Oggi nel Vangelo il Maestro non predica, ma abbraccia un bambino. Forse ai più questo gesto sfugge perché in fondo si tratta solo di un abbraccio. Non c'è bisogno di essere un messia per abbracciare un bambino. Di certo non è un gesto all'altezza di quegli altri, clamorosi, con cui il Maestro aveva dato la vista a un uomo cieco fin dalla nascita, o guarito dieci lebbrosi tutti in una volta. Il racconto dell'evangelista descrive infatti questo abbraccio in modo sommario, col minimo di parole, senza soffermarsi sui dettagli (qual è il nome del bambino, di chi è figlio, che età ha, se è un abbraccio lungo o corto, se Gesù lo fa volteggiare per aria mentre lo abbraccia), perché un abbraccio in fondo è soltanto un abbraccio, nulla di particolarmente serio. Noi uomini seri non abbracciamo più. Non ne abbiamo più tempo, a meno che non ci sia un motivo sufficiente per farlo. Il calciatore che segna un rigore, il calciatore che sbaglia un rigore, lo scolaro che porta a casa una bella pagella, lo scolaro che prende un debito. Causa-effetto. Solo che poi mandiamo faccine con gli occhi a cuore a ripetizione su whatsapp e riempiamo di cuoricini instagram. Abbracci mancati, abbracci mancanti. Abbracci virtuali. Solo che le faccine e i cuoricini sugli schermi dei cellulari scaldano il cuore soltanto un pochino, e poi di nuovo il gelo. Perché il cuore si scalda solo se si scalda anche la pelle, perché la pelle del nostro corpo è la pelle anche del nostro cuore. Per questo ci vogliono gli abbracci veri per scaldare il cuore.
Che strano questo Dio che abbraccia. Questo Verbo che, provenendo dall'eternità, non dice parole divine con le parole, ma con gli abbracci. Che strano questo Dio che si fa carne e che si fa pelle. Che sembra preferire quei sensi che noi, uomini colti, riteniamo i più bassi, i meno nobili (il tatto, il gusto). Che al termine del suo passaggio da questo nostro mondo ci lascia in eredità la Sua stessa presenza in un pezzo di Pane da mangiare e in un calice di Vino da bere. A noi uomini seri e cristiani impegnati, a noi apostoli infaticabili, apologeti acuti. A noi che facciamo della nostra fede una questione seria. Proprio a noi parla senza parole questo Gesù che abbraccia. E ci dice che siamo grandi solo quando siamo piccoli, che siamo ricchi solo quando non abbiamo nulla, tranne le nostre mani vuote e le nostre braccia aperte a ricevere.