Sono stati convocati gli ‘Stati Generali’. A convocarli però non e stato Luigi XVI di Borbone, che nel 1789 li convocò a Versailles su consiglio dell’economista ginevrino Necker. A quei tempo lo scopo era quello di convincere i rappresentanti dei nobili, dei borghesi, e del clero a varare un piano economico capace di strappare dalla fossa, in cui era precipitata l’economia francese, all’epoca pericolosamente è drammaticamente indebitata. Tutti sappiamo che non andò a finire bene: infatti in quegli Stati generali, il Re, pur ponendosi il problema di far fronte ai gravissimi debiti, non si pose il tema di rimuovere gli sprechi inammissibili per una comunità responsabile. Infatti, Il Re Capeto, chiedeva ancora più tasse, pur essendo già insostenibili soprattutto per i borghesi; (unico ceto produttivo che pagava le tasse), e di li a poco tutti sappiamo come andò a finire.
Ho voluto fare ricorso alla storia, anche per cogliere alcune analogie tra quelle circostanze e quelle dell’Italia d’oggi. Anche noi siamo vittime di tasse opprimenti, che al pari della Francia di fine settecento, possono portarci al ‘default’. E se gli sprechi di Versailles erano tutti addebitabili alla corona e ai nobili, tutti felicemente dediti a bagordi ogni giorno dell’anno a carico dei contribuenti, nell’Italia d’oggi i debiti originano da sperperi provocati da politiche elettoralistiche promosse dai vari governi avuti sinora, da una pletora disordinata e costosissima di ingranaggi che girano a vuoto della pubblica amministrazione sia locale che centrale, e dalla inefficiente politica fiscale che tollera chi evade le tasse per farle pagare in un crescendo rossiniano di aumenti, a lavoratori dipendenti e pensionati.
Dunque, per fare analogie, agli Stati Generali convocati da Giuseppe Conte si pone il problema di rimuovere le cause del debito italiano, con un piano di efficientizzazione dello Stato nelle sue articolazioni locali e centrali e riduzione di costi; fa pagare le tasse a tutti per ridurle, e si pone il problema di come e dove investire per innescare un processo virtuoso economico, oppure la storia che è sempre inesorabile per gli imbelli, chissà cosa riserverà all’Italia.
Insomma, è positivo che tutti coloro che possono fare qualcosa per il paese si riuniscano, ma devono cambiare i connotati all’Italia di oggi. A tale proposito, vorrei dire che l’opposizione fa male a non partecipare. Invece, se ha idee chiare e soprattutto se è disposta ad andare contro corrente, è importante andarci e guastare le feste a chi eventualmente vorrà fare come il ‘Capeto’. Comunque spero che sia il governo che l’opposizione, abbiano capito che la politica non si può intendere come distribuzione di ricchi premi e cotillons, bensì l’arte di governare l’economia eliminando sprechi ed guadagnando di più da politiche produttive virtuose. Di questo l’Italia ha bisogno.