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“Paripasso”, l’educazione che dà forza alle comunità

L'intervista di Interris.it a Dafne Guida, presidente della Cooperativa Stripes, capofila del progetto "Paripasso"

In Italia, secondo gli ultimi dati disponibili, quasi 1 milione e 400 mila minori vivono in povertà assoluta e altri 2,2 milioni sono in povertà relativa la quale, in molti casi, sfocia in quella che, comunemente, viene definita “povertà educativa”, ovvero quella condizione di privazione della possibilità di apprendere, sperimentare, sviluppare e far fiorire liberamente capacità, talenti e aspirazioni di bambini, bambine e adolescenti.

L’esempio di “Paripasso”

Il contrasto alla povertà educativa, in diverse città d’Italia, grazie al progetto “Paripasso”, finanziato dall’impresa sociale “Con i Bambini”, sta procedendo attraverso la costruzione di diversi “Hub”, ovvero spazi leggeri per accogliere i minori e le loro famiglie. Interris.it, in merito a questa esperienza, ha intervistato Dafne Guida, presidente della Cooperativa Stripes, capofila del progetto.

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Foto di Gerd Altmann da Pixabay

L’intervista

Dott.ssa Guida, come nasce e che obiettivi ha il progetto ‘Paripasso’ nella nuova annualità?

“‘Paripasso – per crescere insieme’ è un progetto finanziato dall’impresa sociale ‘Con i bambini’, ha valenza nazionale e, la cooperativa ‘Stripes’, ha l’onore di esserne il capofila. In particolare, le attività proposte, si concretizzano in più territori, come ad esempio l’Alta Val Trompia, Bari, Castelvolturno, Desio e Roma. L’idea di fondo e la creazione di hub sociale ad alta densità educativa, accessibili a tutti e connessi ad una rete di servizi. In questa fase, gli hub, sono ormai partiti tutti e, la fase di preparazione del territorio e della comunità educante, è attiva. Attualmente stiamo lavorando a stretto contatto con alcuni partner del progetto, come ad esempio il Politecnico di Milano, con cui stiamo operando per la realizzazione di spazi con caratteristiche precise, sulla base dell’insegnamento del pedagogista Loris Malaguzzi, il quale sosteneva che, l’arredo dei contesti educativi, era una sorta di ‘terzo educatore’ e, di conseguenza, gli stessi, costituiscono una parte importante del processo educativo. Pertanto, è stato fatto un importante lavoro di co design, in un contesto cittadino ma in luoghi abitati dal mondo del volontariato, dalle famiglie e dal Terzo Settore, creando una vera e propria comunità educante e costruendo cultura. Così facendo, l’educazione, diventa una vera e propria responsabilità condivisa, trovando dei luoghi di confronto.”

Come si sta connotando il vostro impegno per intercettare i nuclei familiari con bambini che vivono in condizioni di vulnerabilità e povertà educativa?

“L’opera di individuazione avviene attraverso una connessione importante con i diversi servizi del territorio. Ciò ci permette di fare una mappatura e di essere sempre aggiornati in riguardo ai bisogni emersi e coinvolgendo così le famiglie che, per alcune caratteristiche, rientrano nel nostro target. In questi luoghi non vige lo stigma ma, al contrario, sono aperti a tutti e creano occasioni di incontro per le famiglie. In Italia, purtroppo, i numeri della povertà educativa sono impressionanti e, l’ultima relazione di Save the Children, ci parla di molte famiglie che vivono sulla soglia di povertà e, la prima cosa a cui rinunciano, sono le attività ludiche. Questa invece, da parte nostra, è un’attività che vorremmo sempre garantire ai bambini. A tal proposito, il metodo di ingaggio è duplice: da una parte c’è la spontaneità degli accessi e, dall’altra, la cura delle connessioni.”

Foto di Artem Kniaz su Unsplash

Quali sono i vostri desideri per il futuro in riguardo lo sviluppo delle vostre attività?

“Nelle nostre città, essere bambini ed essere genitori, non è facile. I bambini italiani, purtroppo, sono tra i più poveri d’Europa e c’è un tristissimo trend di denatalità. Auspichiamo quindi un lavoro di sensibilizzazione capillare della società civile e della comunità educante, attraverso la costruzione di patti educativi di corresponsabilità, investendo, ad esempio, su alcuni luoghi a cui restituire vita con delle attività mirate di rigenerazione urbana e aggregativa, per occuparsi nella maniera migliore del fenomeno della povertà educativa e dare spazio ai desideri di tutte le comunità.”

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