Nella storia dell’umanità possiamo trovare il desiderio costante di consacrare parte del proprio tempo al riposo. Questa esigenza si è sviluppata in riferimento al rapporto che l’uomo ha sempre avuto verso le divinità o il Creatore. La coincidenza temporale di una tale esigenza conformata ha fatto emergere quella pedagogia dell’Assoluto nel conciliare il bisogno di riposo con quello del giorno da consacrare al Signore. Anche nella storia sacra riceviamo l’insegnamento di un Dio che il settimo giorno sceglie di fermare le proprie attività per dedicarsi alla quiete. Questa pace interiore che i Padri del deserto definivano con il termine “esicasmo” è ancora oggi un’esigenza fondamentale da non banalizzare. Ogni persona ha bisogno di incontrarsi con questo Santo Giorno che si esprime in modo originale in ogni religione. In Caelis vuole essere un richiamo per tutti coloro, anche non credenti, che riconoscono questo desiderio di dare spazio e tempo alla propria anima.
La cura della vita interiore come principio insostituibile di benessere fa crescere consapevolmente verso il senso della propria esistenza. La conoscenza profonda dell’animo umano connesso alla presenza dell’Infinito provoca così quell’aspirazione di una libertà e intelligenza d’Amore insostituibile. In questa società “ateizzata” dove la religione viene addirittura usata per bombardare e uccidere, per separare ed emarginare il prossimo ecco la necessità di lasciarci richiamare dalle parole di Gesù. Lui è il vero Dio e vero Uomo per i cristiani ed è comunque maestro di vita per tutti coloro che si ritrovano nei suoi insegnamenti. A volte mi è capitato di scoprire dei non credenti più evangelici dei cosiddetti “praticanti”. Si, perché oggi i tanti iscritti nel libro dei battezzati hanno tradito questo appuntamento cosi sacro sostituendolo con altri momenti. Sport e hobby di ogni genere vengono praticati (e fatti praticare ai nostri ragazzi) proprio la domenica mattina, e nella Casa del Signore le famiglie non si ritrovano più insieme come una volta. La domenica si è ridotta per molti soltanto ad un giorno di svago dimenticandosi alcuni dei comandamenti donati da Dio al suo popolo.
L’arduo compito anche attraverso questo umile ma nobile strumento della scrittura sarà quello di provocare il lettore a guardare un po’ più in alto del proprio ombelico: osservare quel cielo che è oltre se stessi. Il cielo della speranza che non delude né illude… Il cielo che ci spinge a dare un senso all’esistenza arricchendola di quell’Amore Infinito che viene dall’alto. Con i piedi per terra guardando il cielo… Di questo abbiamo veramente tanto bisogno.