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“La scuola che vorrei”: gli studenti aprono il loro cuore

Scuola religione

Foto di Sam Balye su Unsplash

Quando si parla di scuola, in televisione o nei dibattiti pubblici, coloro che intervengono di solito sono gli adulti: docenti, dirigenti, esperti, genitori. Gli studenti, come spesso accade in classe, subiscono e basta, per lo più esprimendo le proprie idee sui social network. Nella Giornata Internazionale degli Studenti desideriamo ascoltare dalla viva voce degli studenti qual è la scuola che vorrebbero e che senso ha per loro studiare passando diverse ore sui libri.

Serena: «La scuola che vorrei? Bella domanda! A scuola mi trovo bene, mi sento realmente a casa con i compagni affettuosi e professori-amici. Però non ho più la voglia di studiare e di approfondire che avevo un paio di anni fa. Mi sento come se tutto dipendesse da un 6 o da un 8, so che non deve essere così ma, a furia di sentirmelo ripetere, mi sto convincendo che sia giusto».

Mario: «La scuola per me è come un carcere in cui trascorro gran parte della mia giovinezza; i professori sono delle guardie con poteri speciali, dai quali non si può scappare e che sottopongono a “lavori forzati” che loro chiamano “studio” dicendoti che è per il tuo futuro».

Carlo: «Vorrei…ma non so neanche io cosa. Vorrei che i proff. dessero meno compiti così potrei anche fare approfondimenti personali. Vorrei spiegazioni non noiose, poiché ormai rischio di farci l’abitudine e non mi appassiono più. Vorrei essere lodato ogni tanto e non solo rimproverato, sono infatti quasi al punto di scoraggiarmi e di non aver più voglia di studiare».

Laura: «Ciò che mi spinge ad alzarmi ogni mattina per andare a scuola sono gli obiettivi da raggiungere per il mio futuro e per questo ho bisogno di un “pezzo di carta”. Con questo non voglio dire che studiare sia tutto un peso, poiché mi sono accorta di quanto a scuola si possa formare un pensiero sulle cose e crescere. Ecco, dunque, a cosa servono tutte quelle nozioni: a non dare nulla per scontato e soprattutto a pensare, pensare, pensare».

Silvia: «Tornare a scuola dalle vacanze è davvero difficile, però una volta che metti i piedi in classe e ritrovi i tuoi compagni, tutto cambia. Posso dire che sto bene e avere delle vere amicizie rende più bello il modo di affrontare le giornate; da sola non ce la farei».

Paolo: «La scuola dovrebbe essere vissuta al meglio visto che occupa gran parte del nostro tempo e nelle 5 ore bisognerebbe già poter approfondire gli argomenti. I compagni – come si dice – ti capitano, ma non certo nel modo in cui ti capita una disgrazia! Non sono tutti amici, quelli te li scegli, ma stare con persone diverse, nuove, magari con poca compatibilità di carattere, ti fa capire che non esiste soltanto la cerchia degli amici e si possono vedere le cose in una prospettiva nuova».

Sara: «È stupido o forse insensato aspettarsi che la scuola sia un divertimento. Secondo me la scuola, creata per “accendere” le menti, per motivare, per liberare il pensiero, è invece causa di noia e svogliatezza. Non credo che ciò accada per mancanza di intelligenza, ma per mancanza di curiosità e di stimoli forti. Per mia fortuna ho accanto persone che la voglia di sapere me la fanno ritornare nei momenti più difficili».

Giorgio: «Quando mi addormento durante una spiegazione noiosa, mi capita di immaginare una scuola senza alcuna valutazione numerica, basata solo sulla sete di conoscenza e la voglia di sapere; poi il Prof. mi sveglia con un volto “un po’ arrabbiato” e capisco che i sogni restano sogni, dunque posso solo darmi da fare e sperare che finisca presto».

Giuseppe: «La scuola che frequento ha sempre un’aria monotona e noiosa: la mattina si entra nelle classi camminando nei corridoi come se dovessimo andare verso l’Inferno! Le giornate sono tutte uguali e ogni ora è scandita da un orologio che sembra fermarsi quando si svolgono le materie che più odiamo. Uffa! Quando pensiamo alla scuola non dovremmo stancarci al solo pensiero, ma dovremmo essere entusiasti di imparare cose nuove».

Serena: «La scuola? Proprio oggi la vedo come un foglio bianco, scarno, vuoto. Mi sento bloccata senza poter dire o fare ciò che desidero, sempre nei limiti naturalmente. Vorrei tanto esprimermi almeno in classe per come sono realmente, senza essere giudicata, presa in giro e buttata in un angolo. Sto qui dentro come con una maschera e un bavaglio che, più passano i giorni più mi soffoca, sopprimendo la persona che sono».

Claudia: «…è impossibile da realizzare. Solitamente non sono così pessimista e alla fine nello studio me la cavo, però mi piacerebbe una scuola dove non si imparano le materie e basta, ma a vivere! Cambierei la mentalità legata solo ai voti, cambierei la fretta di certi proff.: “Dobbiamo fare un numero X di interrogazioni, veloci, sbrighiamoci, non c’è tempo”. E così dicendo tutti i giorni non c’è mai il tempo per fermarsi e riflettere, per parlare di altri argomenti che ci serviranno per la vita».

Luca: «Io ho già la scuola che vorrei, perché non sono i professori, il preside o i programmi a crearla, ma io stesso. La scuola sono io perché essa prende valore a seconda di come la affronto. Capiterà sempre di incontrare insegnanti svogliati, noiosi, privi di inventiva o di qualunque sentimento, questo però non cambia la passione che metterò in ogni cosa. Qualcuno mi dice che sono strano quando faccio questi ragionamenti. Forse sì oppure sono cresciuto!».

Marco Pappalardo: