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Diagnosi precoce e supporto sociale per aiutare i bambini con Asperger

Comprendere la sindrome di Asperger. L’Intervista alla professoressa Daniela Chieffo sulla diagnosi, le difficoltà sociali e l'importanza del supporto educativo 

Il 18 febbraio si celebra la Giornata Mondiale della Sindrome di Asperger, una condizione che prende il nome da Hans Asperger, il medico che negli anni ’40 descrisse per la prima volta questo quadro clinico, simile a molti aspetti dell’autismo. Secondo le classificazioni scientifiche moderne, la sindrome di Asperger non è considerata una condizione separata, ma rientra sotto la categoria dei Disturbi dello Spettro Autistico (ASD), con cui condivide difficoltà comunicative e socio-affettive, nonché interessi ristretti e comportamenti ripetitivi.

Le persone con la sindrome di Asperger possono incontrare difficoltà nell’interpretare messaggi sociali ed emotivi. Spesso, manifestano un interesse esclusivo e intenso verso un singolo argomento, che risulta tipicamente atipico per la loro età e livello di sviluppo. Inoltre, tendono ad avere difficoltà nel mantenere un contatto visivo costante e prediligono adottare una routine rigida. In generale, queste persone presentano una minore gravità globale nel funzionamento, possedendo buone capacità cognitive e linguistiche, ma un’immaturità nell’acquisire le regole della comunicazione sociale.

L’intervista

Interris.it ha approfondito questo tema con la professoressa Daniela Chieffo, direttore psicologia clinica presso la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, nonché docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma.

Dottoressa, chi è il bambino con Asperger? 

“Si tratta di un soggetto che possiede un quoziente intellettivo (QI) nella norma o superiore alla media, privo di ritardi significativi nello sviluppo. A differenza di altri disturbi dello spettro autistico, gli individui con la sindrome di Asperger possiedono livelli medio-alti di intelligenza, che potremmo definire anche ‘raffinata’. Non è un caso che siano spesso particolarmente abili in settori come la matematica, la scienza e la musica. Tuttavia, queste persone presentano difficoltà nelle interazioni sociali: appaiono impacciate, goffe e hanno difficoltà ad adattarsi a contesti diversi. Sebbene vengano spesso percepite come inespressive o insensibili, in realtà si tratta di individui che faticano a gestire le proprie emozioni e per questo motivo creano un’apparente distanza emotiva”.

Quanto queste caratteristiche ostacolano una diagnosi precoce?

“Purtroppo, queste difficoltà possono ritardare la diagnosi, che in alcuni casi arriva anche in età adulta. Finché il ragazzo ha una solida rete familiare, riesce a ‘mascherare’ il disturbo. Tuttavia, quando si trova a dover affrontare relazioni in cui è fondamentale la sua autodeterminazione, come per esempio gli anni del  liceo o nel primo anno di università, emerge nello stesso la consapevolezza che a sua volta si riflette sul ruolo che può assumere nella collettività”. 

Lei sottolinea la difficoltà nell’instaurare nuove relazioni. Quanto è importante, però, per questi ragazzi avere legami solidi?

“È fondamentale. Una delle frustrazioni più grandi che questi ragazzi vivono è la mancanza di amicizie profonde e durature. Questa carenza si traduce in una vulnerabilità che spesso li rende vittime di bullismo. Per questo motivo, riteniamo essenziale che la società si impegni a coinvolgerli in attività extrascolastiche, come il teatro e lo sport, per favorire lo sviluppo di relazioni di amicizia e di supporto, anche al di fuori dell’ambiente scolastico”.

Cosa provoca la mancata diagnosi di Asperger in un bambino di 10 anni?

“Se non diagnosticata, la sindrome porta il bambino a vivere in un mondo che lo percepisce come ‘strano’ o insensibile. Questo accade in un periodo delicato, in cui il ragazzo inizia il processo di autoidentificazione. La separazione dai genitori è difficile da affrontare, e la mancanza di strumenti adeguati per gestirla genera frustrazione e confusione”.

Il sistema scolastico italiano è adeguato nell’assistere questi ragazzi?

“Sicuramente negli ultimi anni c’è stata una maggiore sensibilizzazione e consapevolezza sull’importanza di coinvolgere questi studenti, grazie anche alla formazione di insegnanti preparati. Personalmente, posso dire che, da molti anni nel settore, sto notando un numero crescente di segnalazioni da parte delle scuole per approfondire casi di ragazzi che potrebbero essere affetti da questo disturbo. Ciò significa essere più attenti e, qualora ci sia bisogno, pronti ad intervenire”.

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