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Progetto accoglienza OPBG: oltre 100.000 notti per famiglie in difficoltà

La dottoressa Lucia Celesti del Servizio Accoglienza dell'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù descrive a Interris.it la centralità dell'accoglienza come parte attiva del percorso di cura, specialmente durante le festività natalizie

Le festività, da sempre sinonimo di famiglia e condivisione, rappresentano un periodo particolarmente delicato per chi si trova ad affrontare la malattia di un figlio in ospedale. Per i piccoli pazienti e le loro famiglie, la lontananza da casa e dalle tradizioni si somma al peso di una condizione già difficile. Tuttavia, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù (OPBG) – grazie a uno staff preparato e motivato – riesce a trasformare anche i momenti più complessi in un’occasione per ricreare quel calore familiare tanto necessario. In questa intervista a Interris.it, la dottoressa Lucia Celesti, responsabile dell’URP e del Servizio Accoglienza OPBG, ci racconta come il grande policlinico della Santa Sede vive il periodo festivo con iniziative che uniscono accoglienza, solidarietà e speranza, garantendo alle famiglie un supporto concreto e umano.

L’intervista alla dottoressa Lucia Celesti (OPBG)

Come affronta l’ospedale la vita delle famiglie e dei pazienti ricoverati durante il periodo delle feste, che può risultare particolarmente difficile per loro?

“Il nostro ospedale, pur essendo il più grande policlinico d’Europa, conserva un clima molto familiare. Abbiamo sempre attive numerose iniziative di accoglienza, come offrire alloggio gratuito alle famiglie bisognose, grazie a case messe a disposizione da volontari o finanziate dall’ospedale. Inoltre, forniamo il supporto di educatori professionali che lavorano con i bambini, sia per attività ludiche sia per l’elaborazione dei traumi. Offriamo anche mediatori culturali per i pazienti stranieri. Durante il periodo natalizio, questi servizi non solo rimangono attivi, ma vengono spesso potenziati. Ad esempio, i bambini possono partecipare ad attività in ludoteca o accogliere educatori direttamente nei reparti. Organizziamo anche eventi speciali: qualche giorno fa, 5 tecnici del Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (CNSAS) del Lazio si sono vestiti da Babbo Natale e si sono calati dal tetto del Padiglione Giovanni Paolo II per regalare una mattinata di gioia ai bambini ricoverati in Ospedale. Rendendo l’atmosfera davvero festosa!”.

Progetto accoglienza. Foto: Opbg

Parliamo della campagna di raccolta fondi per il progetto accoglienza. Qual è il suo obiettivo?

“Il progetto accoglienza riguarda principalmente l’ospitalità gratuita alle famiglie in difficoltà. Grazie a questo progetto, ogni anno riusciamo a mettere a disposizione circa 200 stanze e ad accogliere gratuitamente oltre 3.000 famiglie, per un totale di più di 100.000 notti. È un impegno significativo, soprattutto durante le feste, perché garantire una casa e un ambiente accogliente permette alle famiglie di affrontare meglio le difficoltà del ricovero. Non si tratta di un servizio obbligatorio, e pochissimi ospedali possono vantare numeri simili. L’obiettivo della raccolta fondi è sostenere queste case e garantire che le famiglie possano concentrarsi esclusivamente sulla salute dei propri bambini, senza preoccuparsi di questioni logistiche o burocratiche”.

Quanto è importante per i bambini ricoverati avere accanto i propri genitori e vivere un’atmosfera familiare, anche nel rapporto con il personale medico?

“È fondamentale. L’accoglienza non è solo una questione umana, ma un elemento centrale del percorso di cura. Per esempio, offrire un tetto sopra la testa ai genitori permette loro di dedicarsi completamente al figlio malato. La nostra filosofia è chiara: tu occupati di tuo figlio, a tutto il resto pensiamo noi. Questo approccio non solo aiuta le famiglie a sentirsi accolte, ma crea un ambiente che favorisce la serenità e, di conseguenza, il processo di guarigione. Chiediamo quindi il supporto di tutti per continuare a far sì che anche la malattia possa diventare un percorso affrontabile, con la speranza di una risoluzione positiva, non solo dal punto di vista clinico, ma anche umano”.

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