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Archiviato quota 100 si torna alla Fornero: la riabilitazione di una normativa tanto bistrattata

Pare che il nuovo capitolo del tormentone delle pensioni abbia trovato un punto e a capo. Quota 100 – come previsto dal decreto n.4/2019 che aveva l’aveva disposta – è arrivata alla fine della sua non troppo edificante storia. Draghi lo aveva annunciato che non aveva mai condiviso questa misura e che era arrivato il momento di ritornare, sia pure gradualmente, alla “normalità’’ ovvero alla riforma Fornero. In fondo è quest’autorevole riabilitazione di una normativa tanto bistrattata la scolta più importante di questa fase.

La soluzione tecnica trovata (quota 102 ovvero 64 anni + 38 di versamenti a valere per il solo 2020) è un compromesso nel compromesso. Si era partiti, infatti, all’interno della maggioranza, per ridisegnare tutto il percorso che, a parità (38 anni) di contributi, doveva portare senza traumi eccessivi l’età di pensionamento inclusa in quota 100 (62 anni) a 67 anni previsti per la pensione di vecchiaia; poi ci si è accontentati di un primo passo destinato a durare quanto il governo e la legislatura (non è detto che le due scadenze coincidano). Del resto in tempi come gli attuali è già tanto sapere che cosa succederà il prossimo anno nella vita di ciascuno di noi, anche se è legittima la preoccupazione di quanti, ormai vicini al traguardo, si vedono cambiare tanto di frequente le ‘’regole di ingaggio’’ per ottenere una pensione che di per sé è (o almeno si crede che lo sia) una condizione di relativa sicurezza.

La soluzione trovata – si dovrà capire meglio che cosa significa e a che cosa serve il fondo previsto per le PMI – non dovrebbe scontentare nessuno. Innanzi tutto il governo riesce ad evitare uno degli ostacoli più pericolosi piazzato sul suo cammino. Sulle pensioni non è la prima volta che i governi cadono o traballano, perché è un argomento facile da strumentalizzare, soprattutto dopo che da anni se ne sono impossessati i peggiori lestofanti e demagoghi, con il sostanziale appoggio dei talk show disposti ad avvelenare i pozzi del vivere civile pur di dare una notizia sfiziosa. Il governo ha mantenuto la promessa di archiviare quota 100 alla scadenza prevista e – come dicevo prima – ha ridato legittimità alla riforma Fornero, rassicurando così la Ue e i mercati finanziari; i pentastellati sono diventati rigorosi per loro conto e hanno dimenticato di aver votato questa norma. Matteo Salvini ne ha dette di tutti i colori in difesa della misura-beniamina della Lega: ha minacciato barricate, il blocco del traffico nelle autostrade, poi ha deciso di trattare. Potrà usare la tattica che ha adottato da quando fa parte della maggioranza: quella di anticipare le sconfitte che subisce come se fossero sue vittorie.

Su quota 102 dirà che ha impedito al governo di riorganizzare nell’ambito dello scalone la riforma Fornero, salvo che per un solo anno. Poi, quando si andrà a votare e il centro destra vincerà il nuovo governo abolirà la “legge Fornero” senza fare prigionieri. I soli interlocutori rimasti appesi alle loro proposte sono rimasti i sindacati. Con il suo comportamento durante l’ultimo incontro (Mario Draghi si è alzato e se ne è andato) il premier ha voluto ribadire che non ha tempo da perdere ad ascoltare proposte fuori della storia. Vogliono scioperare? L’Italia è un Paese libero. Devono essere i lavoratori a domandarsi se fa i loro interessi un sindacato che balbetta sul green pass e si occupa solo di pensioni.

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