La gloria non gode di buona salute oggi, sembra provenire da un altro mondo, molto antico, lontano, obsoleto. Non sembra più un tema attuale in un'epoca, la nostra, caratterizzata da confusione e bisogno di purificazione. Lei, che un tempo era desiderata e splendida, oggi va in giro come un senzatetto. Disperata. E, tuttavia, paradossalmente riesce ancora a incontrare qualche amico sorprendente. Ritrova il suo posto, la strada disegnata per lei da Gesù. Lui che ne parla poco dopo l'uscita del traditore dal cenacolo.
Quello che dovrebbe essere uno choc si trasforma in una cascata d'amore, di commozione. Con poche parole, quasi andando di fretta, il Signore cerca di trasmetterci le cose importanti. E parla della gloria e, o meglio, della glorificazione. La chiarezza e l'intensità è tale che sembrano parole provenienti direttamente dal cuore, frutto dell'esperienza che sta vivendo, ma anche della relazione tra lui e il Padre, chiamato semplicemente Dio. Uno scambio sublime e celeste, cose puramente divine.
Un attimo dopo Gesù sembra ricordarsi dei discepoli. Ma sembra parlargli da una posizione sovraordinata, dalla Sua gloria in Dio, che gli consente di guardare il tempo da una distanza divina. Non c'è nostalgia nelle sue parole ma solo una constatazione, espressa con amore e tenerezza: “Figlioli, ancora per poco sono con voi”. Cosa dire di più? Cos'altro avrebbero dovuto ascoltare i discepoli? Erano consapevoli della particolarità e grandezza del momento?
Quanto affermato da Gesù offre una prospettiva totalmente nuova, che occupa lo spazio che si dipana tra tradimento, paura e insicurezza. Il Signore sembra versare un prezioso balsamo sulle piaghe dell’inadeguatezza, dei limiti, delle perplessità umane e di quanto ne deriva. In quei momenti nel cuore ribollono pensieri e dubbi. Tanti sono perplessi e sembrano entrare in confusione. A questo servono parole speciali e forti come quelle di Gesù sull'amore reciproco. Sono intensi, penetranti ma anche solenni, raccolte e fissate con una fibbia dall’espressione ripetuta tre volte “gli uni e gli altri”. Ecco la relazione. Una relazione triplice. Dalla dimensione dove si trovano Lui stesso e il Padre, Gesù compie un salto verso la nostra. Uno spazio fisico che sappiamo bene quanto possa doloroso o insopportabile. Gesù lo sana, lo trasforma, lo pone al livello sublime della vita divina, riempiendolo d'amore e, quindi, di Dio stesso. E racconta tutto questo con semplicità incredibile. Come se si trattasse di cose normalissime. Siamo testimoni di una condivisione viscerale, tanto profondo e forte da diventare un comandamento.
Gesù non riesce più a sostenere l’imperativo che viene dal Padre. La gloria che sembrava appartenere solo a Lui e a Dio adesso è condiviso con gli esseri umani, assumendo la forma dell’amore. Un breve, ma essenziale, momento, nel quale le cose divine ed umane iniziano di essere collegate come mai prima. Si apre una fessura che, dopo essere stata allargate dalla Croce, diventeranno una strada. In questo modo, chiaramente eucaristico, la gloria può essere salvata e recuperata anche per i nostri tempi: la gloria di trovarsi in una dimensione intermedia, nell'amore.