Una domanda mi sono sentito fare mentre confessavo a giugno al Santuario di Loreto: “Perché Dio ha permesso a Satana di entrare nel paradiso terrestre e tentare l’uomo e la donna?”. La risposta non era per nulla facile, ma qualcosa dovevo dire, e l’ho detta. Una risposta più articolata esigeva, tuttavia più riflessione, e dalla riflessione ne sono scaturite queste righe.
Innanzitutto bisogna aderire alle Scritture, che forniscono dei frammenti che possono essere composti per avere un quadro sufficiente. Il primo punto ci viene dato da san Paolo nella lettera ai Romani (5,14): “Adamo figura di Cristo”; ciò vuol dire che nel disegno eterno di Dio non potevamo essere figli di Dio in Adamo, ma in Cristo, il Verbo incarnato. Questo punto ci dice che il Verbo si sarebbe incarnato anche in assenza del peccato. Egli è il centro del disegno di Dio, e ciò è detto (Col 1,16): “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui”. “In vista di lui” poiché egli è il centro di ogni cosa. (Ef 1,10). Nella redenzione egli appare il centro poiché eternamente lo è stato (Ef 1,10): “Il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra”.
La caduta di Satana non può che essere messa in relazione al Verbo incarnato, che ripeto doveva essere anche in assenza di peccato. Satana ebbe la presentazione del disegno di Dio che riguardava il Verbo e l’uomo. Qui la sua caduta, la sua ribellione. Da una parte il disprezzo del Verbo incarnato perché assumeva una natura umana, inferiore a quella angelica (Eb 2,7): riguardo all’uomo invidia (Sap 1,24) perché veniva ad essere elevato ad altissima dignità. Satana era chiamato a servire questo disegno che lo avrebbe reso grande, ma si ribellò e venne precipitato nell’Abisso insieme agli angeli ribelli, che aderirono a lui. Superbia, disprezzo , invidia sono un tutt’uno con l’odio, che si è prodotto da solo, per scelta libera.
Precipitato nell’Abisso Satana ha potuto entrare nell’Eden a tentare Adamo ed Eva. Ci si domanda come Dio abbia dato questo permesso a Satana. Satana, che è “l’accusatore”, cercò la vendetta. La narrazione del libro di Giobbe fa da guida per comprendere la sfida lanciata da Satana. Il ribelle accusò Dio di tenere l’uomo e la donna nel recito della sua protezione e perciò non poteva da loro trarre gloria: il divieto di mangiare dell’albero della conoscenza del bene e del male, in tale condizione era inconsistente. Dio accettò la sfida e permise a Satana di avvicinare i due capostipiti del genere umano, già bel istruiti nell’obbedienza di non mangiare dell’albero del bene e del male, perché altrimenti avrebbero conosciuto la morte.
La tentazione di Satana fu serpentina insinuando che Dio è un oppressore, e che non era vero che sarebbero morti, poiché sarebbero diventati come lui. I due caddero e Satana credette di avere bloccato il disegno dell’Incarnazione. Pensò nella sua mente di menzogna che Dio mai il Verbo avrebbe assunto una natura umana, stando così con uomini che avevano scelto lui. Ma l’Incarnazione del Verbo venne confermata. Proprio a Satana vennero rivolte le parole sulla donna e la sua stirpe vincitrice.
Allora l’obiettivo di Satana fu quello di rendere disgustoso al massimo il genere umano, tanto che Dio causò il diluvio (prendiamo la narrazione del diluvio nella sua portata teologica), ma nello stesso tempo il genere umano rimase nel gruppo noetico. L’Incarnazione del Verbo resta.
Poi Dio costituì Israele e infine ecco la Donna. Satana cercò di fare capitolare la Donna, ma Maria obbedì alla parola annunciatale. Satana allora volle sedurre il Cristo nel deserto, ma fu vinto dalla sua obbedienza al Padre attraverso la citazione delle Scritture. Infine Satana creò la macchina infernale della morte atroce di Cristo. Nell’orto degli olivi lo tentò presentandogli che nessuno lo avrebbe seguito lungo la strada che voleva percorrere e gli fece vedere gli orrendi peccati degli uomini che avrebbero commesso scegliendo lui, l’Odio.
Che satana lo tentasse nell’orto degli ulivi è fatto che appare non solo logico per ciò che rivela il tormento di Cristo, fino a sudare sangue. Di fronte ai tormenti imminenti Satana sperava di far indietreggiare Cristo, ma Cristo non indietreggiò: vinse la tristezza, la paura, la solitudine data dai tre discepoli addormentati, l’orrore della visione dei peccati, che pur si addossava per espiarli. Non tornò indietro Cristo. Se fosse tornato indietro, ci avrebbe insegnato la viltà. Andò avanti, catturato, vilipeso, flagellato e crocefisso, non pronunciò parola di maledizione, ma solo amore espresse. Il Padre taceva su di lui; taceva perché lo trattava da peccato (2Cor 5,21). Il grido: “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato” rivela il silenzio del Padre, il rigore del Padre sul Figlio amatissimo. Ci si domanda, dove trovava la forza il Padre per tacere? Dalla terza Persona, lo Spirito Santo, che mentre dava la forza al Padre di tacere sul Cristo dava al Cristo la forza d’amore di perdonare, di espiare.
Quando Satana vide Cristo morto si sentì sgretolato. Non aveva più spazio l’accusatore per insinuare negli uomini il dubbio circa l’amore di Dio. Satana allora attaccò la Chiesa e continua a farlo, ma (Mt 16,18) “le porte degli inferi non prevarranno contro contro di essa”.
Padre Paolo Berti, Cappuccino. Membro del Gris