Molti commentatori sottolineano la specificità del linguaggio dell’esortazione postsinodale di Papa Francesco “Amoris Laetitia”. Su temi così complessi il Santo Padre sembra usare un linguaggio colloquiale, per sentirsi vicino a chi lo ascolta, per raggiungere ognuno di noi. Niente funziona meglio di un buon racconto, in grado di rendere piacevole e appetibile un messaggio che altrimenti rischierebbe di sembrare astratto. Questa strategia è utile quando si vuole parlare di tematiche importanti. Queste, infatti, spesso vengono narrate con un tono monotono e artificioso. La saggezza, invece, consigli di usare anche in questi casi parole chiare e accessibili. Il modello migliore è quello della Bibbia e in particolare dei Vangeli. Ma anche nei secoli successivi la Chiesa è stata arricchita da scritti esemplari. Gli apoftegmi, cioè i detti dei padri sono un genere letterario ed una forma del discorso spirituale che affascina ancora oggi.
Tutti questi racconti parlavano dei fatti e delle condotte di persone eccezionali. Negli apoftegmi si raccontava la vita dei monaci che, per dire la verità, non pensavano mai di essere protagonisti di qualche storia. Volevano solo vivere per Dio, in modo radicale e pieno, e questo era sufficiente a rendere la loro esistenza come un qualcosa degno di essere documentato. Chi si sentiva coinvolto emotivamente da queste esperienze sentiva poi il bisogno di raccontarle. Del resto, cosa c’è di più importante della salvezza? E chi può darne testimonianza migliore di chi prende sul serio il Vangelo? Queste narrazioni hanno arricchito intere generazioni di monaci e monache e non solo.
I nostri tempi sembrerebbero molto favorevoli ai racconti. Ci piace conoscere la vita delle persone famose. Cerchiamo storie autentiche, forti, nonostante non abbiano sempre un contenuto positivo. Sarebbero necessari incontri veri, che ci aiutino a vivere, a essere salvati. Quindi, se e a causa di un’eccessiva inflazione delle parole, sentiamo la necessità di avere discorsi concreti, brevi, belli e forti sarebbe meglio che contenessero anche un bel messaggio di fondo. Attorno a noi ci sono, infatti, troppe storie negative, diffuse senza pietà dagli operatori della comunicazione.
Per trasmettere cose essenziali non sono sufficienti notizie semplici, né i 140 caratteri di Twitter. Serve una storia cui l’ascoltatore possa partecipare emotivamente, commuovendosi. Ciò che è narrato bene entra facilmente nel cuore e, talvolta, ci rimangono per sempre. Diventa un punto di riferimento, un patrimonio da proteggere e trasmettere, stando attenti a non disperderlo. Un racconto è un tesoro eccezionale, perché resta, può essere condiviso, e in questo modo diventa ancora più prezioso.
Il Papa ci invita a esprimere la vicinanza alle nostre famiglie, a comunicare e a trasmettere l’amore. Niente è quindi tanto importante quanto il recupero della capacità di raccontare. Narriamo le nostre vite e speranze, tutte cose in cui scopriamo la presenza di Dio.