile allā€™attuale bozza e arrivare a una nuova ipotesi di accordo da presentare allā€™Ue ma anche questo significherebbe dover rivedere tutto lā€™accordo in Parlamento.

La cosiddetta ipotesi No Deal ĆØ vista da tutti gli analisti come la peggiore, come giĆ  anticipato precedentemente, ma man mano che passa il tempo questo scenario diviene sempre piĆ¹ probabile salvo che non si decida per una proroga dei tempi previsti in procedura ovvero per la revoca della stessa annullando la richiesta di uscita dallā€™unione ex art. 50.

Un rinvio della Brexit, perĆ², non ĆØ per nulla scontato. Il Consiglio dellā€™Unione Europea dovrebbe esprimersi allā€™unanimitĆ  per acconsentire una proroga ai termini previsti e, finora, sono stati tassativi nellā€™affermare che lā€™uscita del Regno Unito non sarĆ  rinviata solo per un mero mancato accordo anche se la caduta del Governo May o un secondo referendum sulla questione potrebbero essere degli avvenimenti che spingerebbero verso questo scenario, cosƬ come la possibilitĆ  di apertura negoziale di un nuovo tavolo dopo quello bocciato lā€™altro giorno.

Riassumendo, a questo punto, si dipingono quattro scenari possibili e tutti rappresentano una sconfitta politica pesantissima per lā€™attuale governo di Sua MaestĆ .

La bocciatura della bozza dā€™accordo, infatti, apre la via al cosiddetto ā€œpiano Bā€ per evitare lā€™uscita senza accordo che, come giĆ  indicato, sarebbe lā€™ipotesi peggiore poichĆ© potrebbe avere serie ripercussioni sia sui cittadini inglesi in Europa, sia sugli europei in UK sia sullā€™economia e, in particolare, sulla piazza finanziaria di Londra che potrebbe avere delle ripercussioni negative tuttā€™altro che banali, cosa che, perĆ², difficilmente potrebbe essere ā€œportata a terraā€ per via dei tempi stringenti. Dā€™altro canto, per quanto non scontata, potrebbe essere concessa una proroga dai partner europei, sempre che vi sia lā€™unanimitĆ  in Consiglio, oppure un nuovo referendum per annullare, in prospettiva, la richiesta di uscita dallā€™Ue e la procedura attivata quasi due anni fa.

Questā€™ultimo caso sarebbe, perĆ², come dire ā€œabbiamo scherzato per due anniā€ cioĆØ un autogol politico clamoroso che, comunque, difficilmente potrebbe essere capitalizzato dalle opposizioni attuali poichĆ© il Labour, in particolare, mostra una certa debolezza interna tanto che il voto di sfiducia richiesto verso il Governo May ĆØ finito in una bolla di sapone, trasformandosi in un boomerang verso il partito socialdemocratico inglese e, in particolar modo, verso il suo leader Jeremy Corbyn che, ora, tenta di recuperare aprendo alla seconda consultazione sulla Brexit. Lā€™ex premier Tony Blair, nel frattempo, ha affermato di considerare, invece, ā€œinevitabile un rinvioā€ della deadline del 29 marzo poichĆ© un ā€œNo Deal causerebbe danni enormiā€.

Allā€™ipotesi di un possibile rinvio apre anche il candidato alla presidenza della Commissione per il Ppe Manfred Weber che, perĆ², sottolinea che ā€œconcedere piĆ¹ tempo ha senso soltanto conoscendo quali siano i piani del governo britannicoā€, cosa che, in effetti, ad oggi non ĆØ esattamente cosƬ palese anche per le dichiarazioni contraddittorie che giungono da vari esponenti della maggioranza dā€™oltremanica.

Questo impasse, comunque, al di lĆ  delle conseguenze che si abbatteranno direttamente sul regno britannico va a mostrare una delle piĆ¹ grandi debolezze dellā€™Unione Europea perchĆ©, come faceva notare Antonio Pilati sul blog di Nicola Porro qualche giorno fa, il sistema di norme che stanno rendendo la Brexit un vero e proprio incubo mostra che tutto il sistema unitario si fondi piĆ¹ sulla burocrazia creata dei regolamenti che su una vera volontĆ  politica; cosƬ come lā€™atteggiamento verso quella che ĆØ, tuttā€™oggi, una delle principali potenze economiche e militari al mondo mostra la mancanza di una visione strategica verso un partner, nonostante tutto, molto importante che potrebbe essere sintomo di un malessere ben piĆ¹ pericoloso allā€™interno delle istituzioni europee.

Ā 

ARTICOLI CORRELATI

AUTORE

ARTICOLI DI ALTRI AUTORI

Ricevi sempre le ultime notizie

Ricevi comodamente e senza costi tutte le ultime notizie direttamente nella tua casella email.

Stay Connected

Seguici sui nostri social !

Scrivi a In Terris

Per inviare un messaggio al direttore o scrivere un tuo articolo:

Decimo Anniversario