Le bandiere dell’ideologia garriscono a vento, ma si afflosciano su se stesse quando arriva la bonaccia. E’ quanto sta capitando al reddito e alla pensione di cittadinanza, che ha rappresentato una della battaglie identitarie del governo giallo-verde (decreto n.4/2019). Ormai vi sono valutazioni di questa esperienza che vengono condivise anche dai suoi sostenitori più accaniti.
E’ comune il giudizio sul fallimento di avvalersi dell’istituto come strumento insieme di lotta alla povertà e di politica attiva del lavoro. Se per quanto riguarda il primo aspetto si sono avuti esiti non trascurabili, soprattutto durante la crisi economica che ha seguito quella sanitaria; relativamente alle offerte di lavoro non c’è stata partita. L’ANPAL non ha toccato palla, perché è risultato evidente l’assurdità di dirigerla dal Mississippi. Purtroppo ne faranno le spese i navigator, il cui contratto scade a fine giugno e probabilmente non sarà rinnovato. Ma su di loro è finita per cadere – senza averne alcuna responsabilità – il fio di un’operazione assurda fin dall’inizio.
Le informazioni dell’ANPAL sulle caratteristiche dei soggetti indirizzati presso i CPI (in particolare su quelli che hanno stipulato un Patto per il lavoro e sul loro indice di occupabilità) evidenziano che alla data del 1° aprile 2021, a fronte di un milione e 656 mila soggetti convocati, poco più di 1 milione e 56 mila sono tenuti alla sottoscrizione del Patto per il lavoro. A fronte del quadro descritto, alla data del 10 febbraio 2021 erano poco oltre 152 mila le persone che hanno instaurato un rapporto di lavoro successivo alla data di presentazione della domanda.
Nel Rapporto sul coordinamento della finanza pubblica 2020, la Corte dei Conti ha compiuto delle considerazioni approfondite, molto utili per considerare l’andamento nei primi due anni ed individuare dove sono necessarie delle modifiche. I dati del monitoraggio di recente pubblicazione fotografano la situazione ad aprile 2021 e ne evidenziano i principali elementi sintetizzati: tra gennaio e marzo di quest’anno si riscontra un numero di nuclei beneficiari di quasi 1,5 milioni con circa 3 milioni e 400 mila persone coinvolte e con un beneficio medio mensile per nucleo pari a 553 euro.
Il Sud e le isole continuano ad incidere in misura maggioritaria sia in termini di nuclei che di persone coinvolte. Anche l’importo medio mensile per nucleo risulta d’altra parte un po’ più elevato: fatto 100 quello medio è pari a 106 quello nel Sud e a 86 quello nel Nord. Il numero inizialmente stimato di famiglie in povertà eleggibili per l’accesso al programma è stato superato nel mese di luglio 2020 (1,27 milioni di nuclei familiari), anche per effetto di un turnover fra i percettori non elevato quanto quello ipotizzato nella Relazione Tecnica al d.l. n. 4/2020 (superiore ad un terzo). Ma soprattutto, la dinamica mensile degli accessi al programma evidenzia chiaramente gli effetti dell’acuta crisi conseguente alla pandemia: dal mese di aprile 2020 il numero di nuove domande accolte si è mantenuto, in media, al di sopra delle 40 mila unità (in media +46 per cento rispetto al periodo precedente) mentre il numero di famiglie decadute dal Programma è risultato mediamente inferiore alle 10 mila unità.
Con riguardo ai dati del 2020, merita infine soffermarsi su alcune altre caratteristiche delle adesioni all’RdC che, come sottolineato, hanno rilievo nel valutare gli esiti di tale schema di lotta contro la povertà e che erano state riscontrate nelle informazioni di consuntivo sul primo anno di vigenza dello strumento in questione; in particolare, oltre al numero delle domande presentate, la numerosità del nucleo familiare, la sua composizione (presenza di minori, disabili, ecc), la nazionalità della sua persona di riferimento. I cittadini stranieri percettori di RdC/PdC sono il 14 per cento del totale.
La quota riferita ai soli cittadini extracomunitari è pari al 9 per cento. L’incidenza nel Centro-Nord è quattro volte superiore a quella del Mezzogiorno, in linea con la distribuzione delle forze lavoro straniere sul territorio. Fra i cittadini dell’UE prevalgono quelli di nazionalità rumena, concentrati nel Centro Italia e nelle Isole, mentre fra gli extracomunitari prevalgono quelli di nazionalità marocchina concentrati nel Nord. Le due predette nazionalità rappresentano il 40 per cento delle famiglie con stranieri.
I dati confermano la prevalenza delle famiglie con un solo componente (43 per cento) e di quelle con due componenti (19,3 per cento). Il peso delle famiglie costituite da una sola persona è peraltro aderente alla tendenza in atto nella composizione delle famiglie italiane rilevata dall’Istat. In questo gruppo di percettori, va segnalata la rilevante presenza di titolari di PdC (quasi l’80 per cento dei pensionati di cittadinanza appartiene ad un nucleo familiare con singolo componente), pari a un quarto del totale. Un altro dato di interesse è riferito alle famiglie con due componenti, nel cui ambito il 25 per cento è costituito da un adulto e un minore. Si è registrata, considerando il complesso delle tipologie familiari, una incidenza del 28 per cento dei nuclei familiari monogenitore (con componenti non necessariamente minorenni). Il dato è molto accentuato rispetto all’incidenza dei nuclei monogenitore sulla popolazione residente (11 per cento) il che indica una elevata sofferenza di questa particolare tipologia familiare.
I due terzi dei pensionati di cittadinanza sono donne; il 47 per cento ha più di 75 anni; circa il 20 per cento è in condizione di disabilità17 (fra i percettori di Reddito di cittadinanza la percentuale di disabili è invece del 3,6 per cento).
Per i beneficiari di PdC, si è detto che essi sono concentrati per quasi l’80 per cento nei nuclei con un solo componente. Si è visto che il beneficio medio si colloca intorno ai 253 euro, pari a meno della metà di quello mediamente percepito dai titolari di RdC (573 euro). Questo in ragione delle tutele già previse dal nostro sistema previdenziale e assistenziale nei confronti delle persone ultra67enni. Tali tutele (ad esempio: assegno sociale e maggiorazioni, integrazione al minimo delle pensioni) non hanno una modulazione in base al numero di componenti, in altri termini si tratta di contributi erogati in misura fissa in relazione al reddito familiare. La PdC, invece, garantisce un assegno assistenziale modulato anche in base al numero di componenti il nucleo o alla eventuale condizione di disabilità. Ad esempio, per famiglie composte da 2 persone che non pagano l’affitto, il beneficio arriva a garantire una disponibilità mensile di 882 euro, che possono arrivare a 1.092 euro in caso di pagamento di canone d’affitto. L’assegno sociale, nella sua misura massima, comprensiva di integrazione, e rapportato a 12 mensilità, vale invece 513 euro (720 dopo i 70 anni).