Il labirinto è un patrimonio, fisico e teoretico, diffuso in tutto il pianeta e in ogni epoca, utilizzato per rappresentare il viaggio umano verso i propri fini esistenziali. Ha interessato scrittori, filosofi, storici e ha coinvolto ogni comunità, ha assunto aspetti diversi, sia nell’ambientazione, sia nella struttura fisica e nelle dimensioni. Nel mondo contemporaneo non ha molta visibilità e attenzione mediatica, eppure il fascino, l’enorme significatività e simbologia che lo rappresentano, non andrebbero sottovalutate bensì esaltate e valorizzate. L’Italia ne conta circa 100, presenti in ogni Regione; la maggior parte è costituita da piante e siepi.
Il labirinto più grande del Belpaese e, secondo il sito istituzionale del parco (https://www.labirintodifrancomariaricci.it/), del mondo, è il Labirinto della Masone, a Fontanellato (PR), composto da sole piante di bambù “In totale sono circa 300 mila alte tra i 30 centimetri e i 15 metri e appartenenti a venti specie diverse”.
Per comprendere l’ordine di grandezza dei labirinti, vi è un censimento, visibile al link https://www.idealista.it/news/vacanze/mete-turistiche/2024/05/30/181312-i-labirinti-piu-grandi-e-incredibili-del-mondo, operato da idealista.it. Fra i più grandi al mondo, si cita il “Labirinto della Patagonia […] inaugurato nel 1996 […] conta una superficie di oltre 8.000 mq di siepi”. Vi è, poi in Sudafrica “Il Redberry Farm Maze” è uno dei labirinti più complessi al mondo, con centinaia di percorsi e vicoli ciechi dove è molto facile perdersi. È stato aperto al pubblico nel 2013 e conta quasi 30.000 piante”. Particolarmente significativa è la genesi del Labirinto della pace nel Nord dell’Irlanda “La rete di viali è composta da 6.000 alberi di tasso e ha una superficie totale di 11.000 m2, una lunghezza della siepe di oltre 3.550 metri e una lunghezza del percorso di 3.147 metri. Questo labirinto si distingue anche per essere un monumento alla pace che pose fine alla guerra in Irlanda del Nord. Il labirinto si risolve attraversando le due estremità e raggiungendo l’uscita situata al centro, che simboleggia l’incontro delle parti coinvolte nel conflitto irlandese”.
Uno dei significati più alti è quello di “ritrovare” la via della pace, del dialogo, persa in precedenza. L’augurio è che tale metafora sia sempre più diffusa e consapevole, a costituire un esempio, un emblema per ricordare i valori più importanti.
D’Annunzio, nel romanzo “Il fuoco”, descrive, in modo nobile, il labirinto di Villa Pisani “Un cancello di ferro rugginoso lo chiudeva, tra due pilastri che portavano due Amori cavalcanti delfini di pietra. Non si scorgeva di là dal cancello se non il principio di un tràmite e una sorta di selva intricata e dura, un’apparenza misteriosa e folta. […] Ma l’abbandono e l’età l’avevano inselvatichito, intristito; gli avevano tolto ogni aspetto di leggiadria e di eguaglianza; l’avevano mutato in una chiusa macchia tra bruna e giallastra, piena di ambagi inestricabili, ove i raggi obliqui del tramonto rosseggiavano così che i cespi qua e là vi parevano roghi che bruciassero senza fumo”.
Tali dedali rappresentano un altro motivo di bellezza del suolo italiano, poco conosciuti e frequentati. È importante, quindi, saperli valorizzare e promuovere per favorire il turismo. Costituiscono un tesoro anche dal punto di vista storico, culturale e di curiosità collegate.
Ritrovarsi circondati da siepi curate e quasi infinite, rappresenta un’immersione nella natura, in un verde apparentemente ingannatore che si dipana, misteriosamente, per vicoli e cunicoli. Sono autentiche opere d’arte, dalle forme simmetriche, studiate, arricchite di tesori e, spesso, costituite dalle piante più adatte all’ambiente circostante, nel pieno rispetto dell’ecosistema.
Nel messaggio agli artisti, dell’8 dicembre 1965 (chiusura del Concilio Vaticano II), San Paolo VI precisò “Questo mondo nel quale viviamo ha bisogno di bellezza per non sprofondare nella disperazione. La bellezza, come la verità, è ciò che infonde gioia al cuore degli uomini, è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre mani…”.
