“La guerra ha un impatto devastante sull’ambiente: provoca incendi, danneggia gli habitat e inquina l’acqua, l’aria e il suolo, mentre i bombardamenti dei siti industriali provocano ulteriori contaminazioni. Le esplosioni, inoltre, rilasciano nell’atmosfera un cocktail di composti chimici: il principale, l’anidride carbonica, non è tossico, ma contribuisce alla crisi climatica. Anche i frammenti metallici delle granate sono pericolosi per l’ambiente. Tutto questo minaccia in primo luogo la vita delle persone che vivono nel territorio, aggiungendosi alla devastazione della guerra stessa”. E’ l’ammonimento a Interris.it di Sofia Basso, Research Campaigner Pace e Disarmo di Greenpeace Italia, intervistata in occasione della Giornata internazionale ONU per la prevenzione dello sfruttamento dell’ambiente in situazioni di guerra e conflitto armato che si celebra il 6 novembre di ogni anno.
L’intervista a Sofia Basso di Greenpeace Italia
Dottoressa, può fornire esempi recenti in cui i conflitti hanno avuto un impatto diretto sull’ambiente?
“In Ucraina, nel primo anno dall’invasione russa, sono stati danneggiati circa il 20 per cento delle aree naturali protette del Paese e 3 milioni di ettari di foresta; altri 450 mila ettari si trovavano in zone occupate o interessate dai combattimenti. Con il procrastinarsi della guerra, la situazione è solo peggiorata. A Gaza la situazione è addirittura più grave: l’aria è contaminata da sostanze chimiche provenienti dalle armi a causa dell’uso massiccio di esplosivi, mentre l’esposizione alle munizioni al fosforo bianco sta causando anche una riduzione della produttività dei terreni agricoli. Il degrado del suolo ha scatenato una gravissima insicurezza alimentare. Anche le risorse idriche della Striscia sono state gravemente compromesse, mentre le strutture di gestione delle fognature e dei rifiuti solidi sono collassate col conseguente rischio di epidemie”.
In che modo le politiche internazionali attuali affrontano la questione dell’ambiente nei conflitti armati?
“l diritto internazionale tutela l’ambiente, ma questo resta una ‘vittima silenziosa della guerra’. Lo Statuto di Roma e le Convenzioni di Ginevra considerano la distruzione ambientale intenzionale un crimine di guerra, ma serve una normativa chiara sull’ecocidio. Inoltre, le forze armate, responsabili di circa il 5,5% delle emissioni globali di gas serra, non hanno obblighi di rendicontazione, rendendo difficile valutarne l’impatto e ridurre le emissioni”.
Quali azioni sta intraprendendo Greenpeace al fine di combattere lo
sfruttamento ambientale durante i conflitti?
“Greenpeace chiede un cessate il fuoco permanente in ogni conflitto armato, un embargo globale sulle armi e l’accesso di esperti ambientali per indagini nei teatri di guerra. Nel dopoguerra, chiediamo valutazioni ambientali e una ricostruzione sostenibile con energie rinnovabili e comunità resilienti. In particolare, per Gaza sollecitiamo aiuti sicuri, sostegno internazionale per infrastrutture idriche, la fine dell’occupazione e responsabilità per i danni subiti. In Ucraina, Greenpeace contribuito a ricostruire un ospedale colpito dai bombardamenti russi vicino a Kiev, dotandolo di una pompa di calore e di un sistema di pannelli solari per potenziare l’indipendenza energetica dell’edificio e la resilienza della comunità e per ridurre le emissioni di CO2 del Paese. Con questo progetto pilota, abbiamo voluto dimostrare che l’energia solare può garantire la sicurezza energetica; infatti, abbiamo chiesto alla Commissione Europea di inserire i pannelli solari e le pompe di calore nel pacchetto di aiuti per l’Ucraina e di istituire un fondo per il ripristino dell’ambiente”.
Cosa possono fare i cittadini per sensibilizzare e supportare la prevenzione dello sfruttamento ambientale nei conflitti? Quali azioni concrete suggerireste?
“I cittadini possono fare pressione su ogni livello di governo per chiedere l’avvio di negoziati di pace in tutti i teatri di guerra e il taglio delle spese militari. È ormai evidente che l’attuale corsa al riarmo sta trascinando il mondo in una spirale di guerre fuori controllo, che tra le sue vittime ha anche l’ambiente. Un’altra richiesta concreta è che l’ecocidio diventi un crimine internazionale”.