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Berlusconi, si Salvi-ni chi può

La sintonia con Matteo Salvini e il Nazarenino. Il tira e molla con Angelino Alfano e l’ennesima grana giudiziaria. Il calo nei sondaggi del premier Matteo Renzi e la rincorsa di Silvio Berlusconi. A metterli giù cosi, senza un ordine preciso, sembrano i tasselli di un puzzle ancora da comporre. In realtà sono gli elementi attorno al quale ruota la galassia berlusconiana.

Perché – la storia del berlusconismo lo insegna – ogni qualvolta l’ex Cavaliere decide di uscire dal cono d’ombra nel quale finisce, vuoi per una sua scelta tattica vuoi per la necessità del momento imposta dagli altri, succede che un giudice, un tribunale, si mette a camminare al suo fianco. A volte come accompagnatore, a volte come tutore, mai come sostegno. Sia chiaro, il leader di Forza Italia non è certo nella parte più alta della sua parabola politica, ma resta comunque uno dei principali competitor, grazie anche all’intesa con il leader del Carroccio che potrebbe mettere in crisi il sistema renziano. Sottovalutarlo rischia di determinare una lettura distorta dei fatti.

Partiamo da un dato. Secondo l’ultimo sondaggio realizzato dall’istituto Datamedia la fiducia nel premier è calata ancora mentre riprende fiato Forza Italia, dunque Silvio Berlusconi. Questa oscillazione, come primo effetto, ha partorito la nascita del baby Nazareno. Il “bambino” servirebbe a ridefinire la legge elettorale e vedrebbe nuovamente Renzi e Berlusconi seduti attorno allo stesso tavolo. Sull’ipotesi Matteo ha fatto scendere il gelo, mentre Silvio smentisce ma non chiarisce. Una revisione dell’Italicum, del resto, serve ad entrambi. Il Pd, con questi numeri, non porterebbe a casa il premio di maggioranza assegnato alla lista; e al ballottaggio rischia di uscire sconfitto. Berlusconi, invece, sa che con questo sistema finisce terzo se va bene. Insomma, una modifica piace a tutti e due.

Ma ciò che non piace a nessuno è un Berlusconi nuovamente in pista, pronto a correre, magari capace di disturbare il manovratore. L’unico modo per fermare il Cavaliere è non tanto quello di azzoppare il cavallo, ovvero Forza Italia, ma disarcionare colui che sta in sella. Chi ci legge malizia, vede le Procure tornare protagoniste.

Riavvolgendo il nastro del ventennio berlusconiano, le toghe di Napoli cosi come avveniva a MiIano, potrebbero aver deciso di rimettere in scena un vecchio copione: avvisare Silvio affinché non si muova troppo.

La Procura partenopea, nell’ambito del processo per la compravendita di senatori, per il quale l’ex parlamentare Sergio De Gregorio ha già patteggiato la pena, ha chiesto cinque anni per Berlusconi e quattro anni e 4 mesi per Valter Lavitola. Il rinvio a giudizio per l’ex Cavaliere e l’ex direttore de L’Avanti era arrivato il 23 ottobre 2013. In quell’udienza il giudice per l’udienza preliminare Amelia Primavera aveva ratificato il patteggiamento a 20 mesi. Cuore del processo l’ipotizzato versamento dell’ex presidente del Consiglio di 3 milioni di euro a De Gregorio perché cambiasse schieramento e contribuisse a determinare la crisi del governo Prodi dopo le elezioni del 2006.

Gli avvocati di Berlusconi, Niccolò Ghedini e Michele Cerabona, hanno depositato al tribunale una missiva in cui l’ex presidente del Consiglio chiede di dichiarare insindacabili le condotte al centro del processo perché coperte da immunità parlamentare. Il 7 luglio ci saranno le arringhe degli avvocati del collegio difensivo, l’8 è prevista la sentenza. Date e tempi che, per il popolo dei berluscones, fanno pensare a un ennesimo processo a orologeria.

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