Ettore Selli, ingegnere ambientale, è l’autore del volume “Labirinti italiani” (sottotitolo “Arte, storia, paesaggio e architettura nei misteriosi dedali della penisola”), pubblicato da “Edizioni Pendragon” nel novembre 2022. Parte dell’estratto recita “Vengono presentati qui oltre cento labirinti, suddivisi per Regione: tutti quelli attualmente esistenti in Italia, per la maggior parte vegetali, ma anche di altri materiali. Le accurate descrizioni che li illustrano ne commentano la genesi, il tracciato e il luogo in cui sorgono, con riferimenti all’arte, alla letteratura e alla botanica”.
Il più antico riferimento è quello, nella mitologia greca, del palazzo di Cnosso, a Creta, in cui Teseo sconfigge il Minotauro (lì rinchiuso dal re Minosse), figura di metà uomo (corpo) e metà toro (testa, coda, zoccoli), ritrovando l’uscita grazie al “filo” di Arianna. Vincere il Minotauro è un’allegoria che richiama la possibilità, per l’individuo, di sconfiggere le tentazioni e il male, ritrovando se stesso.
L’approssimarsi a un dedalo sviluppa le capacità cognitive e di orientamento. Il labirinto è anche uno strumento utile per allenare la mente, attraverso dei giochi specifici, riguardo alle capacità di posizione e direzione, creatività e abilità in senso spaziale. Interessa, in particolare, i bambini ma è valido per ogni età. Altro tropo è quello di rappresentante il cervello umano nelle sue innumerevoli sfaccettature: un mosaico mentale in cui confluiscono moltitudini di pensieri, a cavallo fra decisioni e indecisioni, paure e sfide, crescita e stasi.
L’umiltà di affrontare un viaggio conoscitivo esperienziale e di non aver raggiunto i risultati sperati, pur essendo pronti a ripartire, è espresso dalle parole di Socrate (attraverso il dialogo platonico “Eutidemo” che traccia proprio la natura multiforme, articolata e circolare del dialogo) “Credevamo sempre di riuscire subito a afferrare ognuna delle scienze, ma esse ci sfuggivano sempre. Perché raccontarti a lungo? Giunti all’arte di regnare ed esaminandola a fondo, per vedere se fosse quella a offrire e a produrre la felicità, caduti allora come in un labirinto, mentre credevamo di essere ormai alla fine, risultò che eravamo ritornati come all’inizio della ricerca e avevamo bisogno della stessa cosa che ci occorreva quando avevamo incominciato a cercare”.
Si tratta di un percorso nell’esistenza, in cui la soluzione è affidata all’intelligenza e alla speranza, all’intelletto e alla fede. La valenza simbolica è molto articolata: rappresenta la sfida quotidiana e di un’intera vita alla ricerca di un obiettivo ben preciso; a volte la retta via sembra dispersa, altre volte subentra una forza fisica e spirituale che si attiene al messaggio salvifico e permette di avvicinarsi alla salvezza.
La sfida non è semplice: il mondo è di ardua e varia complessità, un ginepraio sia nella cellula familiare sia nei vari grovigli della socialità. Rappresenta un banco di prova continuo, nel quale confrontarsi con gli innumerevoli stimoli provenienti dall’interno e dall’esterno. Solo confrontando e rispettando gli illimitati punti di vista, ascoltando l’alterità senza giudicarla, sono possibili una crescita spirituale e una pacificazione generale.
“Si sente nell’intimo quella che è la chiamata personale dell’uomo. E l’uomo deve dar gloria a Dio Creatore e Redentore; deve, in qualche modo, diventare voce di tutto il creato per dire in suo nome: ‘Magnificat’”. Queste le parole di San Giovanni Paolo II (29 ottobre 1978).
Nei momenti più difficili della vita si avverte la condizione della confusione, del garbuglio, senza strade e soluzioni, in cui ogni spiraglio è, di fatto, un vicolo cieco. Da queste situazioni complesse deve, tuttavia, partire una fiduciosa ripresa che possa predisporre l’individuo a spogliarsi di presunzione e di onnipotenza, per ricevere un aiuto e intravedere il percorso giusto.
Il labirinto è una scelta e reca, con sé, tutti i significati che ne derivano: il coraggio o la paura di affrontare un’esperienza, la consapevolezza di optare per il bene o il male (con le relative conseguenze), di ripensare il proprio cammino, pentirsi e abbracciare un nuovo se stesso. Aumenta il valore e il peso di una scelta ragionata nonché il saper accettare quella errata e ripartire. Simboleggia, anche a livello terminologico, una situazione di confusione e di deriva; in quest’ultima, tuttavia, l’individuo ricerca la via risolutiva, oscillando tra gli estremi della perdizione e della redenzione.
Diverse strade, differenti modi di procedere, contraddizioni e soluzioni intime, cadute e risalite, accelerazioni e ripartenze: questo è il cammino dell’essere umano che si eleva e, dopo tanto peregrinare, trova la “porta stretta”, come “via d’uscita” o, più propriamente, di entrata.