Il Giovedì Santo è il primo giorno del triduo pasquale con il quale noi cristiani entriamo nel cuore della Passione di Gesù. La tradizione vuole che si inizi con la Messa Crismale, celebrata al mattino in ogni diocesi. Noi, qui a Roma la vivremo con il nostro vescovo, Papa Francesco. Ci sarà la consacrazione degli oli e tutti i presbiteri rinnoveranno le promesse fatte nel giorno della loro ordinazione sacerdotale. Il Santo Padre, nel suo primo intervento alla Messa Crismale chiese a tutti i cardinali, vescovi e sacerdoti di avere lo stesso odore delle loro pecore, ossia di vivere il più possibile in mezzo al popolo di Dio.
Il pomeriggio del giovedì Santo, invece, si celebra la messa “in coena Domini“, che raccoglie tanti simboli ed elementi della vita cristiana. Prima di tutto l'istituzione dell'eucaristia: si ricorda quando Gesù radunò i discepoli per la cena pasquale e prendendo il pane e il vino disse: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete, questo è il mio sangue”. Se ci facciamo presenti al cenacolo, quasi potremmo immaginare di vedere la faccia degli apostoli che lo guardano e si chiedono: “Ma che cosa sta dicendo?“. Tante volte, come la testimonianza evangelica ci racconta, gli insegnamenti di Gesù hanno lasciato negli apostoli perplessità e incomprensione e lui, molto spesso, è costretto a dirgli che sono distratti, chiusi e tardi di cuore. Ma come ogni buon padre o madre farebbe con i propri figli, è sempre tornato a spiegare. L'Eucaristia è il segno più grande della presenza di Cristo in mezzo a noi, è il perno di tutta la vita cristiana, è la celebrazione domenicale della messa alla quale ogni cristiano è tenuto a partecipare per alimentare costantemente la propria fede e per incontrare, direttamente, personalmente e profondamente il Signore Gesù.
La messa “in coena Domini” è anche il ricordo dell'istituzione del sacerdozio: Gesù dopo aver messo insieme questi uomini, averli fatti vivere con lui, averli coinvolti in tante vicende, li fa “tali”, li fa sacerdoti, presenza viva di lui. Ogni sacerdote sa che, celebrando i sacramenti, è “in persona Christi“: è Cristo che attraverso la persona del prete agisce, o assolve dai peccati, o conferisce il sacramento dell'unzione dei malati.
Quasta celebrazione del giovedì Santo ci ricorda anche il tema della carità, dell'attenzione ai poveri, perchè l'Eucaristia non è solo il segno sacramentale che si adora e di cui ci si nutre, ma è anche il pane spezzato. Spezzarsi significa darsi, donarsi, soprattutto ai più poveri. Non è un caso che agli inizi della vita della Chiesa, il sacramento dell'eucaristia fosse chiamato anche lo “spezzato“, per sottolineare in maniera particolare questo segno che resta nella messa; prima della comunione il sacerdote spezza a metà l'ostia magna, nel segno sì della condivisione – come un padre o una madre di famiglia farebbe intorno a una tavola – ma anche per ricordarci che l'impegno a ricevere l'Eucaristia è anche quello a spezzarci, a dare la nostra vita. Da qui il racconto del vangelo di Giovanni, che invece di raccontare l'istituzione attraverso le parole dell'ultima cena, lo fa attraverso il segno della lavanda dei piedi.
La lavanda dei piedi è mettersi in ginocchio e servire il fratello, è la scelta di dire che l'umanità vivrà bene quando saremo uno al servizio dell'altro, mettendonci in ginocchio come fece lui, scandalizzando i discepoli, soprattutto Simon Pietro reagì, quasi aizzandoglisi contro. E Gesù, come più volte fa nel Vangelo è costretto a intervenire nei confronti di Pietro, zittendolo e ravvedendolo. Compiva quel gesto non per dimostrare quanto fosse bravo, ma perché questi segni fossero compiuti con e da ciascuno. Come il Papa qualche giorno fa, quando ha scandalizzando tanti benpensanti, inginocchiandosi davanti ai capi del Sud Sudan, implorando di continuare il dialogo di pace. Purtroppo dispiace constatare come anche persone che si ritengono cristiane e cattoliche, poi interpretino male o critichino questi gesti di Papa Francesco, con i quali riesce a esprimere tantissime cose, a volte più eloquenti di molti discorsi.
Un'ultima considerazione merita la Via Crucis del venerdì Santo al Colosseo, le cui meditazioni quest'anno sono state affidate al pensiero, all'anima, al cuore e alla penna di suor Eugenia Bonetti, missionaria della Consolata, che da decenni si spende per salvare donne dalla tratta e dalle violenze. Il Papa ha voluto fermamente che fosse lei, ma soprattutto che ci fosse questo tema che più volte ha affrontato e che gli sta molto a cuore. Queste meditazioni aiuteranno tutti a fermarsi un attimo e a riflettere su questa violenza che continua a perpetuarsi nei confronti delle donne. Il mio augurio è che ogni persona che apre un po' il cuore all'attenzione della grazia della parola dei Dio, possa sentirsi chiamato in causa, coinvolto per poter dare il suo contributo, affinché almeno una donna possa stare meglio, subire meno violenze, o se Dio vorrà, essere liberate da queste forme di schiavitù che putroppo ancora oggi affliggono i nostri tempi.