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Come pecore in mezzo ai lupi

“Ringrazio tutti i sacerdoti che, nella loro quotidiana testimonianza, sono pronti a spendere la vita tra la gente delle nostre parrocchie, educare i ragazzi, accompagnare le famiglie, visitare i malati a casa e all’ospedale, farsi carico dei poveri”. Il ruolo dei consacrati è stato così tratteggiato da Papa Francesco all’apertura della 67ª Assemblea Generale della Cei svoltasi ad Assisi dal 10 al 13 novembre scorso. Convocata sotto la guida del cardinale Angelo Bagnasco, la riunione dei vescovi italiani ha posto l’accento sulla figura del presbitero nel quadro di riforma della Chiesa, intesa da Bergoglio come una comunità “in uscita missionaria”.

In un mondo che ha cambiato valori e punti di riferimento nel giro di pochi decenni, anche l’immagine che la gente ha del sacerdote si è modificata; è spesso divenuto bersaglio di facinorose propagande anticlericali o vittima di vere e proprie gogne mediatiche. Il Santo Padre ha sottolineato come “i sacerdoti santi siano peccatori perdonati e strumenti di perdono”. “La loro esistenza parla la lingua della pazienza e della perseveranza”, ha proseguito, “non sono rimasti turisti dello spirito, eternamente indecisi e insoddisfatti” perché vivono sapendo di essere semplici strumenti nelle mani di Dio. Di tali uomini la società ha sempre bisogno, anche quando si auto proclama laica o addirittura atea; oppure quando il consumismo sfrenato appanna la vista delle persone sull’importanza dei valori autentici o la pesantezza della crisi economica fa perdere la speranza in un futuro migliore. Il Pontefice ha rivolto il suo pensiero anche a quei preti anziani che, dopo un’esistenza vissuta nella condivisione col prossimo, vengono lasciati da soli nella fragilità della vecchiaia, proprio quando essere aiutati diventa indispensabile.

La fortuna di avere un sacerdote vicino nei momenti cruciali della vita, sia lieti che tristi, è un dono spesso sottovalutato o dato per scontato, quasi che quella parola di conforto o quel gesto caritatevole sia un atto meccanico e non uno slancio gratuito del cuore. Il Papa definisce il prete come un “ponte” per l’incontro con il Signore attraverso la possibilità di impartire i sacramenti, lo spezzare il pane di Cristo, il concedere la remissione dei peccati, il donare l’unzione ai malati e ai moribondi. Solo chi si lascia conformare al Buon Pastore trova l’unità, la pace e la forza nell’obbedienza del servizio ai fratelli. I pilastri di vite plasmate dal Vangelo, custodite nella disciplina quotidiana, nell’orazione, nella custodia dei sensi, nella cura di sé, nella testimonianza umile e profetica… sono “vite che restituiscono alla Chiesa la fiducia che essa per prima ha posto in loro” e che aprono nei cuori delle persone che incontrano – anche in quelli più accidentati – la strada verso l’infinito amore di Dio. Tanti presbiteri si perdono oggi dietro alle multiformi tentazioni di un mondo sempre più dissacrante e pagano. Il prete è una persona piena di umanità e di grazia solo se vive la propria vocazione con fedeltà alla radicalità del Vangelo. Quando si chiede al sacerdote di occuparsi dei beni materiali più di quelli spirituali lo si espone al rischio di impoverirsi così tanto da farlo diventare peggiore di qualunque altro burocrate o affarista. Il suo compito deve essere invece principalmente quello di riportare le anime all’incontro con Dio e per questo deve essere un innamorato a tempo pieno di Lui soltanto.

don Aldo Buonaiuto

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