Per il tempo di Quaresima San Benedetto raccomandava ai monaci la preghiera accompagnata da lacrime di pentimento (Regola, XLIX, 4). Due anni fa Papa Francesco, all’inizio di questo periodo, commentando la prima lettura del Mercoledì delle Ceneri, ha detto: “Ci farà bene farci la domanda: ‘Io piango? Il Papa piange? I cardinali piangono? I vescovi piangono? I consacrati piangono? I sacerdoti piangono? Il pianto è nelle nostre preghiere?’”.
Tutti questi incoraggiamenti non sono nient’altro che una ripresa del versetto settimo del Salmo 6: “Sono stremato dai lunghi lamenti, ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio, irroro di lacrime il mio letto”. Non ci riconosciamo in questa situazione – una volta tornati a casa, nella solitudine della nostra stanza, sul nostro letto – quando riflettiamo sulle tante vicende tristi che capitano agli altri o alla situazione d’insicurezza in cui versa il mondo? Nei tempi odierni forse solo le lacrime esprimono perfettamente la nostra condizione umana ed esistenziale: la perplessità, la vulnerabilità, l’angoscia e l’ansia. E la necessità di una reazione che, purtroppo, non sarà mai adeguata. Le lacrime segnano lo spazio, sempre troppo grande, tra le nostre intenzioni e la realtà.
Ciò che portiamo nel cuore durante i momenti più profondi della nostra preghiera si sbriciola al contatto con le situazioni concrete della nostra vita. Quando ci lasciamo distrarre da emozioni, abitudini o vizi. Senza dimenticare le circostanze esterne che fanno crescere la nostra inquietudine.
Una condizione ben descritta da un poema trovato all’interno del breviario di un arcivescovo scomparso qualche anno fa:
… mi sveglio di mattina…
dico..
come il pubblicano Zaccheo distribuirò
come Simone porterò le croci degli altri
come Veronica asciugerò i volti
come Gesù sulla croce perdonerò
come Francesco amerò
Di sera guardo lo specchio…
Vedo…
Adamo che ha appena mangiato il frutto
Caino che ha appena ucciso
Giuda che ha appena tradito
Pietro che ha appena negato
Pilato che ha si è appena lavato le mani
E mi addormento sul cuscino bagnato dalla lacrime.
E la notte viene Gesù e chiede:
“Mi ami?”
Le lacrime sono le ali della preghiera, la nostra nostalgia più profonda dell’acqua viva, quella che scaturisce dal lato del tempio, la nostra vera visione del mondo. Anche Gesù pianse, non solo sulla tomba di Lazzaro o sopra Gerusalemme, ma “offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà (Ebr 5, 7)”. Solo in questo modo poteva essere ascoltato, in modo definitivo, assoluto, infinito..
Bernard Sawicki OSB
Coordinatore dell’Istituto Monastico
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