Dal 23 giugno 2016, giorno del referendum sulla permanenza in Ue del Regno Unito, sono passati circa due anni e mezzo e la data concordata per lāuscita dello stato britannico dallāUnione ĆØ prevista per il 29 marzo di 2019, poco piĆ¹ di due mesi da oggi, cosƬ come previsto dallāart. 50 del Trattato di Lisbona.
Questo periodo, dopo lāesito quasi a sorpresa della consultazione che costĆ² le dimissioni dellāallora primo ministro James Cameron che aveva appoggiato il remain, ĆØ stato caratterizzato da una trattativa continua fra Londra e Bruxelles per concordare i termini di uscita e i rapporti futuri fra il regno britannico e lāUnione Europea, in particolar modo sulla questione della libera circolazione di merci, persone e capitali.
Tutto questo ha subito un brusco stop dovuto alla bocciatura dellāipotesi di accordo da parte della Camera dei Comuni lo scorso 15 gennaio.
Le tensioni fra le isole e il continente, perĆ², non sono una novitĆ di questi anni; giĆ Margaret Thatcher, durante il suo governo, aveva espresso non pochi dubbi sullāimpianto che andava profilandosi, per usare un eufemismo, e fu il suo successore John Major che superĆ² queste contrarietĆ firmando il Trattato di Maastricht, entrando nella neonata Unione Europea come āsocio fondatoreā.
I successivi governi laburisti, sotto Tony Blair e Gordon Brown, mostrarono una certa distensione nei rapporti rispetto agli anni ā80 con lāallora Cee ma con il ritorno dei Tories al potere e lāavanzata di formazioni euroscettiche come lo Ukip si cominciarono a vedere delle nuove crepe nei rapporti con il resto degli Stati membri.
Ciononostante lāadesione anche futura del Regno Unito allāUnione non sembrava neppure in discussione, benchĆ© non avesse voluto adottare la valuta comune, e per questo, come si diceva poco fa, il risultato del referendum fu una sorpresa per molti, in tutto il continente.
Questo ĆØ quello che ĆØ stato, ma la cosa piĆ¹ interessante ĆØ capire ciĆ² che sarĆ , visto che i tempi per giungere a un accordo condiviso per unāuscita soft si fanno sempre piĆ¹ stretti e si profila sempre piĆ¹ concreta lāipotesi alternativa di chiusura della procedura senza accordo, quella che viene anche chiamata hard Brexit, dove i futuri rapporti tra Uk e Ue sarebbero regolati dal diritto internazionale e dalle norme oggi condivise in sede di Wto sui commerci, oltre che da accordi bilaterali giĆ oggi in essere o di futura negoziazione.
Le opzioni al momento non sono molte per evitare lo scenario peggiore, quello appunto dellāuscita senza accordi, e la prima possibile ĆØ quella del cosiddetto āpiano Bā.
Con la bocciatura dellāaccordo, per la premier May cāĆØ ancora tempo fino al 21 gennaio per presentare una nuova bozza di accordo con lāUe ma solo un ingenuo potrebbe pensare che si possa, in pochi giorni, riscrivere un brogliaccio di intesa quando per la redazione del primo ĆØ servito piĆ¹ di un anno e mezzo; ĆØ piĆ¹ credibile che si tenti di giungere a una convergenza trasversale tra tutte le forze politiche per creare un costrutto emendabile allāattuale bozza e arrivare a una nuova ipotesi di accordo da presentare allāUe ma anche questo significherebbe dover rivedere tutto lāaccordo in Parlamento.
La cosiddetta ipotesi No Deal ĆØ vista da tutti gli analisti come la peggiore, come giĆ anticipato precedentemente, ma man mano che passa il tempo questo scenario diviene sempre piĆ¹ probabile salvo che non si decida per una proroga dei tempi previsti in procedura ovvero per la revoca della stessa annullando la richiesta di uscita dallāunione ex art. 50.
Un rinvio della Brexit, perĆ², non ĆØ per nulla scontato. Il Consiglio dellāUnione Europea dovrebbe esprimersi allāunanimitĆ per acconsentire una proroga ai termini previsti e, finora, sono stati tassativi nellāaffermare che lāuscita del Regno Unito non sarĆ rinviata solo per un mero mancato accordo anche se la caduta del Governo May o un secondo referendum sulla questione potrebbero essere degli avvenimenti che spingerebbero verso questo scenario, cosƬ come la possibilitĆ di apertura negoziale di un nuovo tavolo dopo quello bocciato lāaltro giorno.
Riassumendo, a questo punto, si dipingono quattro scenari possibili e tutti rappresentano una sconfitta politica pesantissima per lāattuale governo di Sua MaestĆ .
La bocciatura della bozza dāaccordo, infatti, apre la via al cosiddetto āpiano Bā per evitare lāuscita senza accordo che, come giĆ indicato, sarebbe lāipotesi peggiore poichĆ© potrebbe avere serie ripercussioni sia sui cittadini inglesi in Europa, sia sugli europei in UK sia sullāeconomia e, in particolare, sulla piazza finanziaria di Londra che potrebbe avere delle ripercussioni negative tuttāaltro che banali, cosa che, perĆ², difficilmente potrebbe essere āportata a terraā per via dei tempi stringenti. Dāaltro canto, per quanto non scontata, potrebbe essere concessa una proroga dai partner europei, sempre che vi sia lāunanimitĆ in Consiglio, oppure un nuovo referendum per annullare, in prospettiva, la richiesta di uscita dallāUe e la procedura attivata quasi due anni fa.
Questāultimo caso sarebbe, perĆ², come dire āabbiamo scherzato per due anniā cioĆØ un autogol politico clamoroso che, comunque, difficilmente potrebbe essere capitalizzato dalle opposizioni attuali poichĆ© il Labour, in particolare, mostra una certa debolezza interna tanto che il voto di sfiducia richiesto verso il Governo May ĆØ finito in una bolla di sapone, trasformandosi in un boomerang verso il partito socialdemocratico inglese e, in particolar modo, verso il suo leader Jeremy Corbyn che, ora, tenta di recuperare aprendo alla seconda consultazione sulla Brexit. Lāex premier Tony Blair, nel frattempo, ha affermato di considerare, invece, āinevitabile un rinvioā della deadline del 29 marzo poichĆ© un āNo Deal causerebbe danni enormiā.
Allāipotesi di un possibile rinvio apre anche il candidato alla presidenza della Commissione per il Ppe Manfred Weber che, perĆ², sottolinea che āconcedere piĆ¹ tempo ha senso soltanto conoscendo quali siano i piani del governo britannicoā, cosa che, in effetti, ad oggi non ĆØ esattamente cosƬ palese anche per le dichiarazioni contraddittorie che giungono da vari esponenti della maggioranza dāoltremanica.
Questo impasse, comunque, al di lĆ delle conseguenze che si abbatteranno direttamente sul regno britannico va a mostrare una delle piĆ¹ grandi debolezze dellāUnione Europea perchĆ©, come faceva notare Antonio Pilati sul blog di Nicola Porro qualche giorno fa, il sistema di norme che stanno rendendo la Brexit un vero e proprio incubo mostra che tutto il sistema unitario si fondi piĆ¹ sulla burocrazia creata dei regolamenti che su una vera volontĆ politica; cosƬ come lāatteggiamento verso quella che ĆØ, tuttāoggi, una delle principali potenze economiche e militari al mondo mostra la mancanza di una visione strategica verso un partner, nonostante tutto, molto importante che potrebbe essere sintomo di un malessere ben piĆ¹ pericoloso allāinterno delle istituzioni europee.
Ā