L’attualità del metodo educativo di Maria Montessori

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Ricordare l’anniversario della nascita di Maria Montessori (nata il 31 agosto 1870) a pochi giorni dall’inizio del nuovo anno scolastico e dalla ripresa man mano delle diverse attività educative, non vuole essere qualcosa di scontato, bensì motivo per riflettere sull’attualità del suo metodo educativo. Brevi cenni biografici non basterebbero a raccontare la vita intensa e operosa di chi fu madre, scienziata, educatrice, scrittrice e tanto altro. Seguendo uno studio di Beatrice Di Filippo, pubblicato sulla rivista Note di Pastorale Giovanile, proviamo qui a tracciare i punti fondamentali della sua opera rivoluzionaria: “La prima importante eredità che dunque potremmo raccogliere da parte di questa educatrice è l’attenzione al soggetto. Maria Montessori, prima ancora di esprimere un giudizio o un metodo nei confronti dell’educazione dei fanciulli, studia scrupolosamente la natura e i comportamenti del bambino; da qui inizia la sua rivoluzione, a partire dall’ascolto e dall’osservazione combatte innanzitutto contro l’idea tradizionale di bambino, un’impostazione che aveva guidato e strutturato l’intera scuola italiana fin dalla sua nascita. È proprio nei confronti della scuola che la pedagogista scaglia le sue più aspre critiche, non però al mero scopo di distruggere il sistema scolastico, bensì al fine di riformarlo attraverso un nuovo metodo. Per la pedagogista è proprio la scuola il luogo in cui poter rintracciare sia il veleno, sia l’antidoto per l’educazione del bambino”.

Applicando il metodo scientifico sperimentale al mondo educativo, la Montessori punta sull’osservazione sia da parte del bambino che dell’educatore: “Attraverso l’osservazione il bambino ha la possibilità di mostrare, ‘insegnare’ all’educatore i suoi bisogni e le sue attrattive, i suoi timori e le sue fatiche (…). Attraverso l’osservazione l’educatore agisce in modo indiretto, divenendo il custode e il testimone di una crescita progressiva e spontanea. Al contrario, l’educatore che si prodighi fin dal principio nell’esporre regole o massime, rischia di bloccare lo sviluppo e la crescita naturale del bambino, non consentendone la sua espressione. Allo stesso modo, chiunque si sostituisca a lui nell’avventura della crescita è per lui pietra da inciampo”.

Posto al centro il soggetto e fatta la scelta dell’osservazione, un altro elemento determinante è l’ambiente educativo, lo spazio in cui bambini e educatori si trovano insieme ad interagire che può essere un limite o una risorsa: “Al di là delle sue peculiarità, l’ambiente montessoriano ci mostra quanto sia rilevante la cura e lo studio dell’ambiente educativo presentandosi come una sorta di laboratorio, di palestra su misura, in cui il bambino mette alla prova se stesso e sperimenta, attraverso tutte le sue dimensioni, una realtà che lo incuriosisce e che alimenta costantemente la sua sete di crescita. Se pensiamo ai nostri oratori e agli ambienti ecclesiali dedicati ai ragazzi a volte fatichiamo a pensarli come ‘spazi di libertà’: per mancanza di risorse e di possibilità assomigliano ad aule spoglie, senza alcuna attrattiva e la proposta montessoriana può apparirci lontana e irrealizzabile; ciò non esclude però, che questi ambienti possano diventare quella tela bianca, quel masso informe personalizzabile, un luogo da rendere abitabile direttamente dai ragazzi stessi. Lo ‘spazio vuoto’ diviene ‘spazio libero’ entro cui esercitare libertà, creatività e responsabilità”.

Da qui possiamo sintetizzare il ruolo dell’educatore e cioè in relazione alla richiesta del bambino “aiutami a fare da solo” che per Maria Montessori è forma e sostanza nell’opera educativa: “Il bambino, che per sua natura dipende dall’adulto, chiede aiuto per poter fare da sé portando alla luce il delicatissimo compito dell’educatore; l’adulto non è incaricato di intervenire in soccorso, di sopperire alle possibili mancanze o difficoltà che quel bambino avrà di fronte a un problema. All’adulto è chiesto di lavorare affinché il bambino sia sempre meno costretto a dover alzare quella fatidica bandiera bianca, che segna la rinuncia all’impresa per cui tanto si stava impegnando. Maria Montessori attraverso i suoi materiali di sviluppo ha cercato proprio di fare questo: realizzare oggetti, giochi, compiti che ponessero il bambino nelle condizioni di poter rilevare l’errore, autocorreggersi e arrivare al termine dell’esercizio con le sole sue forze”.

Sono passati 154 anni dalla nascita di questa “gigante” della pedagogia, ma fatichiamo ancora oggi a trovare nell’educazione l’equilibrio tra libertà e “fai quello che vuoi”, tra fiducia e eccesso di controllo, tra autonomia a rischio di qualche sbaglio e protezione in anticipo da ogni problema; per questo abbiamo bisogno delle sue parole: “È necessario che l’insegnante guidi il bambino, senza lasciargli sentire troppo la sua presenza, così che possa sempre essere pronto a fornire l’aiuto desiderato, ma senza mai essere l’ostacolo tra il bambino e la sua esperienza”.