Tante situazioni concrete della vita hanno suggerito al Signore lo spunto per aiutarci a crescere e a maturare nella fede. Gli esempi riportati nella sua predicazione sono legati alla quotidianità, alle mura domestiche, al lavoro, alle occupazioni, alle consuetudini degli uomini del suo tempo.
Anche nel Vangelo di questa domenica l’occhio e il Cuore di Gesù si soffermano su una abitudine in voga allora, come in ogni epoca: l’esempio, riportato da Luca, nel contesto di un incontro conviviale, denuncia il nostro istintivo desiderio di comparire, di emergere dalla mediocrità, di farci largo in mezzo all’anonima folla che ci circonda, per ottenere finalmente un posto di prestigio, per suscitare l’ammirazione – o, peggio, l’invidia – degli altri. Chi cerca di accaparrarsi i seggi più ambiti rischia poi, però, di fare una ben magra figura, quando sopraggiunge qualcuno più importante di lui…
Il Signore non intende certo insegnarci una “strategia” sociale o dettarci indicazioni utili per ottenere successo, agli occhi degli altri. Le sue parole ci suggeriscono invece di “restare al nostro posto”, perché è quello che Dio ci ha assegnato; a non illuderci, ricercando la nostra gioia nella effimera gloria del mondo, spendendo le nostre energie e i nostri talenti per affermare a ogni costo noi stessi, il nostro prepotente “io”, che alla fine ci lascia vuoti e scontenti più di prima. È la sapienza eterna di Dio, il suo amore, la sua provvidenza che guidano i nostri passi: la vera umiltà è quella di lasciar fare a Lui, di dedicarci totalmente al bene, affidando alle sue mani il nostro cammino, le nostre aspirazioni, i nostri legittimi sogni.
La grandezza che Dio ci suggerisce non ha il sapore della provvisorietà, ma ha piuttosto la fragranza delle “cose del Cielo”. L’ascesi che Lui ci propone è la più impegnativa, la più preziosa e la più gratificante che esista: si chiama carità, gratuità, dedizione al prossimo. Richiede una educazione continua del cuore all’amore e al perdono; cerca in ogni occasione di conflitto la via della riconciliazione; “inventa” percorsi di dialogo con gli altri; è attenta a tutte le esigenze – spesso nascoste o inespresse – dei fratelli.
“Farsi largo” tra la folla vuol dire semplicemente amare di più, mettere Dio al centro della vita e scoprire di avere un’anima fatta a sua immagine e capace di sprigionare dovunque e in ogni circostanza la bellezza e la forza rivoluzionaria del Vangelo. L’umiltà, che ancora una volta vuole insegnarci Gesù, è l’energia indomabile della Grazia che ci rende vincitori di noi stessi e che illumina questo povero mondo, malato di protagonismo, assetato di felicità mediocri e spesso menzognere, travolto da quella brama di folle onnipotenza -che diventa sfruttamento e distruzione della vita, manipolazione genetica, eutanasia – che sta producendo soltanto guasti senza numero alla coscienza dell’uomo.
L’umiltà è la virtù che ha reso la Vergine Maria un modello e un riferimento di luce per ogni generazione, che in Lei contempla quanto una creatura, per l’opera dello Spirito Santo, possa giungere ad amare. I ciechi, gli storpi, i poveri di cui parla il Signore abitano accanto a noi, forse nelle nostre stesse case. La Madre del Signore ci aiuti a ripartire da loro, per ottenere da Dio un cuore sempre più sensibile ai problemi e al dolore di ogni uomo e capace di donarsi gratuitamente, come Lui fa, ogni giorno, con noi.