“L’unica certezza è che a Gaza il domani è sempre peggiore dell’oggi”. E‘ la drammatica testimonianza a Interris.it di Maurizio Debanne, capo ufficio stampa di Medici Senza Frontiere Italia. “La situazione è catastrofica da oltre un anno – prosegue Debane -. Milioni di persone vivono in una striscia di terra densamente popolata, soggetta ai combattimenti. Medici Senza Frontiere è presente a Gaza dalla fine degli anni ’80. Attualmente, contiamo circa 30-40 membri di staff internazionale e circa 800 colleghi e colleghe palestinesi. Lavoriamo in diversi ospedali e cliniche per curare feriti di guerra e fornire assistenza ai pazienti con malattie croniche, cardiopatie o tumori. La guerra infatti non cancella queste patologie e i pazienti devono essere seguiti a lungo”.
Aiuti umanitari e farmaci col contagocce
“I pazienti di Gaza non sono casi ‘one-shot’, richiedono cure di mesi. Alcuni hanno bisogno di più interventi chirurgici, soprattutto gli ustionati, che necessitano di trattamenti prolungati. Il problema è che gli aiuti umanitari arrivano con il contagocce. Ad esempio, siamo costretti a riutilizzare le garze: le laviamo, le facciamo asciugare e le usiamo di nuovo, perché i materiali scarseggiano. Abbiamo anche dovuto rivedere i nostri protocolli medici. Ad esempio, una ferita dovrebbe essere medicata tre volte al giorno, ma ora possiamo farlo solo una volta al giorno per la mancanza di materiali. Questo è il livello di difficoltà che affrontiamo quotidianamente, con i bombardamenti intorno a noi”.
Popolazione allo stremo
“I rifornimenti di medicine e generi alimentari sono un problema grossissimo. Nello specifico, i farmaci e le forniture mediche sono bloccate dall’altra parte del confine e vengono fatte entrare con il contagocce. Per meglio comprendere la situazione, vorrei evidenziare che prima del conflitto entravano nella Striscia circa 500 camion al giorno; oggi ne entrano solo poche decine. La popolazione palestinese dipendeva già dagli aiuti internazionali prima della guerra, ma ora la situazione è ancora più drammatica perché gli aiuti sono troppo pochi. Dopo gli attentati del 7 ottobre, pesa enormemente anche il tema del ‘double use’. Alcuni materiali medici, come i concentratori di ossigeno, sono considerati a ‘doppio uso’ perché sono materiali infiammabili che scoppiano, dunque, se venissero presi da altri, potrebbero essere usati per altri scopi. Per questo motivo, le autorità israeliane ne limitano l’ingresso. Ma qui a Gaza manca di tutto, e questo si traduce in una forma di punizione collettiva che disumanizza la popolazione”.
Dove opera MSF
“Senza contare che gli ospedali in funzione sono pochi. La situazione cambia di giorno in giorno. Attualmente, MSF lavora all’ospedale di Al Aqsa, nella zona centrale della striscia di Gaza, e all’ospedale Nasser, nel Sud, che sono tra i più grandi rimasti funzionanti. Due ospedali che non sono stati risparmiati da combattimenti molto vicini o da rastrellamenti dell’esercito israeliano. Inoltre, la situazione all’interno degli ospedali è oltre ogni immaginazione. I pazienti vengono operati per terra, perché non ci sono letti sufficienti. Manca tutto: materiale medico, attrezzature, spazi adeguati. È una situazione estrema, si lavora con mezzi di fortuna e con uno stress emotivo e psicologico immenso per i medici e gli operatori umanitari. Chiunque abbia lavorato a Gaza con MSF racconta che è la missione più difficile mai affrontata”.
Debanne: “Da Gaza non si scappa”
“Questo soprattutto perché da Gaza non si scappa! MSF ha lavorato e lavora in tantissimi Paesi in conflitto nel mondo. Ma la caratteristica di Gaza è che non si può uscire dalla Striscia, siamo tutti costretti a restare lì. Prendiamo ad esempio il conflitto in Siria: milioni di siriani sono fuggiti dal proprio Paese trovando rifugio in Libano o in Europa, sono potuti scappare cercando rifugio. Ma da Gaza non è possibile uscire. Neppure l’evacuazione medica è possibile. L’appello di MSF è dunque il medesimo da oltre un anno: serve un cessate il fuoco immediato e duraturo. Questo è l’unico modo per permettere ai civili di trovare sollievo e per consentire alle organizzazioni umanitarie di intervenire con un’assistenza adeguata. Fino a quando la guerra continuerà, non sarà possibile fornire una risposta umanitaria efficace. Per questo, Medici Senza Frontiere ha chiesto anche al governo italiano, alla Presidente Meloni e a chiunque possa avere un’influenza politica, di impegnarsi per ottenere il cessate il fuoco. Perché, come possiamo testimoniare dal campo, la situazione a Gaza è ormai oltre il catastrofico”.