Da qualche anno a questa parte, la pubblicazione dei dati Istat sulla natalità in Italia è occasione di dibattito e riflessione sul terrificante crollo delle nascite. Occasione tanto fugace quanto inutile: al prossimo studio rispolvereremo l'ormai oliato repertorio per l'autocommiserazione collettiva dell'epoca di internet, che è breve, estesa e indolore. E andrà avanti così ad ogni pubblicazione, finché gli effetti di questo tragico fenomeno che è la denatalità non saranno tanto incisivi da scoraggiare ormai tardive riflessioni o finché non arriveranno robuste politiche strutturali in favore della famiglia.
Ma quest'ultima ipotesi è davvero possibile? Domenica scorsa ci sono stati i primi eventi dal palco in vista delle prossime elezioni politiche di Pd e Forza Italia. Ebbene, a Milano un Berlusconi dall’estro sempreverde ha promesso una ridda di oboli, soprattutto ai pensionati, e persino la detassazione dei cibi per cani (sic!). Non c’è traccia di una strategia programmatica per il futuro del Paese, ma solo elargizioni (per ora a parole) per conquistare voti. Del resto, il Cav ha guardato bene a chi rivolgere le sue promesse: ai pensionati (l’Italia è un Paese di anziani) e ai proprietari di animali domestici (ormai in numero maggiore dei genitori). Nient’altro che un serbatoio di voti.
Alla Leopolda, invece? Qui un riferimento alle “famiglie con figli” da parte di Renzi è stato fatto, che ha anche avuto il lume di riconoscere che “senza figli non c’è futuro”. Parole decenti, ma i fatti degli ultimi governi Pd lasciano poche speranze. Tante energie sono state investite per le unioni civili, mentre alle famiglie è arrivata qualche elemosina riservata esclusivamente, per altro, ai nuclei con bassi redditi. E questa inezia si appresta ora a rimpicciolirsi ulteriormente con la riduzione del bonus bebè. Le parole decenti non bastano.
E il M5S? Sul blog di Grillo è apparso martedì, a commento dei dati Istat, un articolo che promette, laddove i pentastellati andassero al governo, di replicare le “buone pratiche” pro-famiglia della Francia. Ma basta dare uno sguardo alle amministrazioni cinquestelle per sgonfiare gli entusiasmi: a Torino, la sindaca Appendino ha cambiato nome all’assessorato alla Famiglia, declinando il termine al plurale (Famiglie) per includere anche quelle non composte da un uomo e una donna aperti alla vita. A Roma, la sua collega Raggi ha costretto le famiglie a dare priorità, nella scelta degli asili nido, alle strutture pubbliche, assestando così una pesante spallata alla libertà di scelta educativa, che è uno dei pilastri su cui si regge l’istituzione familiare.
E allora? E allora c’è bisogno di un cambio di prospettiva. Ma serio. C’è bisogno di governanti che abbiano amor patrio, più che amor del consenso elettorale prossimo o sudditanza verso influenti lobby portatrici di ideologie alla moda. C’è bisogno di qualche politico italiano che somigli a quelli che governano in Polonia e in Ungheria. Il Paese magiaro negli ultimi anni ha innescato un mix di misure culturali ed economiche per rilanciare il tasso di fecondità.
E i risultati si vedono: in due anni sono aumentati del 10% i matrimoni e sono diminuiti i divorzi, in cinque anni sono calati del 23% gli aborti, più bambini sono nati nel 2014 che nei cinque anni precedenti. E nella Polonia del recente spot governativo che invita ad assumere uno stile di vita sano per prevenire l'infecondità? Qui è stato varato un anno fa un progetto che dà 500 zloty (circa 120 euro) al mese fino ai diciotto anni per ogni figlio, a partire dal secondo nato. Nel caso di figli disabili, o di condizioni economiche particolarmente disagiate, la somma viene elargita fin dal primogenito. E anche qui i risultati ci sono: nel 2016 si sono registrate 16mila nascita in più rispetto all’anno precedente.
La strada è tracciata, su un solco scavato con l'aratro della tradizione: basta trovare una classe politica che abbia il coraggio di seguirla. Il resto sono chiacchiere, mero interesse elettorale immediato e sottomissione a ideologie sterili e consumiste: tutti fattori che porteranno al suicidio demografico dell’Italia.