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Afghanistan: tante domande, poche risposte

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L’Afghanistan versa in una preoccupante situazione a causa della rapida e inesorabile avanzata dei talebani che, al contrario delle previsioni che parlavano prima di un anno poi di sei mesi e infine di un mese, nel giro di pochissimi giorni sono riusciti a conquistare la capitale Kabul. Evidentemente, i vertici politico-militari americani non avevano il polso della situazione, hanno diffuso notizie che poi si sono rivelate molto poco fondate.

Principalmente mi ha stupito questo errore temporale macroscopico; la fuga all’estero del presidente afghano Ghani – si è giustificando dicendo che lo faceva per evitare un bagno di sangue -; le forze afghane si sono sciolte come neve al sole a dimostrazione del fallimento dell’azione di addestramento, che tra le altre cose è costata una marea di soldi, tempo e ha prodotto perdite in termini di vite umane. Oltre a questo, fa impressione, vedere la moltitudine di persone che sono in fuga, un’immagine che fa male al cuore. Le domande sono tante e l’unica risposta possibile è che si tratta di un fallimento su tutta la linea, motivato soprattutto da un fattore che non viene sufficientemente sottolineato: l’opinione americana non vede di buon occhio questo ruolo delle truppe statunitensi e, a cominciare da Obama, ha avuto inizio questo ritiro progressivo che ha coinvolto il Medio Oriente, con esiti catastrofici.

La rapidità di questa avanzata talebana, avvenuta senza l’esplosione di molti colpi di arma da fuoco, può significare essenzialmente due cose: o la popolazione era terrorizzata e non ha opposto resistenza, o c’era una parte di essa che tutto sommato non era così ostile al ritorno dei talebani. Forse entrambe. E’ chiaro che si apre una voragine in cui bisogna prestare la massima attenzione non solo alle sorti della popolazione afghana, ma anche agli equilibri geopolitici: l’Occidente fugge, si ritira, fanno a pugni per salire sugli aerei, mandando un messaggio ai talebani che sembra non andare nella direzione della collaborazione. Quando qualcuno ti gira la schiena e scappa, non si può avere molta fiducia sulle sue intenzioni di collaborare.

Anche il governo afghano non ha dato di dimostrazione di riuscire a reggere il Paese. L’immagine della fuga di Ghani, ventiquattro ore prima dell’ingresso a Kabul dei talebani, dà la dimensione di quello che sta accadendo. Se il capo supremo fugge, come fa a restare in piedi l’esercito? In tutto questo, mettiamoci un clima di corruzione, imbrogli, voluttà di creare una democrazia confondendola con delle elezioni. Formare una democrazia è un processo che deve però essere legato alla volontà di un intero Paese. Il mondo occidentale che si ritiene sbandieratore della sua democrazia, ha pensato che questa modalità era esportabile anche se i valori, le tradizioni, erano diversi. Ci sono delle diversità dei valori che vanno rispettate, ma è chiaro che se si verificano violenze sessuali sulle donne, abusi e violazioni dei diritti, nessun Paese civile può accettarli.

Lo scenario che i talebani stanno annunciando è di stabilizzazione e di pacificazione del Paese: hanno dichiarato di non voler commettere violenze, omicidi a sangue freddo, di volere la pace. C’è da crederci? La storia suggerisce di no, ma in questo momento, i talebani sono la forza dominante del Paese. L’Occidente fugge, la Russia resta, la Cina guarda con molta attenzione. L’Afghanistan è un perno su cui si reggono il Medio e l’estremo Oriente. Mentre trattavano in Qatar, i talebani hanno conquistato l’Afghanistan… Però, nel corso degli anni, potrebbero essere cresciuti, aver compreso che determinati estremismi non sono accettabili e che quindi cerchino di impostare un governo islamico che abbia dei limiti in termini di violenza e con più attenzione ai diritti umani. Ma sono davvero preoccupato: qual è quel comandante che annuncia prima la sua strategia, sia che si tratti di azioni militari o di pacificazione?

Quello che però mi fa più impressione sono gli inviati che da Istanbul raccontano di Kabul. E’ come parlare di Roma stando a Stoccolma. Bisogna stare attenti ed evitare le facili strumentalizzazioni, i commentatori devono fare i commentatori. Molti di quelli che stanno parlando ora, non sono sul posto. Della fuga di Ghani non ha parlato nessuno fino a poche ore fa. Quando è partito? E’ una domanda che dobbiamo farci, perché probabilmente in molti sapevano. Immaginate un Paese che viene assediato e il presidente fugge. Sono atti di vigliaccheria che costano in termini di credibilità. Se i talebani sono rimasti quelli che abbiamo conosciuto, l’Afghanistan si prepara a un periodo terribile.

Armando Sanguini: