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Piromania: cause, caratteristiche e contorti risvolti sociali

Foto di Paul Bulai su Unsplash

La scorsa estate, in Italia, la grave piaga degli incendi, pur rimanendo rilevante, ha conosciuto un leggero rallentamento, grazie a strategie di prevenzione, controllo e contrasto. È opportuno trarre un bilancio, con analisi e numeri, a distanza di mesi, con il giusto distacco emotivo e temporale. Il riferimento è ai fuochi innescati dall’essere umano e non dovuti a un imprevisto (a esempio, quello che, di recente, ha sconvolto la contea di Los Angeles).

Al centro di tutto, vi è l’elemento “fuoco” che, in termini di progresso e di evoluzione, dovrebbe rappresentare esclusivamente un mezzo e un ausilio per la società, non un nemico sempre vivo e pronto a innescarsi, per motivi accidentali o per opera umana, soprattutto in un mondo che, a livello normativo e pratico, con obblighi, divieti, prescrizioni e precauzioni, dovrebbe aver regolato i conti. Cosa spinge il soggetto, criminale, ad appiccare il fuoco e quale perverso piacere prova nell’imporre distruzione e morte? Alla base, vi è un gravissimo atteggiamento asociale e antisociale. La prevenzione deve agire anche su queste prime avvisaglie.

Il DSM-V, Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, lo inserisce nell’ambito del “deficit nel controllo degli impulsi”. Lo definisce “Appiccamento deliberato e intenzionale del fuoco in più di un’occasione. Tensione o eccitazione emotiva prima dell’atto. L’individuo è affascinato, interessato, incuriosito o attratto dal fuoco e dai suoi contesti situazionali (per es., attrezzatura, usi, conseguenze)”.

L’ICD, la “classificazione internazionale delle malattie”, aggiornata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, considera la piromania fra i “Disturbi della personalità e del comportamento nell’adulto” e, nello specifico, “Disturbi delle abitudini e degli impulsi” (classe F63.1).

Durante l’Udienza Generale del 29 agosto 2007, Papa Benedetto XVI affermò “Mi riferisco ai disastrosi incendi in Grecia, in Italia e in altre Nazioni europee. Davanti a così drammatiche emergenze, che hanno causato numerose vittime e ingenti danni materiali, non si può non essere preoccupati per l’irresponsabile comportamento di taluni che mettono a rischio l’incolumità delle persone e distruggono il patrimonio ambientale, bene prezioso dell’intera umanità. Mi unisco a quanti giustamente stigmatizzano tali azioni criminose e invito tutti a pregare per le vittime di queste tragedie”.

Gli psichiatri Luigi Janiri, Paolo Cianconi, Batul Hanife, il fisico e antropologo Francesco Grillo, sono gli autori del volume “Cambiamento climatico e salute mentale” (sottotitolo “Dall’ecologia della mente alla mente ecologica”), pubblicato da “Raffaello Cortina Editore” nell’ottobre 2023. Parte dell’estratto recita “Il cambiamento climatico nel nostro pianeta non sta solo modificando l’ambiente a breve e a lungo termine. Sta anche generando gravi problemi di salute mentale che dipendono dai contesti, dalla vulnerabilità dei gruppi e del singolo, e dall’impatto di tale cambiamento sulle diverse realtà territoriali. Il clima influenza profondamente la società e l’economia, e le crisi globali rappresentano una minaccia per il benessere psichico”.

Ambientenonsolo.com, al link https://ambientenonsolo.com/circa-40mila-ettari-di-territorio-bruciati-in-italia-e-378mila-in-europa-nel-2024-con-lemissione-di-800mila-tonnellate-di-pm25/#:~:text=La%20stagione%20estiva%202024%20in%20Italia,il%202006%20ed%20il%202023, il 26 novembre scorso riportava i dati della piattaforma ENFIS (European Forest Fire Information System). Fra questi, si leggeva “Nella stagione estiva 2024 in Italia secondo i dati EFFIS, è stato un anno meno negativo rispetto ai quattro precedenti; sono stati bruciati circa 40mila ettari di territorio rispetto a una media di circa 57mila ettari di quanto bruciato fra il 2006 ed il 2023. Il numero di incendi, 381, è stato maggiore rispetto al dato medio 2006-2023, di 290 incendi annui. Nel corso degli incendi vengono immessi in atmosfera vari inquinanti che sono quantitativamente stimati da EFFIS, a esempio nel 2024 in Italia risultano diffuse 8mila tonnellate di polveri sottili (PM2,5), 3mila di ossidi di azoto (NOx) e 659 tonnellate di Black Carbon”. La ricerca offriva anche delle informazioni riguardanti le varie nazioni europee: i 40mila ettari dell’Italia (0,13% del territorio nazionale) si eguagliano con quelli della Grecia (0,31% del totale) e sono superati da Spagna (42mila e 0,08%), dalla Bulgaria (44mila e 0,4%) e dal martoriato Portogallo (143mila e 1,56%).

L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) ricorda che “In Italia le cause naturali sono stimate essere causa del 2% di tutti gli incendi e il resto dei casi sono riconducibili a origine antropica”. Le sanzioni previste sono pesanti, a normare la materia vi sono il DL n. 120 dell’8 settembre 2021 e l’articolo 423 bis (Incendio boschivo) del Codice Penale.

La condizione psicopatologica del piromane lo distingue dall’incendiario. A volte, infatti, si genera confusione nell’utilizzo dei termini per i responsabili di questi atti criminali: il piromane propriamente definito non agisce per rivendicazioni ideologiche, vendetta, vandalismo, ritorsione, occultamento o diretta convenienza. In tal caso, si delinea il profilo dell’incendiario. Occorre tener conto, inoltre, di un’altra figura che, nei tempi recenti, si è imposta: quella dell’ecoterrorista. Condotte antisociali e distruttive, per patologie mentali a cui si abbinano comportamenti incendiari per vendetta e vandalismo testano il livello di civiltà di una comunità.

Alcuni incendi, inoltre, avvengono per incuria, quando il comportamento umano, colposo, è superficiale e va oltre le intenzioni; in questa tipologia rientrano i piccoli fuochi, nei propri campi, per bruciare sterpaglie, da parte dei contadini o il gettare un mozzicone di sigaretta ancora acceso. Pur contrassegnata da egoismo e indifferenza nei confronti dell’altro, questa fattispecie non si fonda su perversioni mentali o atteggiamenti di rappresaglia.

La situazione complessa in cui si trova l’intero pianeta è che, in linea con quanto affermato da molti esperti (non tutti), siano aumentate le condizioni climatiche in cui possa innescarsi accidentalmente un incendio; a queste si aggiungono le azioni deliberate di alcuni soggetti e il risultato è un bilancio gravissimo in termini di ambiente, vite umane, danni, inquinamento, degrado, costi, ecc.

Questi individui approfittano di situazioni ambientali critiche e, di conseguenza, a loro favorevoli, a esempio distese aride di vegetazione, a secco di acqua, sferzate da vento deciso. Altra particolarità del fenomeno è che si tratta, in genere, di un reato che rimane ignoto, in cui l’autore del gesto sconsiderato risulta anonimo.

L’aspetto patologico, per cui la ricerca non ha pronunciato risultanze definitive ed esaustive, si lega a cure farmacologiche e a percorsi di psicoterapia. La particolarità del piromane, tuttavia, è da rimarcare: il soggetto, infatti, spesso non comprende il suo disturbo, non lo soffre e non chiede aiuto (anche per evidenti ragioni di anonimato) agli specialisti. La sua condizione, quindi, tende a rimanere stabile o, addirittura, a peggiorare.

L’impulso ad appiccare incendi si fonda sull’ossessione per il fuoco, le fiamme e nel sadico piacere di rilevarne le conseguenze. Si tratta di patologica modalità di manifestazione del proprio quadro emotivo e delle pulsioni, legate a stress, aggressività, insoddisfazione, incomunicabilità, distorsioni sessuali, esperienze traumatiche. Provocare incendi per il gusto di veder soffrire persone, animali e ambiente non ha alcuna giustificazione. È opportuno domandarsi e capire perché, oltre alle cause oggetto di studio in ambito fisico e psichico, si aggiungano devianze di natura sociale, in un alterato rapporto con il prossimo.

Marco Managò: