A distanza di più di un mese dall’inizio della pandemia abbiamo appreso in tempo reale, incollati allo schermo come siamo stati, di eroismi del personale medico e paramedico, dell’impegno silente e prezioso delle Forze dell’ordine tutte; del lavoro efficiente del sistema di rifornimento e di distribuzione dei piccoli e grandi presidi commerciali fino alla consegna a casa; delle associazioni del volontariato sempre primi ad occuparsi delle persone dimenticate; di religiosi che si sono industriati in ogni modo pur di portare conforto online o front, e di altri ancora.
Insomma il cuore degli italiani si è confermato grande, oltre alla proverbiale sua capacità di adattamento ad ogni circostanza. E tuttavia, alcune inefficienze evidenti hanno pesato sulla gestione della prevenzione e della cura della malattia. Abbiamo assistito a Regioni in competizione non efficiente con lo Stato; una pletora di soggetti impegnati nell’acquisto di apparecchi medicali e di beni materiali persino banali; difficoltà nel provvedere alla distribuzione di questi beni negli ospedali e presso le famiglie; ospedali poco attrezzati per le emergenze; esausti medici e paramedici non sufficienti per numero, ma anche mandati a combattere con scarse protezioni.
Questa esperienza, per certi versi inedita, dovrà pure indicarci per il futuro soluzioni nuove: nuovi assetti di pubblica amministrazione, nuove formule di funzionamento istituzionale. Ad esempio, in caso di ulteriori e nuove emergenze, si intende lasciare le cose come sono, senza aver imparato alcuna lezione da questa impegnativa e dolorosa prova? La sanità pubblica sarà organizzata meglio per la prevenzione e per le emergenze? Almeno per le situazioni emergenziali, ci dovrà essere un potere piramidale certo per non essere messi in difficoltà dalla mancanza di rapidità e di efficienza? Anche i decreti da emanare dovranno riguardare un solo soggetto, come il governo della politica di emergenza sanitaria, l’approvvigionamento di ogni bene occorrente per poter affrontare ora la pandemia, o qualsiasi altra evenienza. Si dirà che queste cose sono complicate e che comunque ci sarà tempo per discuterne, ma io penso che “il ferro va battuto quando è caldo”. Questa massima popolare ci dice di fatto, che per come siamo fatti è nella sofferenza vissuta che risiede la saggezza per scavalcare ogni egoismo umano, ogni parzialità, ogni partigianeria. E noi abbiamo bisogno di far tesoro anche di ogni esperienza per far crescere la convivenza tra le persone.