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Capire le indulgenze oggi: storia e attualità

Foto © Vatican News

Cosa sono le indulgenze? Come sono sorte? Ha senso parlarne ancora oggi? In che modo possiamo parlarne e accostarci ad esse? Sono le domande che guidano la riflessione del profossor don Andrea Cavallini nel saggio “Indulgenze. Storia e attualità di una pratica antica”. Ogni Giubileo si apre con una “promessa”: quella della possibilità di lucrare l’indulgenza per sé e per i propri defunti al fine di ottenere il perdono divino e salvare la propria anima. La promessa la fa la Chiesa, nella persona del suo Pontefice, forte delle parole che Gesù rivolse a Pietro: «A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli». (Mt 16,19).

Dal 1300, da quando papa Bonifacio VIII istituì il primo Giubileo della storia, non c’è Giubileo senza indulgenze. Ma come possiamo comprendere un concetto legato a prassi e vissuti spirituali di un mondo che non c’è più? Per l’uomo di oggi è infatti difficile comprendere una pratica che ha origine in un mondo lontano dal nostro, quello medioevale, dove il perdono e la salvezza veniva legato a opere e penitenze da fare spesso con grande impegno e per molto tempo.

Per capire meglio lo spirito nel quale vede la luce la pratica delle indulgenze Andrea Cavallini – sacerdote del clero di Roma, professore di filosofia antica e specialista del pensiero tardoantico e medievale – ci regala un viaggio lungo i secoli per toccare con mano quanto questa pratica fosse legata alla vita quotidiana di molti fedeli. A questo scopo l’autore ci presenta un personaggio di fantasia, chiamato Bertoldo, sincero cristiano, sposato, vissuto in Italia attorno all’anno 1150, in una società profondamente cristiana avvolta in numerosi sviluppi culturali, economici e istituzionali.

Le (dis-avventure) spirituali di Bertoldo, alle prese con confessioni, penitenze, digiuni, pene, privazioni, pellegrinaggi e campagne belliche al fine di “curare” le ferite arrecate alla propria anima coi peccati commessi e guadagnarsi l’accesso al Paradiso, ci fanno comprendere l’ambiente spirituale e sociale che ha in qualche modo “richiesto” il sorgere delle indulgenze annuali. Fu infatti il popolo dei fedeli romani a chiedere a gran voce al papa di indire un Giubileo e di concedere una indulgenza (plenaria o di molti anni) che permettesse di scontare i molti peccati commessi durante il (breve) lasso di una vita. Al “nostro” Bertoldo, infatti, non basta una vita per “pagare” per i peccati (non gravi) commessi nella sua vita e accorciare il tempo di purgatorio accumulato.

Prima dell’indizione del primo Giubileo c’è stata la speciale indulgenza concessa da papa Onorio III a san Francesco per coloro che si recassero a Santa Maria degli Angeli ogni 2 agosto. Ci fu poi l’indulgenza concessa da papa Celestino V nel 1294 ai pellegrini che fossero entrati nella basilica di Collemaggio (L’Aquila) ogni 28 e 29 agosto.

La novità dei Giubilei fu quella di offrire, non un solo giorno, ma un intero anno per ottenere l’indulgenza. Sorge in oltre – dal secolo XV – la possibilità di lucrarla anche per i defunti, offrendo il pellegrinaggio o l’elemosina o azione di carità richiesta in favore dei morti.

Una pratica dunque accolta come una buona notizia da tutti i fedeli di una società, quella medievale, afflitta dai sensi di colpa e dal peso dei peccati ma che col passare del tempo si è affievolita fino a non essere più compresa dai fedeli di oggi o, per lo meno, non vissuta con la passione che animò gli animi (e le anime) medievali. La Chiesa stessa, nei suoi documenti, ha modificato la prospettiva passando da una visione giuridica di assoluzione (in virtù del potere accordato alla Chiesa) a una forma di supplica collettiva per il perdono dei peccati, «da un atto di giurisdizione a un atto di suffragio».

Frutto del cambiamento di visione avvenuto col passare dei secoli e di una nuova sensibilità spirituale e teologica, oggi l’indulgenza per i defunti – che nacque come un aspetto secondario – è diventata prevalente rispetto a quella per i vivi.

Ma la domanda che si pone l’autore è se e in che modo è oggi possibile (e utile) parlare di indulgenza vista anche una rilettura della dottrina che la Chiesa moderna ha apportato alla questione. È qui l’attualità e l’utilità di una riflessione che cerca di attualizzare una pratica antica nella vita ecclesiale e comunitaria attuale. Affinché il “passaggio” della Porta Santa e l’assolvere le “condizioni” per ottenere l’indulgenza giubilare, non sia un gesto meccanico ma rientri in un percorso di conversione personale e comunitario che sia ricco di frutti spirituali per il fedele e per la comunità.

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