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Alitalia: quante occasioni perse

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Con la compagnia scandinava low cost Norwegian sarà possibile da Roma Fiumicino, raggiungere l’aeroporto newyorkese di Newark e quelli di Los Angeles e di San Francisco, con non più di 200 euro, tasse aeroportuali comprese. La compagnia che gestirà il servizio di volo è già conosciuta come un’azienda solida; trasporta decine di milioni di viaggiatori.

In effetti fa impressione per i contemporanei sapere che un “viaggio” nel nuovo mondo, possa costare cosi poco. Per i nostri nonni che sono emigrati negli States in epoche remote, sembrerebbe impensabile. Per sostenere il loro viaggio, dovevano possedere beni considerevoli, per ricavare dalla loro vendita una somma sufficiente per l’indispensabile e costosissimo biglietto di viaggio. Quindi davvero una rivoluzione dai costi stracciati nei voli intercontinentali, che coinvolgerà un numero sempre maggiore di turisti verso l’America del nord.

Lo choc però sarà anche per i dipendenti dell’Alitalia, e non sarà positivo. Dopo essere stati bruciati dall’inaspettato crollo – appena dopo 3 anni – della nuova Alitalia ricostruita con gli arabi, si preannuncia una via crucis ancora più dolorosa per una presenza così destabilizzante che stringerà ancora più gli spazi dell’ex vettore di bandiera che oggi non è né low cost, né compagnia di eccellenza. Ora c’è da chiedersi cosa abbiano da dire le varie dirigenze Alitalia che hanno rovinato nel tempo la nostra compagnia. Cosa hanno da raccontarci i vari ministri dei trasporti e dell’economia che hanno avuto la supervisione sul trasporto più strategico per i nostri commerci e turismo, salvo scaricare sui lavoratori responsabilità e costi dei loro fallimenti con l’aiuto dei media. Avranno pensato ad assumere il personale clientelarmente, a gestire le commesse a prescindere dal mercato, a far atterrare i velivoli nell’aeroporto più vicino alla propria residenza caricando i costi in più sul bilancio in rosso. A queste cose ci hanno pensato si! Poi hanno svenduto tratte intercontinentali a compagnie concorrenti e magari non si sono occupati dell’handling (i servizi a terra), che come si sa, non hanno pari per disservizi a partire dal ritiro bagagli. Non si sono certamente occupati del servizio che in tutti gli altri Paesi si da per scontato: il collegamento in alta velocità delle ferrovie direttamente con gli aeroporti, per una interconnessione funzionale a trasporti veloci ed efficienti.

Quando ci si è preoccupati del low cost lo si è fatto dando sovvenzioni a quella o a quell’altra compagnia (non c’è in europa un solo paese che regala soldi così), senza un disegno nazionale ed integrato. Del volo di qualità non ci si è occupati, nonostante il considerevole spazio commerciale di un Paese, il nostro, che ha un bacino di traffico tra i primi al mondo, grazie a beni monumentali e culturali, alle bellezze paesaggistiche, al made in Italy, ai tanti emigranti recenti e di origine remota italiana, e per il fatto che Roma è il centro del cattolicesimo.

Si sentono ancora gli eco di coloro che propagandavano il no al referendum Alitalia per l’approvazione dell’accordo sottoscritto, ma vincolato al voto dei lavoratori, con la argomentazione che era bene che saltasse la società, giacché ci avrebbe subito pensato il governo a ripristinare una compagnia a proprietà pubblica. Erano fuori del mondo. Il voto come ha respinto l’accordo con circa il 70 % di no, moltiplicando per 100 i problemi preesistenti. C’è ancora in Italia chi pensa che si possa vivere al di fuori di ciò che accade nel mondo, e questo avviene davvero anche per tante altre attività che si vogliono mantenere come sono sempre state, al di fuori della competizione.

I cambiamenti non sono negativi, ma alla condizione che si sia capaci di avere la stessa velocità di ciò che muta. La notizia dei voli per gli States è buona per i consumatori, ma purtroppo non lo è per i lavoratori Alitalia. Questa vicenda ben racconta tanti altri guai che stiamo vivendo in altri settori, che continueranno a procurarci malanni, almeno fino a quando smetteremo di pensare che possiamo fare a meno di ciò che accade nel mondo.

Raffaele Bonanni: