L’“Hangxiety”, che unisce i termini inglesi, ormai diffusi ovunque di “hangover” (postumi della sbornia) e “anxiety” (ansia), rappresenta l’angoscia crescente, pian piano che l’ubriacatura si esaurisce, per aver proferito parole inopportune o aver osservato un comportamento disdicevole. Hangover intende il malessere che si prova a seguito di abuso di droghe, alcol e psicofarmaci, deriva da “to hang over” (incombere). Il fastidio è sintetizzato da “sono in hangover”, una locuzione sempre più diffusa.
L’alcol, sostanza psicoattiva, influisce sulla condizione psicofisica del soggetto, alterando stati d’animo, percezioni sensoriali e funzionalità organiche. Altri effetti sono di tipo depressivo e di difficoltà nella concentrazione. La spiegazione chimica all’hangxiety: con il bere aumentano l’acido gamma-aminobutirrico (GABA, neurotrasmettitore che riduce stress e attività nervosa) e il glutammato (neurotrasmettitore eccitatorio); dopo la sbornia diminuiscono i loro effetti.
Tale ansia dovrebbe costituire un deterrente per evitare di ripetere l’abuso di alcol: la persona si rende conto di aver esagerato, impara la lezione e si regolerà in successive occasioni. La diffusione del fenomeno non sembra confermare tale saggia tendenza: si preferisce, comunque, arrivare alla sbornia, poi si vedrà, effetti negativi compresi. Tanto più che, nel web (e non solo) sono disponibili degli integratori, pubblicizzati proprio per lenire o eliminare gli effetti psicofisici susseguenti all’ubriacatura. Il messaggio, quindi, non è più quello di evitare abusi ma di concederseli, se ciò dovesse arrecare felicità, giacché esiste il rimedio, sia all’ansia, sia ai sensi di colpa, sia agli effetti fisici.
Esistono anche dei cerotti che garantiscono un’azione preventiva, per contenere gli effetti della sbornia e una successiva per tornare, quanto prima, sobri. Per i prodotti in commercio, i venditori consigliano di premunirsi e di portarli al seguito nelle serate di festa, così da potersi divertire senza remore. Lo “sballo”, l’esigenza di godersi una festa al 100% senza risparmiarsi, appagare i sensi senza freni, pena il rimorso e la bollatura sociale, sono gli aspetti classici che tentano il bevitore. Nessuna criminalizzazione dell’alcol: un utilizzo moderato di vino o altri alcolici non è negativo, anzi, può offrire effetti benefici al corpo.
Nel Messaggio del Santo Padre ai partecipanti al 60° Congresso Internazionale dei tossicologi forensi, del 26 agosto scorso, Papa Francesco sottolineava “L’adolescenza e l’età giovanile, come sappiamo, costituiscono fasi particolarmente delicate nella vita di ogni persona, caratterizzate da notevoli mutamenti a livello fisico, emotivo e sociale. A ciò si aggiunge il fatto che le nostre attuali società sono per diversi aspetti fragili e segnate da una insicurezza di fondo. Si può essere allora trascinati nella ricerca compulsiva di nuove esperienze per la necessità di misurarsi con l’inedito, per il desiderio di esplorare l’ignoto, ma anche per tacitare la paura di sentirsi esclusi e il bisogno di socializzare con i coetanei. Si tratta di fattori altamente rischiosi, che possono indurre i giovani a scelte e comportamenti pericolosi, come l’uso di sostanze psicoattive e all’abuso di alcool”.
Fabio Caputo, professore associato di gastroenterologia, è l’autore del volume “Le patologie alcol-correlate” (sottotitolo “Epidemiologia, diagnosi, trattamento”), edito da “Publiedit” lo scorso 30 settembre. Parte dell’estratto recita “Il consumo di alcol è un problema di rilevanza crescente. L’alcol è associato a numerose malattie gravi e croniche, oltre a pesanti ricadute di natura sociale e sui famigliari coinvolti. Questo Manuale tratta in modo approfondito il fenomeno del consumo di alcol, offrendo una prospettiva multidisciplinare che lo rende accessibile a diverse aree di studio, proponendo un approccio innovativo all’argomento riuscendo ad analizzare e chiarire gli aspetti clinici, patologici, e terapeutici, rendendoli accessibili a diverse discipline e fornendo, al contempo, dati e studi recenti”.
L’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato, al link https://www.epicentro.iss.it/alcol/relazione-parlamento-2023, i risultati della Relazione annuale sul consumo di bevande alcoliche nel nostro Paese, trasmessa al Parlamento il 18 luglio 2024 (riferita al 2022). Fra i numerosi (e inquietanti) dati, si legge “Nel 2022 circa 8 milioni di italiani di età superiore a 11 anni (pari al 21,2% degli uomini e al 9,1% delle donne) hanno bevuto quantità di alcol tali da esporre la propria salute a rischio. I consumatori a rischio sono aumentati, in particolare per gli uomini. La fascia della popolazione in cui è stata registrata la più elevata frequenza di consumatori a rischio risulta essere quella dei 650.000 minori 16-17enni di entrambi i sessi (il 38,6% dei maschi e il 36,8% delle femmine), seguita dai 2.550.000 anziani maschi ultra 65enni (il 32,4% dei 65-74enni e il 30,2% degli ultra 75enni). […] Tre milioni e 700 mila persone hanno bevuto per ubriacarsi (binge drinking) e 770.000 (soprattutto maschi di tutte le età) sono stati i consumatori dannosi, coloro cioè che hanno consumato alcol provocando un danno alla loro salute, a livello fisico o mentale. Sono circa 104.000 i minori che si sono ubriacati, una platea troppo vasta che non dovrebbe ricevere in vendita o somministrazione bevande alcoliche dagli adulti competenti sia negli esercizi pubblici che in famiglia. I valori massimi per i binge drinker si registrano tra i 18-24enni, con 624.000 giovani”.
La Technogym, al link https://www.technogym.com/it/newsroom/dieci-curiosita-hangover/, propone alcuni aspetti poco conosciuti; fra questi “L’hangover è tanto peggiore quanto più l’alcol è scuro. La ragione di questa curiosa differenza risiede nel fatto che alcuni distillati come il whisky, il cognac e il brandy, ma anche il vino rosso, contengono maggiore quantità di metanolo […] I giapponesi sono la popolazione che soffre maggiormente i postumi dell’alcol. Questo perché circa metà di essi presenta un difetto genetico dell’aldeide deidrogenasi”.
Per i giovanissimi, cresciuti a “pane e social”, appartenenti alla “Generazione Z” (nati dal 1997 al 2012) e la “Generazione Alpha” (nati dal 2010 in poi), il deterrente all’abuso di alcol non corrisponde a un’interiore predisposizione valoriale, quanto alla paura di apparire in atteggiamenti buffi nel web. Per chi vive nei social, adepto della società dell’immagine, infatti, una fotografia o un video disdicevole (peraltro a rischio di divenire virale), costituisce un pericolo enorme, tanto da dissuadere all’abuso. Solo questo, quindi, è il motivo che induce a un uso contenuto.
L’ansia da “colpa del giorno dopo” è uno degli effetti collaterali di un’ubriacatura (che si aggiunge al malessere fisico e organico). In realtà, il “giorno prima”, la convinzione errata è, spesso, quella di bere molto alcol per neutralizzare l’ansia genericamente provata. La sostanza, tuttavia, provoca solo un apparente e breve sollievo, salvo poi aggiungersi a quella già sofferta. Tale paradosso dovrebbe indurre a riflettere. La paura e il disagio provati il giorno dopo, possono concorrere alla perdita di autostima della persona, che si sente ancora più inadatta agli altri, a un ambiente che corre (e distacca) e sperimenta sintomi di fobia sociale. È fondamentale che, avvenuta una sbronza, l’autore si renda conto dell’errore, si penta e prenda consapevolezza profonda di non ripetere circostanze simili e di costituire, peraltro, un esempio per il prossimo accanto, invitandolo a non commettere la stessa imprudenza.
La disinibizione a cui, a volte, si punta, attraverso l’alcol, per vincere la timidezza, osare un approccio o far divertire gli altri, può divenire un boomerang poiché condurrebbe la persona a comportamenti eccessivi, smodati, ridicoli, di cui poi vergognarsi. Torna in mente l’antico adagio di essere sempre se stessi. La società e i social, invitano a snaturare, a fingere, a filtrare fotografie, volti, emozioni e gioie. Nelle poche occasioni di contatto vero, di socializzazione fisica e diretta, si è, quindi, meno “allenati” e, per ridurre l’impreparazione, si fa uso di aiuti rischiosi. Il bluff operato nel virtuale si cancella o si perde, il reale rimane e le conseguenze possono risultare anche di notevole gravità, per sé e per gli altri. Le pasticche miracolose non riparano il danno, materiale e mentale: lo promuovono.