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Pasini (CNR): “Eventi estremi come a Valencia in aumento, anche in Italia”

Credit: UFFICIO IMAGOECONOMICA

Oltre 220 vittime, circa 80 dispersi e danni per decine di milioni di euro: questo il bilancio del violento nubifragio che ha devastato la provincia di Valencia lo scorso 29 ottobre, e che, probabilmente, continuerà a salire. Questi dati testimoniano la gravità dell’evento, che ha sollevato importanti interrogativi sulle cause scientifiche alla base di tali inondazioni devastanti e sul ruolo del cambiamento climatico. In un’intervista esclusiva per Interris.it, il fisico del clima del CNR Antonello Pasini spiega le dinamiche meteorologiche che hanno scatenato il fenomeno e avverte che eventi simili potrebbero verificarsi anche in Italia, indicando i principali rischi e proponendo misure concrete per ridurre l’impatto di queste calamità sul nostro territorio.

ANTONELLO PASINI CLIMATOLOGO E FISICO DEL CNR. CREDIT: SERGIO OLIVERIO

L’intervista ad Antonello Pasini (CNR)

Da un punto di vista climatologico, cosa è successo a Valencia?

“Il fenomeno meteorologico è molto chiaro: una massa d’aria fredda (in gergo, una ‘goccia fredda’) si è ‘sganciata’ dal flusso delle correnti atmosferiche delle medio-alte latitudini, che vanno da ovest a est, ed è scesa a latitudini più basse, spostandosi molto lentamente. Dal punto di vista climatico non è un evento inusuale. Oggi si sta discutendo se possa essere più frequente in futuro per via di un più limitato confinamento di aria fredda sul Polo Nord, a causa della fusione dei ghiacci artici, ma non possiamo ancora dirlo con sicurezza. Il problema è che alle nostre latitudini ciò che crea precipitazioni, anche violente, sono i contrasti di masse d’aria diverse, come in questo caso in cui una massa d’aria fredda si è scontrata con aria più calda e umida preesistente in loco”.

E’ stato un evento eccezionale per intensità o era già accaduto in passato?

“Fenomeni meteorologici di questo tipo sono già accaduti in passato, solo che in questo caso recente il contrasto di masse d’aria diverse è stato amplificato dal passaggio di aria sull’entroterra marocchino e sul Mediterraneo occidentale, molto caldo a causa del riscaldamento globale di origine antropica, che con i forti anticicloni africani ha surriscaldato enormemente il Mare nostrum. Il mare ha quindi fornito un’enorme quantità di vapore acqueo ed energia all’atmosfera, che non ha potuto far altro che scaricarla violentemente sui territori valenciani. L’intensità del fenomeno è quindi stata del tutto eccezionale”.

Quanto l’evento spagnolo è dipeso direttamente o indirettamente dai cambiamenti climatici?

“Se dal punto di vista meteorologico si tratta di un fenomeno ben noto, da quello climatico la sua violenza è molto indicativa del fatto che le condizioni climatiche stanno cambiando, con più energia in gioco a causa del surriscaldamento del pianeta dovuto soprattutto alle emissioni di anidride carbonica da parte delle nostre combustioni fossili. Quindi, se non siamo certi che il cambiamento climatico influisca sulla frequenza di questi fenomeni, ci sono però chiare evidenze che la loro intensità e violenza stia diventando sempre più forte a causa della nostra continua perturbazione al clima del pianeta”.

L’Italia rischia precipitazioni record come in Spagna?

“Se il fenomeno della goccia fredda avviene con una particolare frequenza sull’Atlantico, non è però inusuale neanche sul continente europeo. Tanto è vero che fenomeni di questo tipo sono avvenuti in passato e capita che una massa d’aria fredda si stacchi poi sul Mediterraneo. Del resto, tutte le alluvioni che abbiamo subito recentemente in Italia vedono un forte contrasto di masse d’aria di tipo diverso, alimentate da un Mediterraneo fortemente surriscaldato. Per cui sì, possiamo aspettarci ancora fenomeni violenti nei prossimi anni sulla nostra Italia, con una intensità che potrebbe ulteriormente aumentare”.

C’è un messaggio finale che vorrebbe condividere?

“Sì, volentieri. Poiché non torneremo indietro con la temperatura, ma potremo solo fermarne l’aumento, fenomeni di questo tipo ce li ritroveremo anche in futuro e dunque a questi dobbiamo adattare le nostre città e i nostri territori. Tutto ciò con misure il più possibile basate sulla natura, che cioè non abbiano la presunzione di poter regimentare rigidamente le acque in una situazione di clima mutato, ma che armonizzino la nostra presenza sul territorio con più verde, meno cemento, dando la possibilità ai fiumi di esondare dove fanno meno danno. Allo stesso tempo, però, dobbiamo evitare di arrivare a scenari climatici estremi in cui non saremmo più in grado di difenderci in questo modo. E questo lo si fa con la mitigazione, cioè diminuendo drasticamente le emissioni di anidride carbonica dalle nostre combustioni fossili in primis, ma anche bloccando la deforestazione e andando verso un’agricoltura più sostenibile”.

Milena Castigli: