Passate ormai alcune settimane dal 27 gennaio, Giorno della memoria della indicibile vicenda dello sterminio degli Ebrei da parte dei nazisti, ragionare attorno alle memorie ci porta ad alcune date di febbraio che testimoniano di una memoria totalmente rimossa nella storia e nell’immaginario del nostro paese, ovvero i crimini di guerra commessi dagli italiani durante le guerre coloniali in Africa prima, e durante il secondo conflitto mondiale nei Balcani, poi. Vicende che l’intero arco politico italiano, per ragioni diverse e spesso contrapposte, ha contribuito negli anni a nascondere. Pagine taciute, nonostante si sia sviluppata negli anni Duemila un’importante ricerca storica in materia e relativa saggistica (circa 130 contributi tra volumi e articoli), e assenti dalla narrazione sia mediatica che scolastica che è ancora ferma nell’immaginario al “nazi infame” (si veda F. Focardi, Il cattivo tedesco e il bravo italiano. La rimozione delle colpe della Seconda guerra mondiale, Laterza, 2016) e agli “italiani brava gente” dell’omonimo film del 1964.
Ma lasciamo alle parole di uno degli storici italiani più titolati in materia, Filippo Focardi, di inquadrare sommariamente il tema e di declinarne i numeri: “La storiografia ha ormai delineato con sufficiente chiarezza caratteristiche, meccanismi e responsabilità della ‘mancata Norimberga italiana’, espressione con cui si intende la mancanza di una punizione nei confronti dei militari e civili italiani responsabili di crimini di guerra durante il secondo conflitto mondiale. Nei paesi occupati nei Balcani, in Jugoslavia e in Grecia, e ancor prima in Etiopia, le forze militari e di polizia italiane si resero responsabili di crimini di guerra non dissimili per tipologia da quelli commessi dalle truppe naziste: torture e violenze, bombardamenti e incendi di villaggi con uccisione anche di donne e bambini, esecuzione indiscriminata di partigiani, prelevamento e uccisione di ostaggi per rappresaglia, deportazione di migliaia di civili in campi di concentramento. Al pari della Germania e del Giappone, anche l’Italia fu chiamata a rendere conto dei crimini commessi. In base prima all’articolo 29 del ‘lungo armistizio’, poi all’articolo 45 del Trattato di pace, l’Italia avrebbe dovuto consegnare i presunti responsabili alle nazioni aggredite che ne avessero chiesto l’estradizione, a cominciare dalla Jugoslavia, che aveva subito i delitti più numerosi e gravi. Furono circa 750 i criminali di guerra richiesti da Belgrado alla Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra o direttamente al governo di Roma, circa 180 quelli richiesti dalla Grecia, 140 dall’Albania, 30 dalla Francia, 12 dall’Unione Sovietica, 10 dall’Etiopia (che infine limitò le proprie pretese a Badoglio e a Graziani). A questi si aggiunsero circa 800 militari italiani ricercati dagli inglesi e dagli americani per crimini commessi contro prigionieri di guerra alleati. Solo una parte di questi ultimi fu portata in giudizio (con alcune condanne a morte eseguite). Nessuno invece fu giudicato per i crimini commessi nei paesi occupati ai danni dei civili, salvo una manciata di casi relativi a pochi malcapitati arrestati sul posto dopo l’8 settembre. L’Italia, a differenza dei suoi alleati del Patto Tripartito, riuscì a eludere qualsiasi giudizio e a garantire l’impunità pressoché totale ai suoi criminali di guerra” (F. Focardi, I crimini impuniti dei «bravi italiani», in Contemporanea, n. 2, aprile 2005, pp. 329-335).
Ancora ci sarebbe da considerare il numero delle vittime di questi crimini, dirette e indirette, composte da civili, militari, resistenti, date le molte variabili da considerare e la mancanza di fonti certe relativamente ad alcuni paesi, oltre alle scontate dinamiche di sovrastima e sottostima da una parte e dall’altra. Focardi nello stesso articolo sopra citato riporta le seguenti cifre: Libia (1911-1943) 100mila, Etiopia (1935-1941) 400mila, Grecia (assieme ai tedeschi) 100mila, Jugoslavia 250mila (cifra ritenuta sovradimensionata). Scarse le informazioni relative ai crimini commessi durante le invasioni italiane di Russia e Francia. Ma veniamo alle date e a quanto accadde un’ottantina di anni orsono in questi giorni di febbraio.
16 febbraio 1943
Ottantadue anni fa avveniva la strage di Domenikon, un paesino della Grecia, in cui vennero uccisi circa 150 civili come reazione e rappresaglia ad un’azione partigiana avvenuta nelle zone circostanti il villaggio. Alla strage di Domenikon seguirono nelle settimane successive altre stragi a Tsaritsani, Domokos, Farsala, Oxinià.
La vicenda è narrata nel bel volume di Vittorio Sinapi, “Domenikon 1943” (Mursia, 2021). Per approfondire il tema della occupazione italiana della Grecia si legga ancora Paolo Fonzi, “Fame di guerra. L’occupazione italiana della Grecia (1941-43)” (Carocci, Roma, 2019). Domenikon è inoltre l’unica strage di civili rispetto alla quale si abbia notizia di una iniziativa di “scuse” italiana avvenuta nel 2009 con la partecipazione dell’ambasciatore italiano alle commemorazioni che là si svolgono annualmente.
Tra le produzioni cine televisive segnaliamo i documentari “La Guerra Sporca di Mussolini”, una produzione Sizzera/Italia/Grecia, dedicato alla strage di Domenikon, e Facist legacy, dedicato più ampiamente ai crimini di guerra italiani, prodotto dalla BBC e di cui esiste una versione italiana curata per la RAI dal regista ferrarese Massimo Sani . Entrambi i documentari non sono mai stati trasmessi dalla RAI, esempio di un “ostracismo di stato” come il divieto di trasmettere in pubblico il film “Il leone del deserto” durato quasi 50 anni (kolossal dedicato alla resistenza libica con Anthony Quinn, Rod Steiger, Irene Papas, Oliver Reed).
Sulla occupazione italiana in Grecia interessante è anche il film “Le soldatesse” di Valerio Zurlini del 1965 e la tesi di laurea di Yannich Aiani “Rimozione e falsi miti: il rapporto tra cinema italiano e crimini di guerra in Grecia”.
19, 20, 21 febbraio 1937
In quei giorni, all’indomani di un fallito attentato al Vicerè italiano di Etiopia Rodolfo Graziani, da parte della resistenza etiope, parte la caccia indiscriminata italiana all’etiope nella città di Addis Abeba. Esercito e camicie nere, ma anche singoli cittadini italiani, uccidono indiscriminatamente tutti quelli che incontrano per strada. Le cifre della carneficina variano a seconda delle fonti; 30mila morti per gli etiopi, da 3mila a 6mila per gli storici italiani, circa 20mila per lo storico inglese Ian Campbell che ha pubblicato lo studio più recente e articolato sul massacro “Il massacro di Addis Abeba. Una vergogna italiana, (Rizzoli, 2018). Su Youtube si trova anche un’ intervista all’autore all’interno di un documentario.
Alla strage di Addis Abeba fece seguito alcuni mesi più tardi un ulteriore massacro presso il Monastero di Debre Libanos dove gli italiani ritenevano si rifugiassero, protetti dalla Chiesa cristiana copta d’Etiopia, gli attentatori. Circa 2mila tra monaci copti e pellegrini furono fucilati dall’esercito italiano.
Tra i saggi, oltre a quello di Campbell, segnaliamo quello di Paolo Borruso, Debre Libanos. Il più grave crimine di guerra italiano (Laterza, 2020), Michele Strazza “Le colpe nascoste. I crimini di guerra italiani in Africa” (Saecula, 2013) e i due volumi di Angelo Del Boca “Italiani brava gente” (Neri Pozza, 2005) e “Le guerre coloniali del fascismo” (Laterza, 1991).
Tra le produzioni cinetelevisive segnaliamo anche il bel docufilm “Debre Libanos” prodotto dalla televisione della CEI TV2000. Segnaliamo anche una recente graphic novel in materia, di Emanuela Giacopetti, “Il massacro di Addis Abeba” (Federazione delle resistenze, 2024).
Per documentarsi
Tutto il materiale video (film, documentari e reportage) segnalato è disponibile su Youtube. Tutti i libri segnalati sono disponibili nelle biblioteche pubbliche e in quelle degli istituti storici. Per verificarne la disponibilità si può consultare il sito del Sistema bibliotecario nazionale. Per un quadro più generale sui crimini di guerra italiani rimandiamo ad un sito specifico in materia, criminidiguerra.it, curato da Roberto Masciadri e per il quale chi scrive cura la parte di biblio/filmo/sitografia che viene aggiornata periodicamente. Ad oggi comprende circa 300 documenti, in grandissima parte reperibili in rete, tra libri, articoli da riviste, film e documentari, documenti di organismi internazionali, materiale fotografico e altra documentazione.