In un mondo devastato da molteplici conflitti, il grande successo che sta ottenendo il film “Ophenheimer”, uscito nei principali schermi del mondo lo scorso 21 luglio, è sinonimo del fatto che, la ragionevole domanda del pubblico sul discorso delle armi atomiche e sulle strategie nucleari nonché delle relative paure e minacce, è stato intercettato correttamente. Questa grande visibilità, di conseguenza, è il frutto dell’incontro tra un pubblico preparato su questi argomenti, sia al livello emotivo che intellettivo, che cerca di interloquire con la storia di Ophenheimer al fine di capire in maniera più approfondita la realtà dell’atomica. Vi è quindi un grande movimento, non solo quello del cinema con la proposta di un colossal, ma anche quello delle persone che ricercano un confronto dialettico e impegnativo, finalizzato ad avere delle risposte serie su questi temi. Questo, a mio parere, è l’elemento più importante, perché consente di mettere a fuoco un problema di grande attualità con tutti i suoi possibili risvolti negativi, non solo materiali ma anche morali.
Noi di “Civiltà dell’Amore”, già prima dell’uscita del film in questione, eravamo preparati all’impatto pubblico che avrebbe potuto generare e, di conseguenza, davanti alle domande che avrebbero invaso la coscienza dei telespettatori, avevamo auspicato una diffusione della conoscenza in merito alla conversione delle armi nucleari per scopi di pace, al fine di diffondere un messaggio positivo riguardante la capacità dell’uomo di convertire in energia pacifica le bombe atomiche. Abbiamo voluto e vogliamo far vedere che, la terribile minaccia che i telespettatori hanno visto sullo schermo poteva avere una risposta positiva dalla conversione pacifica di queste tipologie di armamenti che, fortunatamente, si è affermata sempre di più nell’opinione pubblica.