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Aule chiuse e DAD: perché nulla è cambiato in un anno per le scuole

Passa un anno: aule chiuse e DAD a farla da padrone. Tutto previsto e ampiamente argomentato. Complice la variante inglese, si impenna la curva dei contagi: chiudono le scuole di ogni ordine e grado. Altro che atteggiamento collettivo corresponsabile e propositivo. O, almeno, così pare. La scuola, invece, deve ripartire, per tutti: non è stato il Covid a chiuderla, bensì i limiti atavici del nostro sistema scolastico: sovraffollamento delle aule, mezzi di trasporto insufficienti, carenza di organico, sovrautilizzo delle scuole statali, sottoutilizzo delle paritarie.

L’antidoto? Autonomia alla scuola statale, libertà alla scuola paritaria, censimento dei docenti. Insomma, intervenire sulle linee di finanziamento del sistema scolastico italiano.

Ad un anno esatto dal primo lockdwon sembra che nulla sia mutato: cambia il Governo, cambia il Ministro ma la soluzione sembra la medesima: la DAD che diventa la DDI. Almeno così titolano i giornali, paghi dello scoop. Eppure, le borse reggono, non crollano. Come mai? Cosa è cambiato? A ben guardare, è cambiato l’approccio ai problemi, il consenso sui social non conta più. Dobbiamo prendere atto di questo cambiamento radicale, guardare la realtà in modo nitido, non sfuocato. E così le borse che viaggiano secondo i criteri della competenza, della conoscenza e della credibilità si sono subito riallineate.

La reazione positiva delle borse non solo conferma l’inversione di marcia ma chiama all’appello i cittadini seri, che non remano contro o, peggio, fanno ostruzione.

Con questo atteggiamento differente è possibile approcciare la realtà, anche se sotto il peso dell’ennesima DAD, e ci si rende conto che sono stati compiuti, di fatto, passi concreti.

Innanzitutto si è introdotto un approccio sistemico: il Ministro Bianchi è da subito intervenuto interpellando il CTS e si è vista la conferenza Stato – Regioni prendere decisioni condivise. Un tavolo di concertazione di emergenza e quindi di scopo (di breve periodo). Non più l’approccio parziale che vive dell’immediato. Ora l’obiettivo è far ripartire la scuola del 2021/2022.

Allora occorre puntare a soluzioni graduali e definitive. Le aperture a singhiozzo, a macchia di leopardo, illusorie e deprimenti, non sono più possibili. I bambini e i ragazzi stanno cedendo. E con loro i genitori.

Un altro passo: il 10.03.2021 il Ministro ha firmato il decreto che definisce i criteri e i parametri per l’utilizzo dei 61.944.000 euro destinati all’ampliamento dell’offerta formativa, fondi che saranno utilizzati dalle scuole anche per mettere in campo azioni mirate in risposta alle criticità determinate dalla pandemia, soprattutto nelle aree maggiormente disagiate del Paese. Nel comunicato, breve ed efficace, se ne possono leggere gli obiettivi: contrasto delle povertà educative e della dispersione scolastica. E’ previsto altresì un Piano nazionale di ripresa e resilienza, per garantire “la massima inclusione e pari diritti alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi, indipendentemente dalle loro condizioni di partenza, così come prevede la nostra Costituzione”. Conseguentemente contrasto della dispersione scolastica, eliminazione dei divari territoriali, promozione dell’inclusione e delle pari opportunità saranno gli obiettivi da raggiungere grazie a 40 milioni di euro; altri 22 saranno dedicati a favorire il successo formativo, la piena partecipazione alla vita scolastica di studenti e famiglie, il contrasto del bullismo. Sarà per questo che le borse, nonostante tutto, reggono? Duc in altum!

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