Ho partecipato con gioia a Roma alla cerimonia del premio Socrate per la scrittura assegnato a Don Aldo, per il suo ultimo bel libro “Donne crocifisse” (Rubbettino) che parla della infame tratta di ragazze di ogni dove, e di esperienze dolorose di tante donne che per miseria o perché imbrogliate sono cadute nella rete di criminali che le hanno condotte nel girone infernale della prostituzione. La pubblicazione di Don Aldo, va detto, avvince e riesce a trasferire emozioni e coinvolgimento sul tema proposto, che gli articoli di giornali o riprese televisive non riescono a pareggiare. Mentre assistevo, pensavo che il libro è ancora in grado di essere il più potente strumento di comunicazione, nonostante viviamo in un epoca di una informazione veloce ed onnipresente. Ogni parola ed ogni punteggiatura proviene da uno stato di grazia di piena immedesimazione con ciò che si vuol raccontare, che è meditato, scelto, reso calzante nell’uso di termini propri, per sintonizzarsi completamente con la realtà che si sente intimamente, che si vuol trasferire nella sua completa portata. Insomma il libro è ancora insostituibile per comunicare con gli altri. Questo può però avvenire alla esclusiva condizione che chi lo scrive, abbia da trasmettere sensazioni proprie profonde e convincimenti propri radicati; e che poi chi legge sia motivato ad approfondire l’argomento che gli sta a cuore. Si può dire che i libri, senza essere smentiti, anche nell’era digitale possono continuare ad appassionare e formare le giovani generazioni.
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