“Siamo chiamati a svolgere un ruolo difficile ma necessario: guardare in faccia la realtà, molto amara, e ricercare la giustizia, affrontando le diseguaglianze e le ingiustizie che fanno soffrire l’umanità”. Dopo che l’anno appena passato ha registrato il numero più alto di conflitti armati dalla Seconda guerra mondiale e con un debito globale assai pesante, all’alba del 2025 il presidente della Fondazione PerugiAssisi per la cultura della pace Flavio Lotti chiama a muovere i primi passi sulla rotta tracciata da papa Francesco nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace. Lo spirito del Giubileo induca a un cambiamento culturale che ribalti il punto di vista su chi sono oggi i creditori e i debitori nel mondo, chiede il Santo Padre. Il Nord del pianeta “rimetta” i debiti del Sud e saldi invece il proprio debito ecologico, lo sfruttamento delle risorse altrui per alimentare il proprio sviluppo. Così, nel riconoscimento reciproco, si potrà raggiungere insieme la meta della pace.
Economia della fraternità
I più poveri “pagano” di più, per com’è disegnato il meccanismo finanziario globale. Nel 2023 il debito del mondo intero ha stabilito la cifra di record di 97mila miliardi di dollari, circa un terzo (29 miliardi) è sulle spalle dei Paesi in via di sviluppo, scrive il rapporto delle Nazioni unite “Un mondo di debito”. Ma in poco più di un decennio è cresciuto più velocemente rispetto alle economie avanzate e gli interessi netti pagati sul debito sono saliti del 26% dal 2021, per un ammontare totale di 847 miliardi di dollari. L’effetto è l’erosione degli investimenti in welfare e nelle misure per il contrasto al cambiamento climatico proprio dove le diseguaglianze mordono di più, a scapito di 3,3 miliardi di persone. “Abbiamo devastato la maggior parte delle risorse e il 40% dell’umanità vive in estrema miseria, anche subendo i drammatici effetti del cambiamento climatico, come la desertificazione”, commenta Lotti, “il pontefice ci ricorda il debito ecologico che abbiamo nei loro confronti e ci propone un’economia della fraternità”.
Domanda di pace
Le tessere del mosaico della “terza guerra mondiale a pezzi” sono sempre più e maggiormente sparpagliate. Cinquantasei conflitti nel mondo nel 2024 secondo l’Indice globale della pace e, nota l’Istituto di Stoccolma per le ricerche sulla pace, nel 2023, una spesa militare da record (2.400) insieme all’aumento del 4,2% dei ricavi per le cento maggiori aziende nel settore della vendita di armi e servizi militari. “Abbiamo perso la capacità di lavorare per la pace, che richiede l’impegno continuo di diplomazie, governi, uomini e donne di buona volontà”, constata l’organizzatore della Marcia per la pace, “le guerre si espandono e rischiano di arrivare anche da noi”. Ma la possibilità di salvare noi stessi e gli altri c’è. “Diamo voce alla domanda di pace che sale da chi vive nelle aree di conflitto, impariamo a prenderci cura gli uni degli altri per costruire un’umanità migliore”, spiega Lotti.
Guerra strada perdente
“Si abbia l’audacia di aprire la porta al negoziato e a gesti di dialogo e d’incontro, per arrivare a una pace giusta e duratura”. Lo ha detto il Papa nel Messaggio Urbi et Orbi del 25 dicembre scorso, riferendosi alla guerra in Ucraina scoppiata nel febbraio 2022. Parole che arrivano pochi giorni dopo le affermazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky sull’impossibilità di riprendere Donbass e Crimea e sull’affidamento alle pressioni diplomatiche internazionali per portare il suo omologo russo Vladimir Putin al tavolo delle trattative. “L’Ucraina è distrutta e ci vorranno decenni per ricostruirla. Non è la guerra lo strumento adatto a difendere un Paese, bensì il negoziato”, dichiara Lotti, “la nostra responsabilità è stata quella di non aver fatto tutto il possibile per impedire che dal 2014 la situazione si espandesse”. “Oggi gli ucraini devono riprendere a trattare con i russi non perché ci sia una visione di pace, ma alla luce del cambio di amministrazione a Washington”, continua il vertice del movimento pacifista, “non abbiamo leader politici capaci di fare la pace, ma le armi non ci garantiranno un futuro sicuro”. Per poi concludere: “La strada della guerra è perdente per tutti, vale per l’Ucraina come per Israele”.