L’immaginario collettivo della nostra epoca, i ritmi stessi e i criteri della società di oggi, probabilmente non ci aiutano ad aprire il cuore alle realtà dello Spirito, a pensare cioè al Cielo. Di solito ci preoccupiamo ben poco di elevare la nostra anima e il nostro pensiero a Dio, riscoprendo, con rinnovato stupore, che tutto ci parla di Lui, che tutto è segno della sua presenza e del suo amore. In verità, siamo fatti “per qualcosa d’altro”, che quasi sempre ci sfugge, soffocato da una realtà invadente, che impoverisce il nostro sguardo, relegando, ancora una volta, i nostri desideri alla provvisorietà del quotidiano e comprimendo l’insopprimibile ansia di libertà, che ci portiamo dentro. L’Assunta, proprio nel cuore dell’estate, torna – immancabilmente e direi ostinatamente – a ridisegnare i contorni del nostro itinerario terreno, a ridefinire il senso dei nostri passi, delle nostre gioie e delle nostre fatiche quotidiane. La Vergine Maria ci riconsegna “il Dizionario del Cielo”, che parla finalmente un linguaggio nuovo, quello della carità; che ridona luce e speranza nella prova e riporta pace, nell’agitazione delle “cose da fare”. Non siamo abbandonati a noi stessi, nel deserto ingrato di una vita destinata al nulla. Siamo esuli, è vero, lontani dalla nostra definitiva Patria, ma pur incamminati verso di essa; e già percorrere la via, che ci riporta a casa, è una grazia, appartiene al“centuplo”, promessoci dal Signore.
Sbrigativamente, come dicevo, si relegano in fretta le realtà dello Spirito alla lista delle cose inutili o fantasiose: il Cielo, invece, ci appartiene più della terra stessa, di cui siamo impastati. La Vergine Maria, ormai giunta alla meta, non si dimentica mai di noi: dinanzi a Dio ama e prega, prega e ama – come diceva un autore spirituale -; conforta i suoi figli; li ammonisce, come Lei sola sa fare, per riportarli sulle vie della Vita; intercede per loro le grazie necessarie, per attraversare, con frutto e con santa letizia, i complessi svincoli della avventura umana. Il Cielo è più vicino a noi della nostra stessa esistenza e ne percepiamo la bellezza e la fragranza quando il nostro cuore si apre a Dio, nel silenzio della preghiera personale, nell’incontro sacramentale della confessione o nel cuore dell’assemblea eucaristica, che si ritrova “nel nome di Gesù”. Un gesto di carità, un atto gratuito di attenzione verso il nostro prossimo, l’offerta generosa delle nostre iniziative al Signore, attivano improvvisamente in noi una luce di Cielo, che ci introduce in una dimensione di Grazia, finalmente libera e aperta agli orizzonti dello Spirito. Consultiamo volentieri questo “Dizionario di amore”, non vergogniamoci mai di venerare e di amare una Madre, che ha il solo desiderio di condividere con noi l’eterna beatitudine del Paradiso.