Gli aumenti dei prezzi delle materie prime e dell’energia che si registrano a livello internazionale possono avere ricadute, a livello nazionale, sulla spesa delle famiglie, soprattutto quelle con un basso reddito.
E’ vero che c’è una maggiore domanda di mercato perché con la pandemia – seppur non ancora sconfitta – che decresce c’è più possibilità di sviluppo economico, ma questi “sbalzi” molto importanti su prodotti come alluminio, ferro, legumi, soia, petrolio e gas, ma anche rame e carta, utilizzata per gli imballaggi dei cibi nel settore agroalimentare, hanno avuto come effetto incrementi sul mercato dell’energia e dei carburanti.
Un riflesso di questi, può essere l’aumento dei prezzi di beni di largo consumo, come il pane e la pasta. Sono i cibi maggiormente consumati da tutte le famiglie, soprattutto quelle meno abbienti. Il consumo medio annuale del primo è di 102 kg a famiglia e di 65 kg quello della seconda. L’incremento totale dei prezzi potrebbe raggiungere i 131 euro annui di spesa in più per questi prodotti, secondo calcoli sui costi di produzione.
Le istituzioni dovrebbero coordinarsi per frenare le speculazioni sul piano internazionale. A livello europeo inoltre si dovrebbe creare un’offerta di mercato più elevata, immettendo più prodotti energetici per far scendere i prezzi, mentre in Italia si dovrebbe intervenire – cosa che in parte è stata fatta – laddove c’è una ricaduta fiscale importante su prodotti che si acquistano. Una strada può essere l’azzeramento dell’Iva su prodotti come pane e pasta, per aiutare le famiglie, soprattutto quelle con un minor potere d’acquisto, a superare questo periodo.