'Questo povero grida e il Signore lo ascolta' (Sal 34,7). Anzitutto, 'gridare'. La condizione di povertà non si esaurisce in una parola, ma diventa un grido che attraversa i cieli e raggiunge Dio. Che cosa esprime il grido del povero se non la sua sofferenza e solitudine, la sua delusione e speranza? Possiamo chiederci: come mai questo grido, che sale fino al cospetto di Dio, non riesce ad arrivare alle nostre orecchie e ci lascia indifferenti e impassibili? In una Giornata come questa, siamo chiamati a un serio esame di coscienza per capire se siamo davvero capaci di ascoltare i poveri. E’ il silenzio dell’ascolto ciò di cui abbiamo bisogno per riconoscere la loro voce. Se parliamo troppo noi, non riusciremo ad ascoltare loro”. (dal messaggio del Santo Padre Francesco, II Giornata mondiale dei poveri).
Oggi è la seconda giornata mondiale dei poveri voluta espressamente da Papa Francesco. C'è chi è povero di pane, di soldi, di sguardi, di carezze, di attenzione, di cultura, di gioia e di Dio. Gesù ci ricorda: “I poveri li avrete sempre con voi”, ricordandoci sempre che tutti noi lo siamo. Rammentare ogni giorno la condizione di miseria e povertà fa bene al nostro cammino umano e spirituale, non ci fa entrare nel circolo dell'autosufficienza e dalla superbia umana e spirituale, ma ci dona un po' di umiltà per entrare “a testa bassa” nella porta del mistero dell'Incarnazione del Bambino di Betlemme. Dio sceglie di essere piccolo e povero, nella sua stalla brilla come la Stella della Redenzione.
I poveri ti parlano in faccia, senza maschere e sorrisi falsi, con sincerità e spontaneità. A volte bisognerebbe riflettere sul mondo in cui ci salutiamo noi cristiani, ma anche noi sacerdoti freddi e distaccati, con le mani usate formalmente, non per accogliere l'altro e fargli sentire la nostra presenza. Quando vado alla stazione di Pescara in mezzo ai fratelli poveri, al carcere e incontro anche persone lontano dalla fede, trovo più calore e anche più amore, i poveri ti abbracciano, ti baciano, ti accarezzano, ti stritolano e ti stringono la mano con la loro “puzza” che è il profumo degli angeli. Ci sono tante persone ricche di soldi, di superbia e di scienza, ma poveri di di amore, di tenerezza, di sorrisi. Un'altra caratteristica che hanno i poveri e che ti apprezzano e che ti accettano per quello che sei, diventi subito loro fratello, non ti senti giudicato da loro, ma in famiglia, a casa tua. Alcuni dicono: “Tu sei nostro fratello”. Che ricchezza di umanità…
Papa Francesco, dall'inizio del suo pontificato, ci invita ad essere una Chiesa in uscita, talvolta però le nostre chiese sembrano più “in entrata”, rinchiuse nelle sacrestie e nelle parrocchie, nella sicurezza che fare il bene significa solo pensare alle 99 pecorelle del gregge. E la pecora smarrita del vangelo che ci scomoda, ci inquieta e ci scappa? I poveri sono anche “maestri di preghiera”, perché con semplicità gridano al Signore e la Sua Provvidenza non li abbandona mai. Uno crede che si salva se fa un po' di bene, non è così. Uno prima si deve sentire salvato e poi si deve lasciar “salvare” dagli altri (in modo particolare gli ultimi) e infine cercare di salvare gli altri.Una filastrocca dice: “Salvatore, salva tutti, salva l'anima dei prosciutti, i prosciutti vanno a galla, e Lucifero gioca a palla!”. L'unico salvatore è Gesù Cristo, noi siamo inutili strumenti del Suo Amore.
Infine, papa Francesco ci dà dei consigli pratici come accostarci ai poveri: “Gesù, come abbiamo ascoltato, ci ha lasciato un insegnamento insostituibile in proposito. Anzitutto, ci chiede di non fare l’elemosina per essere lodati e ammirati dagli uomini per la nostra generosità: fà in modo che la tua mano destra non sappia quello che fa la sinistra (cfr Mt 6,3). Non è l’apparenza che conta, ma la capacità di fermarsi per guardare in faccia la persona che chiede aiuto. Ognuno di noi può domandarsi: 'Io sono capace di fermarmi e guardare in faccia, guardare negli occhi, la persona che mi sta chiedendo aiuto? Sono capace?'. Non dobbiamo identificare, quindi, l’elemosina con la semplice moneta offerta in fretta, senza guardare la persona e senza fermarsi a parlare per capire di cosa abbia veramente bisogno. Allo stesso tempo, dobbiamo distinguere tra i poveri e le varie forme di accattonaggio che non rendono un buon servizio ai veri bisognoso. Insomma, l’elemosina è un gesto di amore che si rivolge a quanti incontriamo; è un gesto di attenzione sincera a chi si avvicina a noi e chiede il nostro aiuto, fatto nel segreto dove solo Dio vede e comprende il valore dell’atto compiuto”.